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to pensare donde nasca questa oblivione delle cose, come nel seguente capitolo si discorrerà.

CAPITOLO V.

Che la Variazione delle sette e delle lingue, insieme con l'accidente de' diluvj e delle pesti, spegne la memoria delle cose.

A

quelli filosofi che hanno voluto che il mondo sia stato eterno, credo che si potesse replicare, che se tanta antiquità fusse vera, e' sarebbe ragionevole che ci fusse niemoria di più che cinque mila anni, quando e'non si vedesse come queste memorie de' tempi per diverse cagioni si spengano; delle quali parte ne vengono dagli uomini, parte dal cielo. Quelle che vengono dagli uomini, sono le variazioni delle sette e delle lingue. Perchè quando e' surge una setta nuova, cioè una religione nuova, il primo studio suo è, per darsi riputazione, estinguere la vecchia; e quando egli occorre che gli ordinatori della nuova setta siano di lingua diversa, la spengono facilmente. La qual cosa si conosce considerando i modi che ha tenuti la Religione cristiana contro alla setta Gentile, la quale ha cancellati tutti gli ordini, tutte le ceremonie di quella, e spenta ogni memoria di quella antica teologia. Vero è che

non gli è riuscito spegnere in tutto la notizia delle cose fatte dagli uomini eccellenti di quella; il che è nato per avere quella mantenuta la lingua latina, il che fecero forzatamente, avendo a scrivere questa legge nuova con essa. Perchè se l'avessero potuta scrivere con nuova lingua, considerato le altre persecuzioni gli fecero, non ci sarebbe ricordo alcuno delle cose passate. E chi legge i modi tenuti da san Gregorio, e dagli altri capi della religione cristiana, vedrà con quanta ostinazione e' perseguitarono tutte le memorie antiche, ardendo le opere de' poeti e degli istorici, ruinando le immagini, e guastando ogni altra cosa che rendesse alcun segno dell' antichità. Talchè se a questa persecuzione egli avessero aggiunto una nuova lingua, si sarebbe veduto in brevissimo tempo ogni cosa dimenticare. È da credere pertanto che quello che ha voluto fare la religione cristiana contro alla setta Gentile, la Gentile abbia fatto contro a quella che era innanzi a lei. E perchè queste sette in cinque o seimila anni variarono due o tre volte, si perdè la memoria delle cose fatte innanzi a quel tempo. E se pure ne resta alcun segno, si considera come cosa favolosa, e non è prestato loro fede; come interviene alla istoria di Diodoro Siculo, che benchè e' renda ragio

ne di quaranta o cinquantamila anni, nondimeno è riputata, come io credo che sia, cosa mendace. Quanto alle cause che vengono dal cielo, sono quelle che spengono la umana generazione, e riducono a pochi gli abitatori di parte del mondo. E questo viene o per peste o per fame, o per una inondazione di acque; e la più importante è questa ultima, sì perchè la è più universale, si perchè quelli che si salvano sono uomini tutti montanari e rozzi, i quali non avendo notizia d'alcuna antichità, non la possono lasciare a' posteri. E se fra loro si salvasse alcuno che ne avesse notizia, per farsi riputazione e nome, la nasconde, e la perverte a suo modo; talchè ne resta solo a' successori quanto ei ne ha voluto scrivere, e non altro. E che queste inondazioni, pesti e fami vengano, non credo sia da dubitarne, si perchè ne sono piene tutte le istorie, sì perchè si vede questo effetto della oblivione delle cose, si perchè e' pare ragionevole che sia; perchè la natura come ne'corpi semplici, quando vi è ragunato assai materia superflua, muove per sè medesima molte volte, e fa una purgazione, la quale è salute di quel corpo; cosi interviene in questo corpo misto della umana generazione, che quando tutte le province sono ripiene di abitatori, in modo che non possono vivere, nè possono andare altrove per essere occupati e

pieni tutti i luoghi; e quando l'astuzia è malignità umana è venuta dove la può venire, conviene di necessità che il mondo si purghi per uno de' tre modi, acciocchè gli uomini, essendo divenuti pochi e battuti, vivano più comodamente, e diventino migliori. Era adunque, come di sopra è detto, già la Toscana potente, piena di religione e di virtù, aveva i suoi costumi e la sua lingua patria, il che tutto è stato spento dalla potenza romana. Talchè, come si è detto, di lei ne rimane solo la memoria del nome.

CAPITOLO VI.
TOLO

Come i Romani procedevano nel fare
la Guerra.

AVENDO

VENDO discorso come i Romani procedevano nello ampliare, discorreremo ora come ei procedevano nel fare la guerra; e in ogni loro azione si vedrà con quanta prudenza ei deviarono dal modo universale degli altri, per facilitarsi la via a venire ad una suprema grandezza. La intenzione di chi fa guerra per elezione, ovvero per ambizione, è acquistare e mantenere lo acquistato, e procedere in modo con essa che l'arricchisca e non impoverisca il paese e la patria sua. È necessario dunque, e nello acquistare e

nel mantenere, pensare di non spendere, anzi far ogni cosa con utilità del pubblico suo. Chi vuol fare tutte queste cose, conviene che tenga lo stile e modo romano, il quale fu in prima di fare le guerre, come dicono i Francesi, corte e grosse; perchè venendo in campagna con eserciti grossi, tutte le guerre ch'egli ebbero con i Latini, Sanniti e Toscani, le espedirono in brevissimo tempo. E se si noteranno tutte quelle che fecero dal principio di Roma infino alla ossidione de' Veienti, tutte si vedranno espedite, quale in sei, quale in dieci, quale in venti di. Perchè l'uso loro era questo, subito ch'era scoperta la guerra, egli uscivano fuori con gli eserciti all'incontro del nimico, e subito facevano la giornata. La quale vinta, i nimici, perchè non fusse guasto loro il contado affatto, venivano alle condizioni, ed i Romani gli condannavano in terreni; i quali terreni gli convertivano in privati comodi, o gli consegnavano ad una colonia, la qual, posta in su le frontiere di coloro, veniva ad esser guardia dei confini romani, con utile di essi coloni, che avevano quelli campi, e con utile del pubblico di Roma, che senza spesa teneva quella guardia. Nè poteva questo modo esser più sicuro, o più forte o più utile. Perchè mentre che i nimici non erano in su i campi, quella guar

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