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sti modi di espugnazione non si possono lungamente tentare, ma bisogna oʻlevarsi da campo e cercare per altri modi vincere la guerra, come fece Scipione, quando entrato in Affrica, avendo assaltato Utica, e non gli riuscendo pigliarla, si levò dal campo, e cercò di rompere gli eserciti cartaginesi, ovvero volgersi all'ossidione, come fecero a Veio, Capova, Cartagine e Ierusalem, e simili terre che per ossidione OCcuparono. Quanto all' acquistare le terre per violenza furtiva occorre (come intervenne di Palepoli, che per trattato di quelli di dentro i Romani l'occuparono), di questa sorte espugnazione da' Romani e da altri ne sono state tentate molte, e poche ne sono riuscite; la ragione è che ogni minimo impedimento rompe il disegno, e gl'impedimenti vengono facilmente. Perchè o la congiura si scuopre innanzi che si venga all'atto, e scuopresi non con molta difficultà, si la infedeltà di coloro con chi la è coper municata, si per la difficultà del praticarla, avendo a convenire con nimici, con chi non ci è lecito, se non sotto qualche colore, parlare. Ma quando la congiura non si scuoprisse nel maneggiarla, vi surgono poi nel metterla in atto mille difficultà. Perchè o se tu vieni innanzi al tempo disegnato, o se tu vieni dopo, si guasta ogni cosa; se si

leva un rumore furtivo, come l'oche del Campidoglio; se si rompe un ordine consueto; ogni minimo errore ed ogni minima fallacia che si piglia, rovina l'impresa. Aggiungonsi a questo le tenebre della notte, le quali mettono più paura a chi travaglia in quelle cose pericolose. Ed essendo la maggior parte degli uomini che si conducono a simili imprese, inesperti del sito del paese e dei luoghi, dove ei sono menati, si confondono, inviliscono, ed implicano per ogni minimo e fortuito accidente. Ed ogni immagine falsa è per farli mettere in volta. Nè si trovò mai alcuno che fusse più felice in queste espedizioni fraudolenti e notturne, che Arato Sicioneo, il quale quanto valeva in queste, tanto nelle diurne ed aperte fazioni era pusillanime. Il che si può giudicare fusse piuttosto per una occulta virtù che era in lui, che perchè in quelle naturalmente dovesse essere più felicità. Diquesti modi adunque se ne praticano assai, pochi se ne conducono alla prova, e pochissimi ne riescono. Quanto allo acquistare le terre per dedizione; o le si danno volontarie o forzate. La volontà nasce, o per qualche necessità estrinseca che li costringe a rifuggirtisi sotto, come fece Capova ai Romani, o per desiderio di esser governati Lene, sendo allettati dal governo buono che

quel principe tiene in coloro che se gli sono volontari rimessi in grembo, come ferono i Rodiani, i Massiliensi, ed altri simili cittadini che si dettono al popolo romano. Quanto alla dedizione forzata, o tale forza nasce da una lunga ossidione, come di sopra si è detto, o la nasce da una continua oppressione di correrie, di predazioni, ed altri mali trattamenti, i quali volendo fuggire una città si arrende. Di tutti i modi detti, i Romani usarono più questo ultimo che nessuno, ed attesono più che quattrocento cinquanta anni a straccare i vicini con le rotte e con le scorrerie, e pigliare mediante gli accordi riputazione sopra di loro come altre volte abbiamo discorso. E sopra tal modo si fondarono sempre, ancora che li tentassero tutti; ma negli altri trovarono cose o pericolose o inutili. Perchè nella ossidione è la lunghezza e la spesa; nella espugnazione dubbio e pericolo; nelle congiure la incertitudine. E videro che con una rotta di esercito inimico acquistavano un regno in un giorno, e nel pigliare per ossidione una città ostinata consumavano molti anni.

CAPITOLO XXXIII.

Come i Romani davano agli loro capitani degli eserciti le Commissioni libere. Io stimo che sia da considerare (leggendo questa Liviana istoria, volendone far profitto) tutti i modi del procedere del popolo e senato romano. Ed infra le altre cose che meritano considerazione sono: Vedere con quale autorità ei mandavano fuori i loro consoli, dittatori ed altri capitani degli eserciti; dei quali si vede l'autorità essere stata grandissima, ed il senato non si riservare altro che l'autorità di muovere nuove guerre, e di confermare le paci, e tutte le altre cose rimetteva nell'arbitrio e potestà del consolo. Perchè, deliberata che era dal popolo e dal senato una guerra, verbi gratia contro ai Latini, tutto il resto rimettevano nell' arbitrio del consolo. Il quale poteva o fare una giornata o non la fare, e campeggiare questa o quell' altra terra come a lui pareva. Le quali cose si verificano per molti esempi, e massime per quello che occorse in una espedizione contro ai Toscani. Perchè avendo Fabio consolo vinto quelli presso a Sutri, e disegnando con l'esercito dipoi passare la selya Ci

mina ed andare in Toscana, non solamente non si consigliò con il senato, ma non gliene dette alcuna notizia, ancora che la guerra fusse per aversi a fare in paese nuovo, dubbio e pericoloso. Il che si testifica ancora per la deliberazione che all'incontro di questo fu fatta dal senato; il quale avendo inteso la vittoria che Fabio aveva avuta, e dubitando che quello non pigliasse partito di passare per le dette selve in Toscana, giudicando che fusse bene non tentare quella guerra, e correre quel pericolo, mandò a Fabio due legati, a fargli intendere non passasse in Toscana: i quali arrivarono che vi era già passato, ed aveva avuta la vittoria, ed in cambio di impeditori della guerra, tornarono ambasciadori dello acquisto e della gloria avuta. E chi considera bene questo termine, lo vedrà prudentissimamente usato; perchè se il senato avesse voluto che un consolo procedesse nella guerra di mano in mano, secondo che quello gli commetteva, lo faceva meno circospetto, e più lento, perchè non gli sarebbe paruto che la gloria della vittoria fusse tutta sua, ma che ne partecipasse il senato, con il con siglio del quale ei si fusse governato. Oltre di questo, il senato si obbligava a voler consigliare una cosa che non se ne poteva intendere. Perchè, non ostante che in quello

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