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cominciarono ad essere più rare, cominciarono ancora a dare più spazio agli uomini di corrompersi, e farsi con maggior pericolo e più tumulto, perchè dall'una all'altra di simili esecuzioni non vorrebbe passare il più dieci anni, perchè, passato questo tempo, gli uomini cominciano a variare co' costumi, e trapassare le leggi; e se non nasce cosa per la quale si riduca loro a memoria la pena, e ritrovisi negli animi loro la paura, concorrono tosto tanti delinquenti, che non si possono più punire senza pericolo. Dicevano a questo proposito quelli che hanno governato lo stato di Firenze dal mille quattrocento trentaquattro infino al mille quattrocento novantaquattro, come egli era necessario ripigliare ogni cinque anni lo stato, altrimenti era difficile mantenerlo; e chiamavano ripigliar lo stato, mettere quel terrore e quella paura negli uomini che vi avevano messo nel pigliarlo, avendo in quel tempo battuti quelli che avevano secondo quel modo di vivere male operato. Ma come di quella battitura la memoria si spegne, gli uomini prendono ardire di tentare cose nuove e di dir male; e però è necessario provvedervi, ritirando quello verso i suoi principj. Nasce ancora questo ritiramento delle repubbliche verso il loro principio dalle semplici virtù di un uomo, senza dipendere da alcuna legge che ti stimoli ad

alcuna esecuzione; nondimanco sono di tanta riputazione e di tanto esempio, che gli uomini buoni desiderano imitarle, e gli tristi si vergognano a tener vita contraria a quelle. Quelli che in Roma particolarmente fecero questi buoni effetti, furono Orazio Cocle, Scevola, Fabrizio, i due Deci, Regolo Attilio, ed alcuni altri, i quali con i loro esempi rari e virtuosi facevano in Roma quasi il medesimo effetto che si facessero le leggi e gli ordini. E se le esecuzioni soprascritte, insieme con questi particolari esempi, fussero almeno seguite ogni dieci anni in quella città, ne seguiva di necessità che la non si sarebbe mai corrotta; ma come e' cominciarono a diradare l'una e l'altra di queste due cose, cominciarono a moltiplicare le corruzioni, perchè dopo Marco Regolo non vi si vide alcun simile esempio; e benchè in Roma surgessero i due Catoni, fu tanta distanza da quello a loro, e intra loro dall'uno all'altro, e rimasono sì soli, che non poterono con gli esempi buoni fare alcuna buona opera. E massime l'ultimo Catone, il quale trovando in buona parte la città corrotta, non polette con l'esempio suo fare che i cittadini diventassero migliori. E questo basti quanto alle repubbliche. Ma quanto alle Sette, si vede ancora queste rinnuovazioni esser necessarie per l'esempio

della nostra religione, la quale se non fusse stata ritirata verso il suo principio da san Francesco e da san Domenico, sarebbe al tutto spenta, perchè questi con la povertà e con l'esempio della vita di Cristo, la ridussono nella mente degli uomini, che già vi era spenta; e furono sì potenti gli ordini loro nuovi, che ei sono cagione che la disonestà de' prelati e de' capi della religione non la rovini, vivendo ancora poveramente, ed avendo tanto credito nelle confessioni con i popoli, e nelle predicazioni, ch'e' danno loro ad intendere come egli è male a dir male, e che sia bene vivere sotto l'ubbidienza loro, e se fanno errori lasciarli gastigare a Dio: e così quelli fanno il peggio che possono, perchè non temono quella punizione che non veggono e non credono. Ha adunque questa rinnuovazione mantenuto, e mantiene questa religione. Hanno ancora i regni bisogno di rinnuovarsi, e di ridurre le leggi di quelli verso il suo principio. E si vede quanto buono effetto fa questa parte nel regno di Francia, il quale regno vive sotto le leggi e sotto gli ordini più che alcun altro regno. Delle quali leggi e ordini ne sono mantenitori i parlamenti, e massime quel di Parigi; le quali sono da lui rinnuovate qualunque volta e' fa una esecuzione contro ad un principe di quel

regno, e ch'ei condanna il re nelle sue sentenze. Ed infino a qui si è mantenuto per essere stato uno ostinato esecutore contro

a quella nobiltà; ma qualunque volta e' ne lasciasse alcuna impunita, e che le venissero a multiplicare, senza dubbio ne nascerebbe, o che le si arebbono a correggere con disordine grande, o che quel regno si risolverebbe. Conchiudesi pertanto non esser cosa più necessaria in un vivere comune, o setta o regno o repubblica che si sia, che rendergli quella riputazione ch'egli aveva nei principj suoi, ed ingegnarsi che siano o gli ordini buoni o i buoni uomini che facciano questo effetto, e non l'abbia a fare una forza estrinseca. Perchè ancora che qualche volta la sia ottimo rimedio, come fu a Roma, ella è tanto pericolosa, che non è in modo alcuno da desiderarla. E per dimostrare a qualunque quanto le azioni degli uomini particolari facessero grande Roma, e causassero in quella città molti buoni effetti, verrò alla narrazione e discorso di quelli, intra i termini dei quali questo terzo libro ed ultima parte di questa prima Deca si conchiuderà. E benchè le azioni degli re fussero grandi e notabili, nondimeno dichiarandole la istoria diffusamente, le lac remo indietro, nè parleremo altri menti di loro, eccetto che di alcuna cosa

che avessero operata appartenente ai lore privati comodi, e cominceremo da Bruto, padre della romana libertà.

CAPITOLO II.

Come egli è cosa sapientissima Simulare in tempo la Pazzia.

ON

Non fu alcuno mai tanto prudente, nè tanto stimato savio per alcuna sua egregia operazione, quanto merita d'esser tenuto Iunio Bruto nella sua simulazione della stultizia. Ed ancora che Tito Livio non esprima altro che una cagione che lo inducesse a tale simulazione, quale fu di potere più sicuramente vivere, e mantenere il patrimonio suo, nondimanco, considerato il suo modo di procedere, si può credere che simulasse ancora questo per essere manco osservato, ed avere più comodità di opprimere i re, e di liberare la sua patria qualunque volta gliene fusse data occasione. E che pensasse a questo, si vede prima nello interpretare l'oracolo di Apolline, quando simulò cadere per baciare la terra, giudicando per quello aver favorevoli gli Dii ai pensieri suoi; e dipoi quando sopra la morta Lucrezia, intra il padre ed il marito, ed altri parenti di lei, ei fu il primo a trarle il coltello dalla feri

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