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maggiore nimico che la congiura, perchè, fatta che è una congiura loro contro, o la gli ammazza o la gl'infama. Perchè se la riesce, e' muoiono; se la si scuopre e loro ammazzino i congiurati, si crede sempre che quella sia stata invenzione di quel principe per isfogare l'avarizia e la crudeltà sua contro al sangue ed alla roba di quelli che egli ha morti. Non voglio però mancare di avvertire quel principe o quella repubblica, contro a chi fusse congiurato, ch'abbiano avvertenza, quando una congiura si manifesta loro, innanzi che facciano impresa di vendicarla, di cercare ed intendere molto bene la qualità d'essa, e misurino bene le condizioni de' congiurati e le loro; e quando la trovino grossa e potente, non la scuo, prano mai, infino a tanto che si siano preparati con forze sufficienti ad opprimerla, altrimenti facendo, scuoprirebbero la loro rovina; però debbono con ogni industrią dissimularla, perchè i congiurati veggendosi scoperti, cacciati da necessità, operano senza rispetto. In esempio ci sono i Romani, i quali avendo lasciato due legioni di soldati a guardie de' Capuani contro ai Sanniti, come altrove dicemmo, congiurarono quelli capi delle legioni insieme d'opprimere i Capuani: la qual cosa intesasi a Roma, commessero a Rutilio, nuovo consolo, che vi

provvedesse; il quale, per addormentare i congiurati, pubblicò come il senato aveva raffermo le stanze alle legioni capuane. Il che credendosi quelli soldati, e parendo loro aver tempo ad eseguir il disegno loro, non cercarono d'accelerare la cosa, e così stettero infino che cominciarono a veder che il consolo gli separava l'uno dall'altro: la qual cosa, generato in loro sospetto, fece che si scopersero, e mandarono ad esecuzione la voglia loro. Nè può essere questo maggiore esempio nell'una e nell'altra parte, perchè per questo si vede, quanto gli uomini sono Ienti nelle cose, dove ei credono avere tempo, e quanto ei sono presti dove la necessità gli caccia. Ne può un principe o una repubblica, che vuol differire lo scuoprire una congiura a suo vantaggio, usare termine migliore, che offerire di prossimo occasione con arte ai congiurati, acciocchè aspettando quella, o parendo loro aver tempo, diano tempo a quello o a quella a gastigarli. Chi ha fatto altrimenti, ha accelerato la sua rovina; come fece il duca d'Atene e Guglielmo de' Pazzi. Il duca, diventato tiranno di Firenze, ed intendendo essergli congiurato contro, fece, senza esaminare altrimenti la cosa, pigliare uno de' congiurati: il che fece subito pigliare le armi agli altri, e torgli lo stato. Guglielmo, sendo commissario in Val di Chiana nel millecinquecent' uno,

ed avendo inteso come in Arezzo era congiura in favore de' Vitelli, per torre que la terra ai Fiorentini, subito se n'andò in quella città, e senza pensare alle forze de' congiurati o alle sue, e senza prepararsi di alcuna forza, con il consiglio del vescovo suo figliuolo fece pigliare uno de' congiurati; dopo la qual presura gli altri subito presero le armi, e tolsero la terra ai Fiorentini, e Guglielmo di commissario diventò prigione. Ma quando le congiure sono deboli, si possono e debbonsi senza rispetto opprimere. Non è ancora da imitare in alcun modo due termini usati, quasi contrari l'uno all'altro; l'uno del prenominato duca d'Atene, il quale per mostrare di credere d'avere la benivolenza de' cittadini fiorentini, fece morir uno che gli manifestò una congiura; l'altro di Dione siracusano, il quale per tentar l'animo di alcuno, ch'egli aveva a sospetto, consenti a Calippo, nel quale ei confidava, che mostrasse di fargli una congiura contro, e tutti due questi capitarono male; perchè l'uno tolse l'animo agli accusatori, e dettelo a chi volse congiurare, l'altro dette la via facile alla morte sua, anzi fu egli proprio capo della sua congiura, come per esperienza gl'intervenne, perchè Calippo potendo senza rispetto praticare contro a Dione, praticò tanto che gli tolse lo stato e la vita.

CAPITOLO VII.

Donde nasce che le Mutazioni dalla libertà alla servitù, e dalla servitù alla libertà alcuna n'è senza sangue, alcuna n'è piena.

DUBITERA' forse alcuno donde nasca che

molte mutazioni che si fanno dalla vita libera alla tirannica, e, per contrario, alcuna se ne faccia con sangue, alcuna senza; perchè (come per le istorie si comprende) in simili variazioni alcuna volta sono stati morti infiniti uomini, alcuna volta non è stato ingiuriato alcuno, come intervenne nella mutazione che fece Roma dai re ai consoli, dove non furono cacciati altri che i Tarquini, fuora della offensione di qualunque altro. Il che dipende da questo, perchè quello stato che si muta, nacque con violenza, o no; e perchè quando e' nasce con violenza, conviene nasca con ingiuria di molti, è necessario poi nella rovina sua che gli ingiuriati si vogliano vendicare, e da questo desiderio di vendetta nasce il sangue e la morte degli uomini. Ma quando quello stato è causato da un comune consenso d'una universalità che lo ha fatto grande, non ha cagione poi, quando rovina detta universalità, di offendere altri che il

eapo. E di questa sorte fu lo stato di Roma, e la cacciata de' Tarquini, come fu ancora in Firenze lo stato de' Medici, che poi nella rovina loro nel mille quattrocento novantaquattro non furono offesi altri che loro. E così tali mutazioni non vengono ad es ser molto pericolose, ma son bene pericolosissime quelle che sono fatte da quelli che si hanno a vendicare, le quali furono sempre mai di sorte, da fare, non che altro, sbigottire chi le legge. E perchè di questi esempi ne sono piene le istorie, io le voglio lasciare indietro.

CAPITOLO VIII.

Chi vuole Alterare una Repubblica, debbe considerare il soggetto di quella.

E'si è di sopra discorso come un tristo cittadino non può male operare in una repubblica che non sia corrotta; la qual conclusione si fortifica, oltre alle ragioni che allora si dissero, con l'esempio di Spurio Cassio e di Manlio Capitolino. Il quale Spurio, sendo uomo ambizioso, e volendo pigliare autorità estraordinaria in Roma, e guadagnarsi la plebe con il fargli molti benefizi, come era di vendergli quelli campi che i Romani avevano tolti agli Ernici, fu

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