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la virtù in qualunque casa l'abitasse. Il qual modo di vivere faceva manco desiderabili le ricchezze. Questo si vede manifesto, perchè essendo Minuzio consolo assediato con lo esercito suo dagli Equi, si empiè di paura Roma che quello esercito non si perdesse, tanto che ricorsero a creare il dittatore, ultimo rimedio nelle loro cose afflitte; e crearono L. Quinzio Cincinnato, il quale allora si trovava nella sua piccola villa, la quale lavorava di sua mano. La qual cosa con parole auree è celebrata da Tito Livio, dicendo: Operae pretium est audire, qui omnia prae divitiis humana spernunt, neque honori magno locum, neque virtuti putant esse, nisi effuse affluant opes. Arava Cincinnato la sua piccola villa, la quale non trapassava il termine di quattro iugeri, quando da Roma vennero i legati del senato a significargli la elezione della sua dittatura, ed a mostrargli in qual pericolo si trovava la romana repubblica. Egli, presa la sua toga, venuto in Roma, e ragunato uno esercito n'andò a liberar Minuzio; ed avendo rotti e spogliati i nimici, e liberato quello, non volle che l'esercito assediato fusse partecipe della preda, dicendogli queste parole: "Io non voglio che tu partecipi della preda di coloro, de' quali tu sei stato per essere preda: e privò Minuzio del consolato, e fes

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celo legato, dicendogli: "Starai tanto in questo grado, che tu impari a saper essere consolo. Aveva fatto suo maestro de' cavalli L. Tarquinio, il quale per la povertà militava a piedi. Notasi, come è detto, l'onore che si faceva in Roma alla povertà, e come ad un uomo buono e valente, quale era Cincinnato, quattro iugeri di terra bastavano a nutrirlo. La qual povertà si vede come era ancora nei tempi di Marco Regolo, perchè sendo in Affrica con gli eserciti, domandò licenzia al senato per poter tornare a custodire la sua villa, la quale gli era guasta da' suoi lavoratori. Dove si vede due cose notabilissime; l'una, la povertà, e come vi stavano dentro contenti, e come bastava a quelli cittadini trarre della guerra onore, e l'utile tutto lasciavano al pubblico. Perchè s'egli avessero pensato d'arricchire della guerra, gli sarebbe dato poca briga che i suoi campi fussero stati guasti. L'altra è, considerare la generosità dell'animo di quelli cittadini, i quali, preposti ad uno esercito, saliva la grandezza dell'animo loro sopra ogni principe, non stimavano i re, non le repubbliche, non gli sbigottiva nè spaventava cosa alcuna, e, tornati dipoi privati, diventavano parchi, umili, curatori delle piccole facoltà loro, ubbidienti ai magistrati, riverenti alli loro maggiori; talche pare im

possibile ch'uno medesimo animo patisca tanta mutazione. Durò questa povertà ancora insino ai tempi di Paulo Emilio, che furono quasi gli ultimi felici tempi di quella repubblica, dove un cittadino, che col trionfo suo arricchi Roma, nondimeno mantenne povero sè. E cotanto si stimava ancora la povertà, che Paulo nell'onorare chi s'era portato bene nella guerra, donò a un suo genero una tazza d'ariento, il quale fu il primo ariento che fusse nella sua casa. E po. trebbesi con un lungo parlare mostrare quanti migliori frutti produca la povertà che la ricchezza, e come l'una ha onorato le città, le province, le Sette, e l'altra le ha rovinate, se questa materia non fusse stata molte volte da altri uomini celebrata.

CAPITOLO XXVI.

Come per Cagione di Femmine
si rovina uno Stato.

NACQUE nella città d'Ardea tra i patrizi e i plebei una sedizione per cagione d'un parentado, dove avendosi a maritare una femmina erede, la domandarono parimente un plebeo ed un nobile; e non avendo quella padre, i tutori la volevano congiugnere al plebeo, la madre al nobile; di che nacque Machiavelli, vol. 111.

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tanto tumulto che si venne alle armi, dove tutta la nobiltà s'armò in favore del nobile e tutta la plebe in favore del plebeo: talchè essendo superata la plebe s'usci d'Ardea, e mandò ai Volsci per aiuto; i nobili mandarono a Roma. Furono prima i Volsci; e giunti intorno ad Ardea s'accamparono. Sopravvennero i Romani, e rinchiusero i Volsci tra la terra e loro, tanto che li costrinsero, essendo stretti dalla fame, a darsi a discrezione. Ed entrati i Romani in Ardea, e morti tutti i capi della sedizione, composero le cose di quella città. Sono in questo testo più cose da notare. Prima si vede come le donne sono state cagione di molte rovine, ed hanno fatti gran danni a quelli che governano una città, ed hanno causato di molte divisioni in quella; e, come si è veduto in questa nostra istoria, l'eccesso fatto contro a Lucrezia tolse lo stato ai Tarquini, quell'altro fatto contro a Virginia privò i Dieci dell'autorità loro. Ed Aristotile tra le prime cose che mette della rovina de' tiranni, è l'aver ingiuriato altrui per conto di donne, o con stuprarle, o con violarle, o corrompere i matrimoni, come di questa parte, nel capitolo dove noi trattammo delle Congiure, largamente si parlò. Dico adunque, come i principi assoluti, ed i governatori delle repubbliche non hanno

a tenere poco conto di questa parte, ma debbono considerare i disordini che per tale accidente possono nascere, e rimediarvi in tempo, che il rimedio non sia con dannò e vituperio dello stato loro o della loro repubblica, come intervenne agli Ardeati, i quali per avere lasciato crescere quella gara tra i loro cittadini, si condussero a dividersi fra loro, e volendo riunirsi ebbero a mandare per soccorsi esterni: il che è un gran principio d'una propinqua servitù. Ma vegnamo all'altro notabile del modo di riunire le città, del quale nel futuro capitolo parleremo.

CAPITOLO XXVII.

Come e' si ha a Unire una Città divisa, e come quella opinione è vera, che a tenere le città bisogna tenerle disunite.

PER

ER lo esempio de' consoli Romani che riconciliarono insieme gli Ardeati, si nota il modo come si debbe comporre una città divisa, il quale non è altro, nè altrimenti si debbe medicare, che ammazzare i capi dei tumulti; perchè egli è necessario pigliare uno de'tre modi, o ammazzarli, come fecero costoro, o rimuoverli della città; o fare loro far pace insieme sotto obblighi di non si offendere. Di questi tre modi, questo último

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