Immagini della pagina
PDF
ePub

ni, e l'esercito sia ancora insieme, e' non si perde la riputazione della guerra, nè la speranza di vincerla. Ma quando si perde una cosa che tu hai disegnata difendere, e ciascuno crede che tu la difenda, allora è il danno e la perdita, ed hai quasi come i Francesi con una cosa di piccolo momento perduta la guerra. Filippo di Macedonia, padre di Perse, uomo militare, e di gran condizione ne' tempi suoi, essendo assaltato da Romani, assai de' suoi paesi, i quali ei giudicava non potere guardare, abbandonò e guastò, come quello che per esser prudente giudicava più pernicioso perdere la riputazione col non potere difendere quello che si metteva a difendere, che lasciandolo in preda al nimico, perderlo come cosa negletta. I Romani, quando dopo la rotta di Canne le cose loro erano afflitte, negarono a molti loro raccomandati sudditi gli aiuti, commettendo loro che si difendessero il meglio potessero. I quali partiti sono migliori assai che pigliare difese, e poi non le difendere; perchè in questo partito si perde amici e forze, in quello amici solo. Ma, tornando alle piccole zuffe, dico, che se pure un capitano è costretto per la novità del nimico fare qualche zuffa, debbe farla con tanto suo vantaggio, che non vi sia alcun pericolo di perderla; o ve

ramente far come Mario, il che è miglior partito, il quale andando contro a' Cimbri, popoli ferocissimi, che venivano a predare Italia, e venendo con uno spavento grande per la ferocità e moltitudine loro, e. per avere di già vinto uno esercito romano, giudicò Mario esser necessario innanzi che venisse alla zuffa, operare alcuna cosa, per la quale l'esercito suo deponesse quel terrore che la paura del nimico gli aveva dato, e come prudentissimo capitano, più che una volta collocò l'esercito suo in luogo, donde i Cimbri con l'esercito loro dovessero passare. E così dentro alle fortezze del suo campo volle che i suoi soldati li vedessero, ed assuefacessero gli occhi alla vista di quel nimico, acciocchè vedendo una moltitudine inordinata, piena d'impedimenti, con armi inutili, e parte disarmati, si rassicurassero, e diventassero desiderosi della zuffa. Il quale partito come fu da Mario saviamente preso, così dagli altri debbe essere diligentemente imitato, per non incorrere in quelli pericoli che io di sopra dico, e non avere a fare come i Francesi: Qui ob rem parvi ponderis trepidi in Tiburtem agrum, et in Campaniam transierunt. E perchè noi abbiamo allegato in questo discorso Valerio Corvino, voglio, mediante le parole sue, nel seguente capitolo come debbe esser fatto un capitano dimostrare.

CAPITOLO XXXVIII.

Come debbe esser fatto un Capitano, nel quale lesercito suo possa confidare.

ERA, come di sopra dicemmo, Valerio Cor

vino con l'esercito contro ai Sanniti, nuovi nimici del popolo romano, donde che per assicurare i suoi soldati, e per farli conoscere i nimici, fece fare ai suoi certe leggieri zuffe; nè gli bastando questo, volle avanti alla giornata parlar loro, e mostrò con ogni efficacia quanto e' dovevano stimare poco tali nimici, allegando la virtù de' suoi soldati e la propria. Dove si può notare, per le parole che Livio gli fa dire come debbe esser fatto un capitano, in chi l'esercito abbia a confidare; le quali parole sono queste: Tum etiam intueri, cuius ductu auspicioque ineunda pugna sit: utrum qui audiendus dumtaxat magnificus adhortator sit, verbis tantum ferox, operum militarium expers; an qui, et ipse tela tractare, procedere ante signa, versari media in mole pugnae sciat. Facta mea, non dicta vos milites sequi volo, nec disciplinam modo, sed exemplum etiam a me petere, qui hac dextra mihi tres consulatus, summamque laudem peperi. Le quali parole, considerate bene, inse

gnano a qualunque come ei debbe procedere a voler tenere il grado del capitano; e quello che sarà fatto altrimenti, troverà con il tempo quel grado, quando per fortuna o per ambizione vi sia condotto, torgli e non dargli riputazione. Perchè non i titoli illustrano gli uomini, ma gli uomini i titoli. Debbesi ancora dal principio di questo discorso considerare, che se i capitani grandi hanno usato termini straordinari a fermare

gli animi d'uno esercito veterano, quando coi nimici inconsueti debbe affrontarsi ; quanto maggiormente si abbia ad usare l'industria, quando si comandi uno esercito nuovo, che non abbia mai veduto il nimico in viso. Perchè se l'inusitato nimico all'esercito vecchio dà terrore, tanto maggiormente lo debbe dare ogni nimico ad uno esercito nuovo. Pure s'è veduto molte volte da' buoni capitani tutte queste difficultà con somma prudenza esser vinte, come fece quel Gracco romano, ed Epaminonda tebano, de'quali altra volta abbiamo parlato, che con eserciti nuovi vinsero eserciti veterani ed esercitatissimi. I modi che tenevano erano, parecchi mesi esercitarli in battaglie finte, assuefarli alla ubbidienza ed all'ordine, e da quelli dipoi con massima confidenza nella vera zuffà gli adoperavano. Non si debbe adunque diffidare alcuno uomo

militare di non poter fare buoni eseretti quándo non gli manchi uomini; perchè quel principe che abbonda d'uomini e manca di soldati, debbe solamente, non della viltà degli uomini, ma della sua pigrizia e poca pru denza dolersi.

CAPITOLO XXXIX.

Che un Capitano debbe essere conoscitore dei Siti.

INTRA le altre cose che sono necessarie ad un capitano d'eserciti, è la cognizione dei siti e de' paesi, perchè senza questa cognizione generale e particolare un capitano d'eserciti non può bene operare alcuna cosa. E perchè tutte le scienze vogliono pratica a voler perfettamente possederle, questa è una che ricerca pratica grandissima. Questa pratica, ovvero questa particolare cognizione, s'acquista più mediante le cacce, che per verun altro esercizio. Però gli antichi scrittori dicono che quelli eroi, che governarono nel loro tempo il mondo, si nutrirono nelle selve e nelle cacce; perchè la caccia, oltre a questa cognizione, t'insegna infinite cose che sono nella guerra necessarie. E Senofonte nella vita di Ciro mostra che andando Ciro ad assaltare il re d'Ar

« IndietroContinua »