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P'origine de

mentre babitata da Barbari, per lo commercio di quel le nationi la lingua Latina s'è corrotta & guasta, & da quella corrottione fon nate altre lingue, le quai come i fiumi, che della cima dell'Apennino fanno di uortio, &fcorrono ne i dui mari, cofi fi fon effe ancor diuife, & alcune tinte di latinità peruenute per Cagion del diuerfi camini, quale ad una parte, & quale all'al1 Volgar tra, una tinta di Barbarie rimasta in Italia. Quelingua. Sta adunque è stata tra noi lungamente incomposta &uaria, per non bauer hauuto chi le habbia posto cura, ne in effa fcritto, ne cercato di darle plendor, o gratia alcuna, pur è poi stata alquanto piu culta in Tofcana, che ne gli altri luoghi dell'Italia; & per quefto par che il fuo fiore infino da quei primi tempi qui fiarimafo, per hauer feruato quella nation genLa medef- tili accenti nella pronuntia, & ordine grammati-. ma effere cale in quello che fi conuien, piu che l'altre, & ha-. ta i Tofca- uer bauuti tre nobili fcrittori, i quali ingegnofamen–. te,& con quelle parole, & termini, che ufaua la confuetudine de loro tempi, hanno espresso i loro concetti, ilche piu felicemente che a gli altri,al parer mio, è fucceßo al Petrarca nelle cofe amorofe. Nafcendo poi di tempo in tempo non folamente in Tofcana, ma in tutta l'Italia, tra gli huomini nobili, & uerfati nelle corti, nell'arme, & nelle lettere qualche ftudio di parlar, & fcriuere piu elegantemente che non fi faceua in quella prima età rozza, & inculta; quando lo incendio delle calamità nate da i Barbari non era ancor fedato,sonsi lasciate molte parole cofi nella Città propria di Fiorenza, in tutta la Tosca

ftati piu col

ла.

na,

La lingua riòi diucifi

Latina fi ua

tempi.

4,come nel resto dell'Italia,& in loco di quelle riprè fe dell'altra, & fattofi quella mutatione, che fi fa in tutte le cofe humane, ilche e interuenuto fempre ancor dell'altre lingue. Che fe quelle prime fcritture antiche Latine fuffero durate infino ad hora, uede remo che altramente parlauano Euandro, e Tur no,& gli altri Latini di quei tempi, che non fecero poi gli ultimi Re Romani, è i primi Confoli. Eccoui che i uerfi, che cantauanoi Salij, a pena erano da i posteri intefi, ma effendo di quel modo da i primi inftitutori ordinati, non fi mutauano per riuerenza della Religione. Cofi fucceffiuamente gli Oratori, e i Poeti andarono lafciando molte parole ufate da i loro anteceẞori; che Antonio, Craffo, Hortenfio, Cicerone fuggiuano molte di quelle di Catone, & Vir giliomolte d'Ennio, cofi fecero gli altri; che ancor che hauessero riuerenza all'antiquità, non la estimauano però tanto, che uoleßero hauerle quella obligatione che uoi uolete che bora le habbiamo noi;anzi doue lor pareua, la biafimauano, come Hora- Horatio bia tio,che dice che i fuoi antichi baueuano fcioccamente tichi, che laudato Plauto,& uuol poter acquistar nuoue pa- dane o role. Et Cicerone in molti luoghi riprende molti piauto. fuoi anteceffori, & per biafimare S. Galba, afferma che le orationi fue haueanno dell'antico; & dice, che Ennio ancor fprezzò in alcune cose i fuoi anteceffo- gilio im ri,di modo che fe noi uerremo imitar li antichi,non gli Homero. imitaremo.Et Virgilio che uoi dite,che imitò Homero, non lo imitò nella lingua. Io adunque queste parole an tiche(quanto per me)fuggirei d'ufar fempre,eccetto pe

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rò,

fima gli an

troppo lo

In che Vir

rò, che in certiluochi, & in questi ancor rare uolte;& parmi che chi altrimenti le ufa,faccia errore,non me— no che chi uoleße, per imitar gli antichi nutrirsi an— cor di ghiande, eẞendofi già trouato copia di grano. Et perche uoi dite,che le parole antiche folamente con quel fplendore d'antichità adornan tanto ogni fubietto, per baffo che egli fia, che poffono farlo degno di molta laude,io dico che non folamente di queste parole an tiche, ma ne ancora delle buone faccio tanto cafo, Le parole ch'eftimi debbano senza il fucco delle belle fententie tenze effe effer prezzate ragionevolmente; perche il diuidere le re da fprez- fententie dalle parole, è uno diuider l'anima dal corCicerone poslaqual cofane nell'uno,ne nell'altro fenza distrut

fenza le sé

zarfi. Vedi

tione far fi può. Quello adunque che principalmente importa,&è neceffario al Cortegiano per parlare, & fcriuere bene,eftimo io che fia il fapere, perche chi non fa,& nell'animo non ha cofa, che meriti eßer inte fa,non può ne dirla,ne fcriuerla. Appresso bisogna di fpor con bell'ordine quello che fi ha a dire, o fcriuere, 11 fapere è poi efprimerlo ben con le parole;lequali, s'ionon m'inForigine ganno,debbono effer proprie,elette, fplendide, & ben feriuer be composte,ma fopra tutto ufate ancor dal popolo ; per

del parlar,e

ne.

che quelle medefime fanno la grandezza & pompa dell'oratione,fe colui che parla ha buon giudicio, & diligenza, fa pigliarle piu fignificatiue di ciò, che uuol dire,& inalzare, & come cera formandole ad ar bitrio fuo collocare in tal parte,& con tal ordine, che al primo afpetto mostrino, & faccian conoscere la diCicerone. gnità & fplendor fuo, come tauole di pittura poste al fuo buono, & natural lume.Et quefto cofi dico del

Tolto da

lo fcri

ofcriuere, come del parlare: alqual però firichiedono alcune cofe, che non fon neceffarie nello fcriuere, come la uoce buona,non troppo fottile, o molle, come quello, di femine ; ne ancor tanto austera & horrida,che hab cherichie de al parla bia del rustico;ma fonora,chiara, fuaue, & ben com- rc. pofta, con la pronuncia efpedita, & co i modi,e gefti conuenienti; liquali al parer mio confistono in certi mouimenti di tutto'l corpo, non affettati, ne uiolenti, ma temperati con un uolto accommodato, & con un mouer d'occhi,che dia gratia, & s'accordi con le parole, & piu che fi può fignifichi ancor co' gefti la intentione & affetto di colui che parla. Ma tutte queste cofe farian uane, & di poco momento, fe le fententie efpreße dalle parole non fußero belle, ingegnose, acute,eleganti,& graui,fecondo'l bifogno. Dubito, diße allbora il signor Morello, che fe quefto Cortegiano parlerà con tanta elegantia, & grauità,fra noi fi troueranno di quei, che non lo intenderanno.Anzi da ogniuno farà intefo, rifpofe il Conte, perche la facilità non impedisce la elegantia. Ne io uoglio ch'egli parli Sempre in grauità, ma di cofe piaceuoli,di giuochi, di motti,e di burle fecondo il tempo;del tutto però fenfata mente,e con prontezza,& copia non confusa; ne moftri in parte alcuna uanità, ofciocchezza puerile. Et quando poi parlerà di cofa ofcura, o difficile, uoglio che, con le parole, e con le fententie ben distinte efplichi fottilmente la intention fua, ogni ambiguità faccia chiara e piana con un certo modo diligente fenza molestia. Medefimamente doue occorrerà, fappia parlar con dignità,& uehementia; &conci

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Di che dee

parlare il Cortegiano

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concitar quegli affetti, che hanno in fe gli animi nostri,&accendergli, o mouergli fecondo il bifogno, talhor con una femplicità di quel candore, che fa parer, che la natura isteßa parli,intenerirgli, & quafi inebbriargli di dolcezza, con tal felicità, che chi ode, estimi, ch'egli ancor con pochiffima fatica poDi Oratio trebbe conseguir quel grado, & quandone fa proua fe gli truoui lontaniffimo. Io uorrei, che'l nostro Che'l mede Cortegiano parlaffe, & fcriueffe di tal maniera,& fimo dee al non folamente pigliaße parole fplendide,& eleganti le uolte ufa d'ogni parte d'Italia, ma ancor lauderei che talhor Granieri.ufaffe alcuni di quei termini,& Francefi, & Spagnoli,

re uocabuli

che già fono dalla confuetudine noftrà acettati. Però a me non difpiacerebbe,che occorrendogli diceße, primor, diceffe acertare, aucntare, diceffe ripaffare una perfona con ragionamenti, uolendo intendere riconoJcerla, trattarla, per bauerne perfettamente notitia, diceffe, un cauallier fenza rimprocchio attillato, creato d'un Prencipe, & altri tai termini, pur che fperaffe effer intefo. Tallbor uorrei che pigliaße alcune parole in altra fignificatione, che la loro propria; etrapportandole a propofito quafi le inferiße, Metafora. come rampollo d'albero,in piu felice tronco, per farle piu uaghe & belle, & quafi per accoftar le cofe al Jenfo de gli occhi proprij, & ( come si dice) farle toccar con mano, con diletto di chi ode,o legge. Ne uor

rei che temeẞe formarne ancor di nuoue, & con nuo Voci nuo- ue figure di dire, deducendole con bel modo da i Lás ue,è forma- tini & come già i Latini le deduceuano da i Greci. ali Greci. Se adunque de gli huomini letterati, e di buon inge

te da uoca

gno

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