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20.

Lo stesso agli stessi.

[Ivi, n. 97).

Scripsi ultimamente alle S. V., a'dì x et di x1 (1), havere ricevuto la loro de' dì VIII, insieme con la lettera de' nostri excelsi Signori alla Santità del Papa, sopra le censure fulminate contro fra Hieronimo. La mattina seguente hebbi audientia dalla Sua Beatitudine, et quello ne sia successo, sino a questo dì, potranno intendere le S. V. per la lettera scrivo alli prefati nostri excelsi Signori: la quale sarà con questa (2). ec. Rome, die XIII iulii MCCCCLXXXXVII (3).

21.

Il Becchi ai Dieci.

[Ivi, n. 106.]

.... Unum dicam circa alle chose di fra Ieronimo, etiam sappia ser Alexandro n'habbia scripto a lungo a V. S. Se V. S. non operano che Sua Paternità acconsenta a quella unione di Toschana, o promecta cotesta excelsa Signoria che fra dua mesi fra Ieronimo verrà qui, a piè del Papa, l'absolutione non è per haversi a questi tempi, chè chi ha fare non dorme. Veggo molti preparamenti in contrario, et tutto viene di costì. Pure, quando la cipta monstri volere questa gratia dal Papa et da questi signori reverendissimi Deputati, ne'quali questa cosa è rimessa, nè el Papa nè Loro reverendissime Signorie sono per denegarvela; maxime quando ci abbia a essere qualche honore et satisfactione di questa Sedia, et in particulari di Sua Beatitudine. Crederrei etiam fussi molto al proposito la Signoria scrivessi a Monsignor reverendissimo di Napoli, al quale, per esser protectore, tutti gli altri hanno respecto. Et Sua reverendissima Signoria ci va molto fredda; et ha usato dire che se fra Ieronimo non acconsente a quella unione, non è ignun modo per essere absoluto: e così n'harà difficultà. V. S. sono sapientissime; alle quali mi racomando. Ex Urbe,'x1x iulii 1497, cursim (4).

(1) Questa degli 11 non s'è trovata. In quella de' 10, in fine, si legge: « Scrivendo, ho ricevuto la loro de' di vit, con lettere de' nostri excelsi Signori alla Santità del Papa: le quali mi ingegnerò presentare come prima me ne sia data la occasione ». (Filza cit., n. 91).

(2) Anche questa non s'è trovata. Forse è quella de' 12, di cui la Signoria gli accusò il ricevimento nella sua de' 21, edita dal Marchese n. VIII.

(3) Ricevuta dai Dieci a' di 17.

(4) Ricevuta dai Dieci a' di 20.

(Continua.)

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Il Programma formulato dalle ben conosciute congreghe dei tristi macchinatori di scissure e di scandali, onde persuadere il bisogno di rendere a voto popolare le future elezioni de' nostri Parrochi, e Vescovi, e Papi, non può che muovere altamente a sdegno ogni buon Cattolico. Il documento è solenne, insidioso: troppo è grave il sospetto che sia derivato da qualche potente altezza, e quindi favorito, tanto da prevedere nuovi pericoli e guai alla nostra S. Chiesa, la quale si vuole da cotestoro per ogni verso martoriata, impoverita, umiliata, e, dove fosse possibile, anche spenta.

Tutto ciò non fa maraviglia: è la solita guerra da secoli molti combattuta con isvariati artifizi, e perfidie, e con l'aiuto di Dio vinta.

La Voce della Verità, celebre Periodico di Roma, nel riprodurre per intero (a'9 Luglio, n. 155) questo nuovo atto de' nostri demagoghi, ben fece a metterlo sott'occhio ai buoni Cattolici, accompagnato da quelle giuste critiche osservazioni, che ne smascherassero la recondita malizia.

Non posso tuttavia passarmi della sorpresa, dirò più, della dolorosa impressione, in me prodotta nel leggere tra mezzo a queste savissime osservazioni, dopo accennati altri simiglianti biasime voli tentativi sulle elezioni de' Vescovi per opera del famigerato Wessenberg in Germania, e d'altri in Francia, aggiunto così senza più il saggio che ne avemmo in uno scritto dell'illustre Ab. Rosmini, che la Chiesa condannò, ed esso lodevolmente ritrattò.

Trovo assai cose da appuntare in queste poche parole. Chi dettava quell'articolo, in tutto il resto commendevole savissimo,

(4) Pubblicando questo breve articolo del nostro esimio collaboratore annunziamo ai nostri associati che l'egregio Abate Missiaglia volle ritirare, benché composto, un suo lungo e dotto scritto sulle ultime polemiche intorno al Rosmini, dando cosi agli avversarii uno splendido saggio di quella temperanza, alla quale ha sempre tenuto di uniformarsi il nostro Periodico.

LA DIREZIONE.

perchè mai alla brutta serie dei riprovati tentativi per caldeggiare le elezioni popolari delle più elevate dignità Ecclesiastiche, perchè mai, dico, associare il nome venerato del Rosmini, allegando una opera sua, come ad essi favorevole?... Ella è una botta ben forte alla riputazione del grand' uomo: data proprio a questi di, in cui da più parti, su Periodici e Giornali religiosissimi, erasi tentato vulnerare la integrità Cattolica delle sue dottrine: dopo che, a impor silenzio a questi intemperanti zelatori, e ben poco caritativi, due documenti solenni, con tanto onore del Rosmini, e ad un tempo della sapienza, rettitudine, libertà d'azione della S. Romana Chiesa e dell'Augusto Pontefice, aveano testè purgato l'eminente filosofo e teologo Cattolico dalle taccie invereconde calunniose: dopo che era appena uscito il libro del ch. P. Buroni, che con ammirabile temperanza di stile, ma insieme con ineluttabile evidenza di esposizione mette al nudo la guerra vecchia e nuova, vuoi subdola, alla macchia, vuoi aperta, crudele, contro quel dottissimo e piissimo sacerdote ?

Nell' articolo accettato e divulgato dalla Voce (e qui non posso dire della Verità) mi suona irrisione quel titolo di illustre apposto al Rosmini. Forse per autenticare presso i lettori credenzoni, di buona fede, le due assertive che conseguitano?... Ahimè! la prima se vera in un cotal senso, non è esatta: la seconda è pretta bugiarderia e duolmi assai leggerle, e udirle strombazzate a carico di un sacerdote (peggio se illustre, come vien detto) da un Giornale Romano, eminentemente Cattolico: massime, prego avvertasi bene, dopo i da presso chè testè usciti autorevoli documenti, certo ben conosciuti a Roma, perchè di due Autorità Romane preclarissime. Ecco le assertive aggiunte all'illustre.

Si afferma di seguito che lo scritto fu condannato dalla Chiesa. Ma questa è una prima inesattezza, che coll'aggiunta di cui dirò subito, molto aggrava la natura del fatto, e s'accosta a falsità. È notoria la differenza che passa tra un libro condannato per conosciuti errori dalla Chiesa, o semplicemente proibito. Il libro Rosminiano cui alludesi, non ebbe che questa seconda nota: fu rimosso dalla comune lettura de' fedeli per motivi prudenziali, secondo che parea richiesto dalle condizioni dell'epoca: non ebbe il marchio di errori in esso contenuti. Finchè la Chiesa non siasi pronunciata sul vero e proprio motivo del suo giudizio, trattandosi di Autore eminentemente Cattolico e pio, un doppio dovere di giustizia e di carità ci lascia liberi non solo a pensar bene, ma dirò più ci obbliga a questo temperato benigno opinamento. Sappiamo ciò che aperto insegna Benedetto XIV, la Chiesa talvolta proibire alcuni libri anche per soli motivi di savia prudenza, sebbene non conten

gano formali errori. La Scuola Cattolica, diretta da quel dotto Prelato, che è Mons. Parocchi Vescovo di Pavia, nel suo fasc. di Febb. p. osserva benissimo, come per giudicare se giusti e ragionevoli (i Decreti della S. Congreg. dell'Indice; ed aggiugnerò a portar anche giudizio sulla pravità delle opere proibite) conviene tener d'occhio principalmente l'elemento contingente della opportunità, la quale varia a norma dei tempi, degli uomini e delle circostanze. A questo modo si spiega agevolmente come potessero esser messi all' Indice e poi levatine, Autori eminentemente ortodossi, come il Bellarmino ed il Segneri (pag. 176): e com'io ricordo con dolore la innocente operetta del nostro religiosissimo Scip. Maffei de fabula Equestris Ord. Costantin.: e così le due dell'Ab. Rosmini. Sì l'una, che le altre speriamo veder presto levate da quell' Indice.

Ora tornando all'articolo della Voce, citasi lo scritto dell' ill. Ab. Rosmini, senza dir quale, gli basta dire che fu condannato dalla Chiesa, e ingenerar così ne' lettori il sospetto almeno, che fosse appunto condannato per favoreggiar siffatte larghezze concesse al popolo nella elezione delle Dignità sacre. Or chi ve lo disse? la S. Congreg. non formulò nota di errori in esso trovati. Dopo allegata la condanna dello scritto affermasi che il Rosmini lodevolmente lo ritrattò. Questa poi è marchiana falsità: pur qui, credo per farla passar di buon conio, accompagnata da una dolce paroletta di encomio. No, il Rosmini non ritrattò nulla, solo laudabiliter se subjecit. In prova di ciò sono di pubblica ragione le due Lettere del Rosmini, e del Maestro del S. Palazzo, testè riprodotte nell'opera suddetta del Buroni (pag. 190 e 192). I buoni restarono edificati di questa sua pronta ed umile, e piena sommessione: onde il dotto e pio Arciv. di Torino ebbe a scrivere nel 1849: Fenelonium Rosminius fuit secutus in subjectione incunctanter facta. (Comp. Alesian. III, 402): ed il ch. P. Vinc. Marchese: Le parole scritte in quell' occasione da Rosmini altro non spirano che pietà, amor di Dio, umile sentire di sè. (Conferenze, Genova 1864 p. 190).

Sempre la stessa tattica per abbattere, esautorare, o diminuire almeno d'assai la riputazione Cattolica di quel grande e sant' uomo ! No, al Rosmini non fu esposta nota di errori, in che fosse caduto, e quindi egli non ritrattò nulla. È stampata la Lettera sua del 16 Maggio 1851 a Mons. Paolo Bertolozzi Vescovo di Montalcino, ove dice: In quanto alle due operette non ho fatto alcuna ritrattazione, perchè mi fu domandata solo la sottomissione, e perchè essendomi io offerto di fare qualunque ritrattazione, non fu giudicato il caso. (L'Educat. Cattol. di Novara il 28 Aprile p. p.). Ebbene l'articolo della Voce loda che si ritrattò, perchè la lode qui trovava utile a conferma della ritrattazione, la quale venendo in seguito all'asserto

della condanna, ribadiva anche nell'animo de' poco istruiti, de' creduloni, i supposti errori a suo carico.

Notate contraddizione, sempre all'inteso disdoro del Rosmini. Poco dianzi in altro Periodico (l'Osservat. Cattol. del 29 Marzo) si rimproverava in cambio ad esso lui non solo di non aver fatta alcuna ritrattazione, si ancora che opus non reprobavit, come avrebbe dovuto fare, ed era necessario: marcando così l'atto semplice, schietto ed umile di lui che si sottometteva, di incompleto, di malizioso, fatto per unico fine di sottrarsi alle conseguenze esterne della cen

sura!....

Or via, signori, quando cesserete voi di malignare svisare per ogni verso le dottrine, e persino le secrete intenzioni di quella santa anima?... È vergogna!... per quanto io vi estimi in buona fede, come mai non ravvisate per voi franta la soavissima legge della carità, per voi trascurato il rispettoso ossequio dovuto alle alte Autorità Sacre Romane, e alla prima di tutte a quella dell'Augusto Pontefice, che tolse in così peculiar modo a guarentire la intemerata fede Cattolica del Rosmini?... Ricorderò mai sempre con ammirazione averlo visitato prima nel Convento de' SS. Apostoli a Roma nel 1831, quand'era inteso alla stampa della sua grande opera filosofica: poscia nel suo religioso recesso a Stresa nel 1850, in compagnia de' suoi dilettissimi confratelli, tra' quali il Puecher, e il Pagani, ecc. e d'altri amici, come il Manzoni, l'Arconati, ecc. quando era sotto l'incubo della persecuzione, intanto che si agitava la disamina rigorosa delle opere sue dalle Romane Congregazioni, e temuto pendeva il giudizio: lo rividi in sua casa pochi anni dopo a Roveredo nel 1854, allor che finito il processo, era uscita da Roma la onorevole, la consolante, la assicuratrice sentenza dimittantur opera ecc. Posso affermare di aver io trovato il Rosmini sempre uguale in tutte e tre le così dispaiate condizioni di vita: sempre sereno, umile, rassegnato, in Dio fidente: ne detta, nè permessa in faccia a lui una parola mai, che nella controversia così delicata, così compromettente (fatta massime ragione al suo grado di Fondatore d'Ordine Religioso) tornasse a censura altrui, o carezzante il suo amor proprio.

Anima santa, ricevi dall'ultimo de' tuoi ammiratori questa testimonianza fedele!

Ma non è ancora compiuta l'analisi dell'articolo posto sulla Voce. L'Autore in conferma, credo, dell' odioso e falsato doppio assèrto, della condanna, cioè, e della ritrattazione, allega senz'altro in nota una Lettera sul Giorn. Rom. n. 46 de'21 Ottobre 1848. Non dice di chi sia questo documento; né dopo quanto esposi, parmi poter ripetere da esso alcuna importante notizia. Bensi conosco le

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