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nostro cortigiano fisso si tenga nell' animo un precetto, cioè, che in questo ed in ogni altra cosa sia sempre avvertito e timido, più presto che audace, e guardi di non persuadersi falsamente di sapere quello che non sa; perchè da natura tutti siamo avidi troppo più che non si dovrebbe di lode; e più amano le orecchie nostre la melodia delle parole che ci lodano che qualunque altro soavissimo canto o suono, e però spesso, come voci di sirene, sono causa di sommergere chi a tal fallace armonia bene non se le ottura (1).

Conoscendo questo pericolo, si è ritrovato tra gli antichi sapienti chi ha scritto libri in qual modo possa l'uomo conoscere il vero amico dall'adulatore; ma questo che giova? se molti, anzi infiniti son quelli che manifestamente comprendono esser adulati, e pur amano chi gli adala ed hanno in odio chi dice lor il vero? e spesso parendo loro che chi loda sia troppo parco in dire, essi medesimi lo aiutano e di sè stessi dicono tali cose che l'impudentissimo adulator se ne vergogna. Lasciamo questi ciechi nel lor errore e facciamo che 'l nostro cortigiano sia di così buon giudizio che non si lasci dar ad intendere il nero per lo bianco, nè presuma di sè se non quanto ben chiaramente conosce esser vero; e massimamente in quelle cose che nel suo giuoco, se ben avete a memoria, M. Cesare ricordò, che noi più volte avevamo usate per istromento di far impazzir molti; anzi per non errar, se ben conosce le lodi che date gli sono esser vere, non le consenta così apertamente nè

ease de' principi, e questi non andassero in traccia di quelli rispose: Perchè i filosofi conoscono i proprii bisogni, principi no.

() Intorno alle Sirene, Vedi la Nota alla pag. 50.

così senza contraddizione le confermi, ma piuttosto modestamente quasi le nieghi, mostrando o sempre e tenendo in effetto per sua principal professione l'arme e l'altre buone condizioni tutte per ornamento di quelle, e massimamente tra i soldati, per non far come coloro che negli studii voglion parere uomini di guerra e tra gli uomini di guerra letterati. In questo modo, per 0 le ragioni che abbiamo dette, fuggirà l'affettazione, e le cose mediocri che farà parranno granedissime.

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CAPO XV.

Se siano più eccellenti le lettere o le armi.

Rispose quivi M. Pietro Bembo: Io non so,

conte, come voi vogliate che questo cortigiano, i essendo letterato e con tante altre virtuose quaelita, tenga ogni cosa per ornamento dell'arme, e non l'arme e 'l resto per ornamento delle lettere; le quali, senza altra compagnia, tanto son di dignità all'arme superiori, quanto l' animo al or corpo, per appartenere propriamente la operazion d' esse all'animo, così come quella delle arme al Corpo. Rispose allor il conte: Anzi all' animo ed al corpo appartiene la operazion dell'arme. Ma e.. non voglio, M. Pietro, che voi di tal causa siate giudice, perchè sareste troppo sospetto ad una delle parti; ed essendo già stata questa disputa. zione lungamente agitata da uomini sapientissi mi, non è bisogno rinnovarla; ma io la tengo per diffinita in favore dell'arme; e voglio che'l nostro Cortigiano, poich' io posso ad arbitrio mio formarlo, esso ancor così la estimi. E se voi siete contrario parere, aspettate d'udirne una di Spalazion nella qual così sia lecito a chi difende la ragion dell'arme, operar l'arme, come quelli

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che difendon le lettere, oprano in tal difesa inedesime lettere, che se ognuno si varrà d suoi instrumenti vedrete che i letterati perd ranno. Ah, disse M. Pietro, voi dianzi avete da nati i Francesi che poco apprezzan le lettere, detto quanto lume di gloria esse mostrano ag uomini e come li facciano immortali, ed or par che abbiate mutata sentenza. Non vi ricorda ch

Giunto Alessandro alla famosa tomba
Del fero Achille, sospirando disse:
O fortunato, che si chiara tromba
Trovasti e chi di te si alto scrisse (1)!

E se Alessandro ebbe invidia ad Achille, no de' suoi fatti, ma della fortuna che prestato g avea tanta felicità che le cose sue fossero celebra te da Omero, comprender si può che estimass più le lettere d'Omero che l'arme d'Achille Qual altro giudice adunque o qual altra sentenz aspettate voi della dignità dell' arıne e della lettere, che quella che fu data da un de' pie gran capitani che mai sia stato? Rispose allora i conte lo biasimo i Francesi che estiman le let tere nuocere alla profession dell'arme; e tengo che a niun più si convenga l'esser letterato che ad uom di guerra, e queste due condizioni concatenate e l' una dall'altra aiutate (il che è couvenientissimo), voglio che siano nel nostro cortigiano; nè per questo parmi esser mutato d' opinione, ma come ho detto) disputar non voglia qual d'esse sia più degna di lode. Basta che letterati quasi mai nou pigliano a lodare se non uomini graudi e fatti gloriosi i quali da sè meritano lode per la propria essenzial virtù donde nascono. Oltre a ciò, sono nobilissima materia

(1) Petrarca Rime, parte I, son. 154.

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degli scrittori, il che è grande ornamento e in parte causa di perpetuare gli scritti, li quali forse non sarebbero tanto letti nè apprezzati, se mancasse loro il nobile soggetto, ma vani e di poco momento E se Alessandro ebbe invidia ad Achille per esser lodato da chi fu, non conchiude però questo che estimasse più le lettere che l'arme, nelle quali se tanto si fosse conosciuto lontano da Achille, come nello scrivere estimava che dovessero esser da Omero tutti quelli che di lui fossero per iscrivere, son certo che molto prima avrebbe desiderato il ben fare in sè che il ben dire in altri. Però questo credo io che fosse una tacita lode di sè stesso ed un desiderar quello che aver non gli pareva, cioè la suprema eccellenza d'uno scrittore e non quello che già si presumeva aver conseguito, cioè la virtù dell'arme; nella quale non estimava che Achille punto gli fosse superiore; onde chiamollo fortunato, quasi accennando che se la fama sua per Jo innanzi non fosse tanto celebrata al mondo, come quella che era per così divin poema chiara ed illustre, non procedesse perchè il valore ed i meriti non fossero tanti e di tanta lode degni, ina nascesse dalla fortuna, la quale avea parato innanti ad Achille quel miracolo di natura per gloriosa tromba dell' opere sue; e forse ancor volle eccitar qualche nobile ingegno a scrivere di sè, mostrando per questo dovergli esser tanto grato, quanto amava e venerava i sacri monu. menti delle lettere; circa le quali omai s'è par. lato abbastanza. Anzi troppo, rispose il signor Lodovico Pio, perchè credo che al mondo non sia possibile ritrovar un vaso tanto grande che fosse capace di tutte le cose che voi volete che stiano in questo cortigiano. Allor il conte, Aspettate un poco, disse, che molte altre ancor

ve ne hanno da essere. Rispose Pietro da Napoli: A questo modo il Grasso de' Medici avrà gran vantaggio da M. Pietro Bembo (25).

CAPO XVI.

Musica e suoi encomii.

Rise quivi ognuno, e ricominciando il conte, Signori, disse, avete a sapere ch' io non mi contento del cortigiano, s' egli non è ancor musico, o se, oltre allo intendere ed esser sicuro a libro, non sa di varii instrumenti; perchè, se ben pensiamo, niuno riposo di fatiche e medicina d'animi infermi ritrovar si può più onesta e lodevole nell' ozio che questa; e massimamente nelle corti, dove, oltre al refrigerio de' fastidii che ad ognuno la musica presta, molte cose si fanno per soddisfar alle donne, gli animi delle quali, teneri e molli, facilmente sono dall' armonia penetrati, e di dolcezza ripieni. Però non è meraviglia se nei tempi antichi e ne' presenti sempre esse state sono a'musici inclinate ed hanno avuto questo per gratissimo cibo d'animo. Allor il signor Gaspare, La musica, penso, disse, che insieme con molte altre vanità sia alle donne conveniente sì e forse ancor ad alcuni che hanno similitudine d'uomini, ma non a quelli che veramente sono, i quali non deono con delizie effeminare gli animi e indurli in tal modo a temer la morte. Non dite, rispose il Conte, perch'io vi entrerò in un gran pelago di lode della musica e ricorderò quanto sempre appresso gli antichi sia stata celebrata e tenuta per cosa sacra " e

(1) Avra gran vantaggio da M. Pietru Bembo, avrà ag 0 a più di lui, gli sarà assai superiare,

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