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Così adunque come in un giovane la gioventù riposata e matura è molto lodevole, perchè par che la leggerezza, che è vizio peculiar di quella età, sia temperata e corretta, così in un vecchio è da estimare assai la vecchiezza verde e viva, perchè pare che'l vigor dell'animo sia tanto, che riscaldi e dia forza a quella debile e fredda età, e la mantenga in quello stato me. diocre, che è la miglior parte della vita nostra.

CAPO VI.

Della conversazione.

Ma in somma, non basteranno ancor tutte queste condizioni nel nostro cortigiano per acquistar quella universal grazia de' signori, cavalieri e donne, se non avrà insieme una gentil e amabile maniera nel conversare cotidiano, e di questo credo veramente che sia difficile dar regola alcuna, per le infinite e varie cose che occorrono nel conversare; essendo che tra tutti gli uomini del mondo non si trovano due che siano d'animo totalmente simili. Però chi ha da accomodarsi nel conversare con tanti, bisogna che si guidi col suo giudizio proprio; e conoscendo le differenze dell' uno e dell'altro, ogni di muti stile e modo secondo la natura di quelli con cui a conversar si mette. Nè io per me altre regole circa ciò dar gli saprei, eccetto le già date; le quali sin da fanciullo, confessandosi, imparò il nostro signor Morello. Rise quivi la signora Emilia, e disse: Voi fuggite troppo la fatica, messer Federico, ma non vi verrà fatto, che pur avete da dire fin che l'ora sia d'andare a letto. E s'io, signora, non avessi che dire? rispose messer Federico. Disse la signora Emilia: Qui si vedrà

il vostro ingegno; e se è vero quello ch'io già ho inteso, essersi trovato uomo tanto ingegnoso ed eloquente che non gli sia mancato soggetto per comporre un libro in lode d' una mosca, altri in lode della febbre quartana, un altro in lode del calvizio, non dà il cuore a voi ancor di saper trovare che dire per una sera sopra la cortigiania? Ormai, rispose M. Federico, tanto ne abbiamo ragionato, che ue sarebbero fatti due libri; ma poichè non mi vale escusazione, dirò pur fin che a voi paia ch'io abbia soddisfatto, se non all'obbligo, almeno al poter mio.

CAPÓ VII.

Della conversazione col principe, ossia dell' arte di servire e rendersi grato al principe.

lo estimo che la conversazione, alla quale dee principalmente attendere il cortigiano con ogni suo studio, per farla grata, sia quella che avrà col suo principe, e benchè questo nome di conversare importi una certa parità, che pare che non possa cader tra 'l signore e'l servitore, pur noi per ora la chiameremo così. Voglio adunque che 'l cortigiano, oltre l'aver fatto, ed ogni di far conoscere ad ognuno, sè esser di quel valore che già abbiamo detto, si volti con tutti i pensieri e forze dell'animo suo ad amare e quasi adorare il principe a cui serve, sopra ogni altra cosa; e le voglie sue e costumi e modi, tutti indirizzi a compiacerlo. Quivi non aspettando più, disse Pietro da Napoli: Di questi cortigiani oggidì troverannosi assai, perchè mi pare che in poche parole ci abbiate dipinto un nobile adulatore. Voi v'ingannate assai, rispose

messer Federico, perchè gli adulatori non amano i signori nè gli amici; il che io vi dico che voglio che sia principalmente nel nostro cortigiano; e'l compiacere e secondar le vo glie di quello a cui si serve, si può far senza adulare, perchè io intendo delle voglie che siano ragionevoli ed oneste, ovvero di quelle che in sè non son nè buone, nè male, come sarebbe il giuoca ́re, darsi più ad uno esercizio che ad un altro ; ed a questo voglio che il cortigiano s'accomodi, sebben di natura sua vi fosse alieno, di modo che, sempre che'l signore lo vegga, pensi che a parlar gli abbia di cosa che gli sia grata; il che interverrà, se in costui sarà il buon giudizio per conoscere ciò che piace al principe, e l'ingegno e la prudenza, per sapersegli accomodare, e la deliberata volontà per farsi piacer quello che forse da natura gli dispiacesse, ed avendo queste avvertenze, innanzi al principe non istarà mai di mala voglia, nè melanconico, nè così taciturno, come molti che par che tengano briga coi pa'droni, che è cosa veramente odiosa. Non sarà maledico, e specialmente dei suoi signori ; il che spesso interviene, chè pare che nelle corti sia una procella che porti seco questa condizione, che sempre quelli che sono più beneficati dai signori, e da bassissimo luogo ridotti iù alto stato, sempre si dolgono e dicono mal d'essi; il che è disconveniente, non solamente a questi tali, ma ancor a quelli che fossero mal trattati. Non userà il nostro cortigiano prosunzione sciocca; non sarà apportator di nuove fastidiose; non sarà inavvertito in dir talor parole che offendano, in luogo di voler compiacere; non sarà ostinato e contenzioso, come alcuni, che par che non godano d'altro che d'essere molesti e fastidiosi a guisa di mosche, e fanno profession di contrad

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dire dispettosamente ad ognuno senza rispetto; non sarà cianciatore, vano o bugiardo; vantatore, nè adulatore inetto, ma modesto e ritenuto; usando sempre, e massimamente in pubblico, quella riverenza e rispetto che si conviene al servitor verso il signore; e non farà come molti i quali, incontrandosi con qualsivoglia gran principe, se pur una sola volta gli hanno parlato, se gli fanno innanti con un certo aspetto ridente e da amico, così come se volessero accarezzar un loro eguale, o dar favor ad un minor di sè. Rarissime volte, o quasi mai, 'non domanderà al signor cosa alcuna per sè stesso, acciocchè quel signore avendo rispetto di negarla così a lui stesso, talor non la conceda con fastidio, che è molto peggio. Domandando ancor per altri, osserverà discretamente i tempi, e domanderà cose oneste e ragionevoli; ed assetterà talmente la petizion sua, levandone quelle parti che esso conoscerà poter dispiacere, e facilitando con destrezza le difficoltà, che'l signor la concederà sempre; o se pur la negherà, non crederà aver offeso colui al quale non ha voluto compiacere; perchè spesso. i signori, poi che hanno negato una grazia a chi con molta importunità la domanda, pensano che colui che l'ha domandata con tanta instanza, la desiderasse molto; onde non avendo potuto ottenerla, debba voler male a chi glie l'ha negata; e per questa credenza essi cominciano ad odiar quel tale, e mai più nol posson veder con buon occhio. Non cercherà d'intromettersi in camera o nei luoghi secreti col signor suo, non essendo richiesto, sebben sarà di molta autorità, perchè spesso i signori, quando stanno privatamente, amano una certa libertà di dire e far ciò che lor piace, e però non vogliono essere nè veduti,

nè uditi da persona da cui possono esser giudicati, ed è ben conveniente. Onde quelli che biasimano i signori che tengono in camera persone di non molto valore in altre cose, che in saperli ben servire alla persona, parmi che fac ciano errore, perchè non so per qual causa essi non debbano aver quella libertà per rilasciare gli animi loro, che noi ancor vogliamo per rilasciar i nostri. Ma se'l cortigiano consueto di trattar cose importanti, si ritrova poi secretamente in camera, dee vestirsi un'altra persona, e differir le cose severe ad altro luogo e tempo; e attendere a ragionamenti piacevoli e grati al signor suo, per non impedirgli quel riposo d'animo; ma in questo, ed in ogni altra cosa, sopra tutto abbia cura di non venirgli a fastidio; ed aspetti che i favori gli siano offerti più presto, che uccellarli così scopertamente, come fan molti, che tanto avidi ne sono, che pare che, non conseguendoli, abbiano da perder la vita; e se per sorte hanno qualche disfavore, ovvero veggono altri esser favoriti, restano con tanta angonia, che dissimular per modo alcuno non possono quella invidia; onde fanno ridere di sè ognuno; e spesso sono causa che i signori dian favore a chi si sia, solamente per far loro dispetto. Se poi ancor si ritrovano in favor che passi la mediocrità, tanto s'innebriano in esso, che restano impediti d'allegrezza; nè par che sappian ciò che si far delle mani nè dei piedi, e quasi stanno per chiamar la brigata che venga a vederli e congratularsi seco, come di cosa che non siano consueti mai più d'avere: di questa sorte non voglio che sia il nostro cortigiano. Voglio ben che ami i favori, ma non però gli estimi tanto che non paia poter ancora star senza essi; e quando li

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