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consegue, non mostri d'esservi dentro nuovo, ne forestiero; nè maravigliarsi che gli siano of terti; nè li rifiuti di quel modo che fanno alcuni, che per vera ignoranza restano d'accettarli; e così fanno vedere ai circostanti che se ne conoscono indegni. Dee ben l'uomo star sempre un poco più rimesso che non comporta il grado suo; non accettar così facilmente i favori ed onori che gli sono offerti, e rifiutarli modestamente, mostrando estimarli assai, con tal modo però, che dia occasione a chi gli offerisce, d'offerirli con molto maggior instanza; perchè quanto più resistenza con tal modo s'usa nell' accettarli, tanto più pare a quel principe che li concede, d'esser estimato, e che la grazia che fa, tanto sia maggiore, quanto più colui › che la riceve mostra apprezzarla, e più di essa tenersi onorato. E questi sou i veri e sodi favori, e che fanno l'uomo esser estimato da chi di fuor li vede; perchè, non essendo mendicati, ognau presume che nascano da vera virtù ; e tanto più, quanto sono accompagnati dalla modestia.

Disse allor M. Cesare Gonzaga: parmi che abbiate rubato questo passo all' Evangelio, dove dice: Quando sei invitato a nozze, va, ed assettati nell' infimo luogo, acciocchè venendo colui che ha invitato, dica: Amico, ascendi più su; e così ti sarà onore alla presenza dei convitati. Rise M. Federico, e disse: Troppo gran sacrilegio sarebbe rubare all' Evangelio; ma voi siete più dotto nella sacra Scrittura ch'io non mi pensava; poi soggiunse: Vedete, come a gran pericolo si mettono talor quelli che temerariamente innanzi ad un signore entrano in ragionamento senza che altri li ricerchi; e spesso quel signore per far loro scorno, non risponde Castiglione fasc. 104.

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e volge il capo ad un' altra mano; e se pur risponde loro, ognun vede che lo fa con fastidio. Per aver adunque favore dai signori, non è miglior via che meritarli; nè bisogna che l'uomo si confidi, vedendo un altro che sia grato ad un principe per qualsivoglia cosa, di dover, per imitarlo, esso ancor medesimamente venire a quel grado, perchè ad ognun non si convien ogni cosa; e troverassi talor un uomo il qual da natura sarà tanto pronto alle facezie, che ciò che dirà porterà seco il riso, e parrà che sia nato solamente per quello, e s' un altro che abbia maniera di gravità, avvengachè sia di bonissimo ingegno, vorrà mettersi a far il medesimo sarà freddissimo e disgraziato, di sorte che farà stomaco a chi l'udirà; e riuscirà appunto quell'asino che ad imitazion del cane volea scherzar col padrone; però bisogna che ognun conosca sè stesso e le forze sue, ed a quello s' accomodi e consideri quali cose ha da imitare, e quali no. Prima che più avanti passiate, disse quivi Vincenzo Calmeta, s'io ho ben inteso, parmi che dianzi abbiate detto che la miglior via per conseguir favori sia il meritarli; e che più presto dee il cortigiano aspettar che gli siano offerti, che prosuntuosamente ricercarli. lo dubito assai che questa regola sia poco al proposito; e parmi che la esperienza ci faccia molto ben chiari del contrario; perchè oggidì pochissimi sono favoriti da' signori, eccetto i prosuntuosi; e so che voi potete esser buon testimonio di alcuni, che ritrovandosi in poca grazia dei lor principi; solamente con la prosunzione si son fatti loro grati; ma quelli che per modestia siano ascesi, io per me non conosco, ed a voi ancor do spazio di pensarvi, e credo che pochi ne troverete; e se considerate la corte di Francia, la qual

oggid è una delle più nobili di cristianità, trove rete che tutti quelli che in essa hanuo grazia universale, tengon del prosuntuoso; e non solameute l'uno con l'altro, ma col re medesimo. Questo non dite già, rispose messer Federico; anzi. in Francia sono modestissimi e cortesi gentiluomini; vero è che usano una certa libertà e domesti chezza senza cerimonia, la qual ad essi è propria e naturale ; e però non si dee chiamar prosunzio ne, perchè in quella loro così fatta maniera, beuchè ridano e piglino piacere dei prosuntuosi, pur apprezzano molto quelli che loro paiono aver in sè valore e modestia. Rispose il Calmeta : Guardate gli Spagnuoli, i quali par che siano maestri della cortigiania, e considerate quanti ne trovate che con donne e con signori non siano prosuntuosissimi, e tanto più de’Francesi, quanto che nel primo aspetto mostrano grandissima modestia; e veramente in ciò sono discreti, perchè (come ho detto) i signori de' nostri tempi tutti favoriscono que' soli che hanno tai costumi.

Rispose allora M. Federico: Non voglio già comportar, M. Vincenzo, che voi questa nota diate ai signori de'nostri tempi, perchè pur ancor molti sono che amano la modestia, la quale io non dico però che sola basti per far l' uomo grato; dico ben, che quando è congiunta con un gran valore, onora assai chi la possede; e se ella di sè stessa tace, l'opere lodevoli parlano largamente, e son molto più maravigliose che se fossero compagnate dalla presunzione e temerità. Non voglio già negar che non si trovino molti Spagnuoli prosuntuosi. Dico ben che quelli che sono assai estimati, per il più sono modestissimi. Ritrovansi poi ancor alcuni altri tanto freddi, cife fuggono il consorzio degli uomini troppo fuor di modo, e passano un certo grade di mediocrità talchè si fanno esti

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mare o troppo timidi o troppo superbi; e questi per niente non lodo, nè voglio che la modestia sia tanto asciutta ed arida, che diventi rusticità ma sia il cortigiano, quando gli vien in proposito, facondo, e nei discorsi degli stati prudente e savio, ed abbia tanto giudizio, che sappia accomodarsi ai costumi delle nazioni ove si ritrova. Poi nelle cose più basse sia piacevole, e ragioni ben d'ogni cosa; ma sopra tutto tenda sempre al bene non invidioso, nop_maldicente; nè mai s' induca a cercar grazia o favor per via viziosa', nè per mezzo di mala sorte. Disse allora il Calmeta lo v'assicuro che tutte l'altre vie son molto più dubbiose e più lunghe che non è questa che voi biasimate, perchè oggidì (per replicarlo un'altra volta) i signori non amano se non que' che sou volti a tal cammino. Non dite così, rispose allor M. Federico, perchè questo sarebbe troppo chiaro argomento che i signori de' nostri tempi fossero tutti viziosi e mali; il che non è; perchè pur se ne ritrovano alcuni buoni; ma se 'l nostro cortigiano per sorte sua si troverà esser a servizio d'un che sia vizioso e maligno, subito che lo conosca, se ne levi, per non provar quello estremo affanno che sentono tutti i buoni che servono ai mali. Bisogna pregar Dio, rispose il Calmeta, che ce li dia buoni, perchè quando s' hanno, è forza patirli tali quali sono; perchè infiniti rispetti astringono chi è gentiluomo, poichè ha cominciato a servire ad un padrone, a non 'asciarlo; ma la disgrazia consiste nel priucipio; e sono i cortigiani in questo caso alla condizion di que' malavventurati uccelli che nascono in trista valle. A me pare, disse M. Federico, che il debito debba valer più che tutti i rispetti; e purchè un gentiluomo non lasci il padrone quando fosse in su la guerra o in qualche avversità, di

sorte che si potesse credere che ciò facesse per secondar la fortuna, o per parergli che gli mancasse quel mezzo dal qual potesse trarre utilità, da ogni altro tempo credo che possa con ragion, e debba levarsi da quella servitù che tra i buoni sia per dargli vergogna, perchè ognun presume che chi serve ai buoni sia buono, e chi serve ai mali, sia malo.

Vorrei, disse allor il signor Lodovico Pio, che voi mi chiariste un dubbio ch' io ho nella mente; il qual è, se un gentiluomo, mentre che serve ad un principe, è obbligato ad ubbidirgli in tutte le cose che gli comanda, ancorchè fossero disoneste e vituperose. In cose disoneste non siamo noi obbligati ad ubbidire a persona alcuna, rispose M. Federico. E come, replicò il signor Lodovico, s' io starò al servizio d'un principe il qual mi tratti bene, e si confidi ch' io debba far per lui ciò che far si può, comandandomi ch' io vada ad ammazzare un uomo, o far qualsivoglia altra cosa, debbo io rifiutar di farla? Voi dovete, rispose M. Federico, ubbidire al signor vostro in tutte le cose che a lui sono utili ed onorevoli, non in quelle che gli sono di danno e di vergogna; però se esso vi comandasse che faceste un tradimento, non solamente non siete obbligato a farlo, ma siete obbligato a non farlo, e .per voi stesso, e per non esser ministro della vergogna del signor vostro. Vero è che molte cose paiono al primo aspetto buone, che sono male, e molte paiono male, e pur son buone. Però è lecito talor per servizio de' suoi signori ammazzare non un uomo, ma dieci mila; e far molt'altre cose, le quali, a chi non le considerasse come si dee, parrebbero male, e pur non sono. Rispose allora il signor Gasparo Pallavicino: Deh, per vostra fè, ragionate un poco sopra questo, ed inseguateci

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