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che molto serva la nazione spagnuola, perchè le cose estrinseche spesso fan testimonio delle intrinseche. Allor disse M. Cesare Gonzaga: Questo a me darebbe poca noia, perchè, se un gentiluomo nelle altre cose vale, il vestire non gli cresce ne scema mai riputazione. Rispose messer Federico: Voi dite il vero. Pur, qual è di noi che, vedendo passeggiar un gentiluomo con una roba addosso quartata di diversi colori, ovvero con tante stringhette e fettucce annodate, e fregi traversati, non lo tenesse per pazzo o per buffone? Nè pazzo, disse M. Pietro Bembo, nè buffone sarebbe stato costui tenuto da chi fosse qualche tempo vivuto nella Lombardia, perchè così vanno tutti. Adunque, rispose la signora Duchessa, ridendo, se così vanno tutti, opporre non se gli dee per vizio, essendo a loro que0 sto abito tanto conveniente e proprio, quanto ai Veneziani il portar le maniche a comeo ed ai Fiorentini il cappuccio. Non parlo io, disse M. 2 Federico, più della Lombardia che degli altri luoghi, perchè d'ogni nazion se ne trovano e di sciocchi e d' avveduti. Ma, per dir ciò che mi par d'importanza nel vestire, voglio che 'I nostro cortigiano in tutto l'abito sia pulito e delicato, ed abbia una certa conformità di modesta attillatura, ma non però di maniera femminile o vana; nè più in una cosa che nell' altra; come molti ne vediamo che pongon tanto studio nella capellatura, che si scordano il resto. Altri fan professione de' denti, altri di barba, altri di borzacchini, altri di berrette, altri di cuffie; e così intervien che quelle poche cose più colte paiono lor prestate, e tutte l'altre che sono sciocchissime, si conoscono per le loro ; e questo tal costume voglio che fugga il nostro cortigiano, per mio consiglio, aggiugnendovi ancor, che deb

ba fra sè stesso deliberar ciò che vuol parere ; di quella sorte che desidera esser estimato della medesima vestirsi, e far che gli abiti lo aiutine ad esser tenuto per tale ancor da quelli che non l'odono parlare, nè veggono far operazione alcuna.

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A me non pare, disse allor il signor Gasparo Pallavicino, che si convenga, nè ancor che s' usi tra persone di valore giudicar la condizion degli uomini agli abiti e non alle parole ed alle opere; perchè molti s'ingannerebbero; nè senza causa dicesi quel proverbio, che l'abito non fa il monaco. Non dico io, rispose M. Federico, che per questo solo s'abbiano a far i giudizii risoluti delle condizioni degli uomini nè che più non si conoscano per le parole e per l'opere, che per gli abiti; dico ben, che ancor l'abito non è piccolo argomento della fantasia di chi lo porta; avvegnachè talor possa esser falso; e non solamente questo, ma tutti i modi e costumi, oltre all' opere e parole, sono giudizio delle qualità di colui in cui si veggono. E che cose trovate voi, rispose il signor Gasparo, sopra le quali noi possiam far giudizio che non siano nè parole nè opere? Disse allora M. Federico: Voi siete troppo sottile logico. Ma per dirvi come io intendo, si trovano alcune operazioni che, poichè son fatte, resta no ancora come l'edificare, scrivere ed altre simili; altre non restano, come quelle di che io voglio ora intendere; però non chiamo in questo proposito, che 'l passeggiare, ridere, guardare, e tai cose, siano operazioni; e pur tutto questo di fuori dà notizia spesso di quel dentro. Ditemi, non faceste voi giudizio che fosse un vano e leggier uomo quell'amico nostro, del quale ragionammo pur questa matti

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Da,

subito che lo vedeste passeggiar con quel torcer di capo, dimenandosi tutto, ed invitando con aspetto benigno la brigata a cavarsegli la berretta? Così ancora quando vedete uno che guarda troppo intento con gli occhi stupi. di a foggia d'insensato, o che rida così scioccamente come que' mutoli gozzuti delle moutagae di Bergamo, avvegnachè non parli o faccia altro, non lo tenete voi per un gran babbuasso? Vedete adunque che questi modi e costumi, che io non intendo per ora che siano operazioni, fanuo in gran parte che gli uomini sian conosciuti.

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Ma un' altra cosa parmi che dia e levi molto la riputazione, e questa è l'elezion degli amici coi quali si ha da tenere intrinseca pratica; perchè indubitatamente la ragion vuol che di quelli che sono con istretta amicizia ed indissolubil compagnia congiunti siano ancor le volontà, gli animi, i giudizii e gl'ingegni conformi. Così chi conversa con ignoranti e mali, è tenuto per ignorante o malo; e per contrario, chi conversa con buoni e savii e discreti, è tenuto per tale: che da natura par che ogni cosa volontieri si congiunga col suo simile. Però gran riguardo credo che si convenga aver nel cominciar queste amicizie, perchè di due stretti amici, chi conosce l'uno, subito immagina, l'altro essere della medesima condizione.

Rispose allor M. Pietro Bembo: Del ristringersi in amicizia così unanime, come voi dite, parmi veramente che si debba aver assai riguar

do, non solamente per l'acquistar o perdere a riputazione, ma perchè oggidì pochissimi veri amici si trovano; nè credo che più siano al mo do quei Piladi ed Oresti, Tesei e Piritoi, nė Scipioni e Lelii; anzi non so per qual destino interviene ogni dì, che due amici, i quali

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saranno vivuti in cordialissimo amore molt' an-
ni, pur al fine l'un l'altro in qualche modo
s' ingannano, o per malignità o per invidia, o
per leggerezza, o per qualche altra mala causa;
e ciascun dà la colpa al compagno di quello
che forse l'uno e l'altro la merita. Però essen-
do a me avvenuto più d' una volta l'esser in-
gannato da chi più amava, e da chi sopra ogni
altra persona avea confidenza d'esser amato
ho pensato talor da me a me, che sia ben non
fidarsi mai di persona del mondo, nè darsi così in
preda ad amico, per caro ed amato che sia, che,
senza riservo l'uomo gli comunichi tutti i suoi
pensieri, come farebbe a sè stesso; perchè ne-
gli animi nostri sono tante latebre e tanti re-
cessi, che impossibil è che prudenza umana pos-
sa conoscer quelle simulazioni che dentro nasco-
se vi sono. Credo adunque che ben sia amare e
servire l' un più che l'altro, secondo i meriti
e'l valore ; ma non però assicurarsi tanto con
questa dolce esca d'amicizia, che poi tardi ce
n' abbiamo a pentire. Allor messer Federico,
Veramente, disse, molto maggior sarebbe la
perdita che'l guadagno, se del consorzio uma-
no si levasse quel supremo grado d'amicizia
che, secondo ine, ci dà quanto di bene ha in
sè la vita nostra; è però io per alcun modo non
voglio consentirvi che ragionevol sia; anzi mi
darebbe il cuore di concludervi, e con ragioni
evidentissime, che senza questa perfetta amici-
zia gli uomini sarebbero molto più infelici che

tatti gli altri animali; e se alcuni guastano, come profani, questo santo nome d'amicizia, non è però da estirparla così dagli animi nostri; e per colpa dei mali, privar i buoni di tanta lelicità; ed io per me estimo che qui tra noi sia più di un par di amici, l'amor dei quali sia indissolubile, e senza inganno alcuno, e per durar fin alla morte con le voglie conformi, non meno che se fossero quegli antichi, che voi dianzi avete nominati: e così avviene quando,' oltre alla inclinazion che nasce dalle stelle, l'uomo s'elegge amico a sè simile di costumi; el tutto intendo che sia tra buoni e virtuosi, perchè l'amicizia de'mali non è amicizia. Lodo ben, che questo nodo così stretto non comprenda o leghi più che due, che altramente forse sareb. be pericoloso, perchè, come sapete, più difficilmente s'accordano tre instrumenti di musica insieme, che due. Vorrei adunque che 'l nostro cortigiano avesse un precipuo e cordial amico, se possibil fosse, di quella sorte che detto abbiamo; poi, secondo il valore e i meriti, amasse, onorasse ed osservasse tutti gli altri, e sempre procurasse d'intertenersi più con gli estimati e nobili e conosciuti per buoni, che con gl' ignobili e di poco pregio; di maniera che esso ancor da loro fosse amato ed onorato; e questo gi verrà fatto se sarà cortese, umano, liberale, afabile e dolce in compagnia; officioso e diligente nel servire e nell' aver cura dell' utile e onor degli amici, così assenti, come presenti, sopportando i lor difetti naturali e sopportabii; senza rompersi con essi per piccola causa, e correggendo in sè stesso quelli che amorevolmene gli saranno ricordati; non anteponendosi mai gli altri con cercar i primi e i più onorati luohi; nè con fare come alcuni, che par che

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