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parola argutamente non guardan di macular onor d'una donna; il che è malissima cosa, e degna di gravissimo castigo, perchè in que. sto caso le donne sono nel numero dei miseri; e però non meritano in ciò essere mordute, chè non bauno arme da difendersi. Ma oltre a questi rispetti, bisogna che colui che ha da esser piacevole e faceto, sia formato d'una certa natura atta a tutte le sorti di piacevolezze; ed a quelle accomodi i costumi, i gesti e'l volto; il quale quant'è più grave e severo e saldo, tanto più fa le cose che son dette parer salse ed argute.

САРО

Delle burle.

XXI.

Ma voi, M. Federico, che pensaste di rí

posarvi sotto questo sfogliato albero e nei miei secchi ragionamenti, credo che ne siate pentito, e vi paia esser entrato nell'osteria di Montefiore; però ben sarà che, a guisa di pratico corriere, per fuggir. un tristo albergo, vi leviate un poco più per tempo che l'ordinario, e seguitiate il cammin vostro. Anzi, rispose M. Federico, a così buon albergo son jo venuto, che penso di starvi più che prima non aveva deliberato; però riposerommi pur ancor finattantochè voi diate fine a tutto 'I ragionamento proposto, del quale avete lasciato una parte che al principio nominaste, che sono le burle; e di ciò non è buono che questa compagnia sia defraudata da voi. Ma siccome circa le facezie, ci avete insegnato molte belle cose, e fattocí audaci nell' usarle, per esempio di tanti singolari ingegni d' uomini, e principi e re e papi, credo medesimamente che nelle burle ci darete

tanto ardimento, che piglieremo securtà di metterne in opera qualch' una ancor contra di voi. Allora M. Bernardo ridendo, Voi non sarete, disse, i primi; ma forse non vi verrà fatto; perchè ormai tante n'ho ricevute, che mi guardo da ogni cosa; come i cani, dall' acqua calda, hanno paura della fredda. Pur, poichè di questo ancor volete ch'io dica, penso potermene espedire con poche parole.

che, scottati

E parmi che la burla non sia altro che un inganno amichevole di cose che non offendano, o almen poco. E siccome nelle facezie il dir contra l'aspettazione, così nelle burle il far con tra l'aspettazione induce riso. E queste tanto più piacciono, e son lodate, quanto più hanno dell'ingegnoso e modesto, perchè chi vuol burlar senza rispetto, spesso offende, e poi ne nascono disordini e gravi inimicizie. Ma i luoghi donde cavar si posson le burle, son quasi i medesimi delle facezie. Però, per non replicarli, dico solamente che due sorti di burle si trovano, ciascuna delle quali in due parti poi divider si potrebbe. L'una è, quando s' inganna ingegnosamente con bel modo e piacevolezza chi si sia; l'altra, quando si tende quasi una rete, e mostra un poco d' esca, talchè l'uomo corre ad ingannarsi da sè stesso. Il primo modo è tale, quale fu la burla che a questi dì due gran signore, ch'io non voglio nominare, ebbero per mezzo d'uno Spagnuolo, chiamato Castiglio. Allora la signora duchessa, E perchè, disse, non le volete voi nominare? Rispose M. Bernardo: Non vorrei che lo avessero a male. Replicò la signora duchessa, ridendo: Non si disconvien talor usare le burle ancor coi gran signori; ed io già ho udito molte esserne state falte al duca Federico, al re Alfonso d'Arago

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na alla regina donna Isabella di Spagna, ed a molti altri gran principi, ed essi non solamente non lo aver avuto a male, ma aver premiato largamente i burlatori. Rispose M. Bernardo: Nè ancor con questa speranza le nominerò io. Dite, come vi piace, soggiunse la signora duchessa allor seguitò M. Bernardo, e disse:

Pochi dr sono, che nella corte di chi io intendo, capitò un contadin bergamasco per servizio di un gentiluom cortigiano, il qual fu tanto ben divisato di panni, ed acconcio così attillatamente, che avvengachè fosse usato solamente a guardar buoi, nè sapesse far altro mestiero, da chi non l'avesse sentito ragionare sarebbe stato tenuto per un galante cavaliero; e così essendo detto a quelle due signore che quivi era capitato uno Spagnuolo servitore del cardinale Borgia, che si chiamava Castiglio, ingegnosissimo, musico, danzatore, ballatore, e più accorto cortigiano che fosse in tutta Spagna, vennero in estremo desiderio di parlargli, e subito mandarono per esso; e dopo le onoreyoli accoglienze, lo fecero sedere, e cominciarono a parlargli con grandissimo riguardo in presenza d'ognuno; e pochi eran di quelli che si trovavano presenti, che non sapessero che costui era un vaccaro bergamasco; però vedendosi che quelle signore l'interteneano con tanto rispetto, e tanto l'onoravano, furono le risa grandissime; tanto più che 'l buon uomo sempre parlava del suo nativo parlare zaffi bergamasco. Ma quei gentiluomini che faceano la burla, aveano prima detto a queste signore che costui, tra l'altre cose, era gran burlatore, e parlava eccellentemente tutte le lingue, e massinamente lombardo contadino, di sorte che sempre estimarono che fingesse; e spesso si Castiglione, fasc. 104.

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voltavano l'una all' altra con certe maraviglie, e diceano Udite gran cosa, come contraffà questa lingua! In somma tanto durò questo ragionamento, che ad ognuno doleano i fianchi per le risa; e fu forza che esso medesimo desse tauti contrassegni della sua nobiltà, che pur in ultimo queste signore (ma con gran fatica) credettero ch' ei fosse quegli che egli era. Di questa sorte burle ogni di veggiamo: ma tra l'altre quelle son piacevoli che al principio spaventano, e poi riescono in cosa sicura, perchè il medesimo burlato si ride di sè stesso, vedendosi aver avuto paura di niente. Come essendo io una notte alloggiato in Paglia, intervenne che nella medesima osteria ov' ero io, erano ancor tre altri compagni, due da Pistoia, l'altro da Prato, i quali dopo cena si misero (come spesso si fa) a giuocare; così non v' andò molto che uno dei due Pistolesi, perdendo il resto, restò senza un quattrino, di modo che cominciò a disperarsi, e maledire e bestemmiare tieramente; e così rinegando, se n'andò a dormire. Gli altri due avendo alquanto giuocato, deliberarono fare una burla a questo che era ito al letto. Onde sentendo che esso già dormiva, spensero tutti i lumi, e velarono il fuoco; poi si misero a parlar alto, e far i maggiori romori del mondo, mostrando venire a contenzion del giuoco, dicendo uno: Tu hai tolto la carta di sotto; l'altro negandolo con dire: E tu hai invitato sopra flusso; il giuoco vada a moute, e cotai cose, con tanto strepito, che colui che dormiva, si risvegliò e sentendo che costoro giuocavano, e parlavano così come se vedessero le carte, un poco aperse gli occhi, e non vedendo lume alcuno in camera, disse: E che diavol farete voi tutta notte di gridare? Poi subito si rimise giù, come per

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dormire. I due compagni non gli diedero altrimenti risposta, ma seguitarono l'ordine loro, di modo che costui, meglio risvegliato, cominciò a maravigliarsi; e vedendo certo che ivi non era uè fuoco, nè splendor alcuno, e che pur costor giuocavano e contendevano, disse: E come potete voi veder le carte senza lume? Rispose uno delli due: Tu dei aver perduto la vista insieme con li danari: Non vedi tu se qui abbiam due candele? Levossi quello che era in letto, su le braccia, e quasi adirato, disse: O ch' io sono ebriaco o cieco, o voi dite le bugie. I due levaronsi, ed andarono al letto tentoni, ridendo, e mo strando di credere che colui si facesse beffe di loro; ed esso pur replicava : Io dico che non vi veggo. In ultimo li due cominciarono a mostrar di maravigliarsi forte, e l'uno disse all'altro : Oimè, parmi ch' ei dica da dovero; dà qua quella candela, e veggiamo se forse gli si fosse intorbidata la vista. Allor quel meschino, tenne per fermo d'esser diventato cieco, e piangendo dirottamen. te disse: O fratelli miei, io son cieco; e subito cominciò a chiamar la nostra Donna di Loreto, e pregarla che gli perdonasse le bestemmie é le maledizioni che le aveva date per aver perduto i danari. I due compagni pur lo confortavano, e dicevano: E' non è possibile che tu non ci vegga; egli è una fantasia che tu t' hai posta in capo. Oimè (replicava l'altro) che questa non è fantasia, nè vi veggo io altrimenti che se non avessi mai avuti occhi in testa. Tu hai pur la vista chiara, rispondeano li due, e diceano l'un l'altro: Guarda come egli apre ben gli occhi! e come gli ha belli! e chi potrebbe creder ch'ei non vedesse? il poveretto tuttavia piangea più forte, e domandava misericordia a Dio. In ultimo costoro gli dissero :

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