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'ultimo le estimano così poco, che non curano il lor commercio, anzi le hanno in fastidio; e per contrario, non è uomo tanto procace ed insolente, che non abbia riverenza a quelle che sono estimate buone ed oneste; perchè quella gravità temperata di sapere e bontà, è quasi uno scudo contra la insolenza e bestialità dei prosontuosi; onde si vede che una parola, un riso, un atto di benevolenza, per minimo ch' egli sia, di una donna onesta, è più apprezzato da ognuno, 'che tutte le dimostrazioni e carezze di quelle che così senza riservo mostran poca vergogna; e se non sono impudiche, con quei risi dissoluti, con la loquacità, insolenza, e tai costumi scurrili, fanno segno d'essere. E perchè le parole sotto le quali non è subietto di qualche importanza, son vaue e puerili, bisogna che la donna di pa lazzo, oltre al giudizio di conoscere la qualità di colui con cui parla, per intertenerlo gentilmeute, abbia notizia di molte cose: e sappia, parlando, elegger quelle che sono a proposito della condizion di colui con cui parla, e sia cauta in non dir, talor non volendo, parole che lo offendano. Si guardi lodando sè stessa indiscretamen. te, ovvero con l'esser troppo prolissa, non gli generar fastidio. Non vada mescolando nei ragionamenti piacevoli e da ridere, cose di gravità nè meno nei gravi, facezie e burle Nou mostri inettamente di saper quello che non sa ma con modestia cerchi d' onorarsi di quello che sa, fuggendo (come si è detto) l'affettazion in ogni cosa. In questo modo sarà ella ornata di buoni costumi, e gli esercizii del corpo convenienti a donna farà con suprema grazia; e i ragionamenti suoi saranno copiosi e pieni di prudenza, onestà e piacevolezza; e così sarà essa non solamente amata, ma riverita da tutto 'l mondo, e

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forse degna d' esser agguagliata a questo gran cortigiano, così delle condizioni dell' animo, come di quelle del corpo.

Avendo insin qui detto il Magnifico, sen tacque, e stette sopra di sè quasi come avesse posto fine al suo ragionamento. Disse allor il signor Gasparo: Voi avete veramente, signor Magnifico, molto adornata questa donna, e fattola di eccellente condizione; nientedimeno parmi che vi siate tenuto assai al generale, e nominato in lei alcune cose tanto grandi, che credo vi siate vergognato di chiarirle; e più presto le avete desiderate, a guisa di quelli che bramano talor cose impossibili e soprannaturali, che insegnate. Però vorrei che ci dichiariste un poco meglio quali siano gli esercizii del corpo convenienti a donna di palazzo, e di che modo ella debba intertenere, e quali sian queste molte cose di che voi dite che le si conviene aver notizia; e se la prudenza, la magnanimità, la continenza, e quelle molte altre virtù che avete detto, intende te che abbian ad aiutarla solamente circa il governo della casa, dei figliuoli e della famiglia, il che però voi non volete che sia la sua prima professione; o veramente allo intertenere e far aggraziatamente questi esercizii del corpo; e per vostra fe guardate a non mettere queste povere virtù a così vile officio che abbiano da vergognarsene. Rise il Magnifico, e disse: Pur non potete far, signor Gasparo, che non mostriate mal animo verso le donne; ma in vero a me pa reva aver detto assai, e massimamente presso a tali uditori; chè non penso già che sia alcun qui che non conosca che, circa gli esercizii del corpo, alla donna non si conviene armeggiare, cavalcare, giuocare alla palla, lottare, e molte altre cose che si convengono agli uomini, Disse

allora l'Unico Aretino: Appresso gli antichi si usava che le donne lottavano con gli uomini; ma noi abbiamo perduta questa usanza insieme con molt' altre. Soggiunse M. Ceŝare Gonzaga: Ed io a' miei dì ho veduto donne giuocare alla palla, maneggiar l'arine, cavalcare, andare a caccia, e far quasi tutti gli esercizii che possa far un cavaliero. Rispose il Magnifico: Poichè io posso formar questa donna a modo mio, non solamente non voglio ch' ella usi questi esercizii virili così robusti ed aspri, ma voglio che quegli ancora che son convenienti a donna, faccia con riguardo, e con quella molle delicatura che abbiamo detto convenirsele; e però nel danzare non vorrei vederla usar movimenti troppo gagliardi e sforzati, nè meno nel cantar o suonar, quelle diminuzioni forti e replicate che mostrano più arte che dolcezza; medesimamente gl' istrumenti di musica che ella usa (secondo me) debbono esser conformi a questa intenzione. Immaginatevi come disgraziata cosa sarebbe veder una donna suonare tamburi, pifferi o trombe, o altri tali instrumenti; e questo perchè la loro asprezza nasconde e leva quella soave mansuetudine che tanto adorna ogni atto che faccia la donna. Però quando ella viene a danzar, o far musica di che sorta si sia, deve indurvisi con lasciarsi alquanto pregare, e con una certa timidità, che mostri quella nobile vergogna che è con. traria della impudenza. Deve ancor accomodar gli abiti a questa intenzione, e vestirsi di sorte, che non paia vana e leggiera. Ma perchè alle donné è lecito aver piu cura della bellezza, che agli uomini, e diverse sorti sono di bellezza, deve questa donna aver giudizio di conoscer quai sono quegli abiti che le accrescon grazia, e più accomodati a quegli esercizii ch'ella intende di Castiglione fasc. 105.

fare in quel punto, e di quelli servirsi; e conoscendo in sè una bellezza vaga ed allegra, deve aiutarla co' movimenti, con la parole e con gli abiti, che tutti tendano allo allegro; così, come un'altra che si senta aver maniera mansueta e grave, deve ancor accompagnarla coi modi di quella sorte, per accrescer quello ch'è dono della natura. Così essendo un poco più grassa o più magra del ragionevole, o bianca o bruna, aiutarsi con gli abiti, ma dissimulatamente più del possibile; e tenendosi delicata e pulita, mostrar sempre di non mettervi studio o diligenza alcuna. E perchè il signor Gasparo domanda ancor quai siano queste molte cose di che ella deve aver notizia, e di che modo interte nere; e se le virtù debbono servire a questo intertenimento, dico che voglio che ella abbia coguizion di ciò che questi signori han voluto che sappia il cortigiano; e di quegli esercizii che abbiamo detto che a lei non si convengono, voglio che ella n'abbia almen quel giudizio che possono aver delle cose coloro che non oprano e questo per saper lodare ed apprezzare i cavalieri più e meno secondo i meriti. E per replicar in parte in poche parole quello che già si è detto, voglio che questa donna abbia notizia di lettere, di musica, di pittura, e sappia danzar e festeggiare; accompagnando con quella discreta modestia, e col dar buona opinion di sè, ancora le altre avvertenze che sono state inse gnate al cortigiano. E così sarà nel conversare, nel ridere, nel giuocare, nel motteggiare, in somma in ogni cosa, gratissima; ed interterrà accomodatamente, e con motti e facezie convenienti a lei, ogni persona che le occorrerà. E benchè la continenza, la magnanimità, la temperanza, la fortezza d'animo, la prudenza e le

altre virtù paia che non importino allo intertenere, io voglio che di tutte sia ornata, non tanto per lo intertenere (benchè però ancor a questo possono servire ), quanto per esser virtuo. sa, ed acciocchè queste virtù la faccian tale che meriti esser onorata, e che ogni sua operazion sia di quelle composta.

CAPO III.

Si prova la virtù delle donne.

Maravigliomi pur, disse allora ridendo il signor Gasparo, che poichè date alle donne e le lettere, e la continenza, e la magnanimità, e la temperanza, che non vogliate ancor che esse governino le città, e faccian le leggi, e conducano gli eserciti; e gli uomini si stiano in cucina o a filare. Rispose il Magnifico pur ridendo: Forse che questo ancora non sarebbe male; poi sog. giunse: Non sapete voi che Platone, il quale in vero non era molto amico delle donne, dà loro la custodia della città, e tutti gli altri offi. cii marziali dà agli uomini? Non credete voi che molte se ne trovassero che saprebber così ben governar le città e gli eserciti, come si faccian gli uomini? ma io non ho lor dati questi officii, perchè formo una donna di palazzo, non una regina. Conosco ben che voi vorreste tacitamente rinnovar quella falsa calunnia che ieri diede il signor Ottaviano alle donne ; 'cioè, che siano animali imperfettissimi, e non capaci di far atto alcun virtuoso; e di pochissimo valore e di niuna dignità, a rispetto degli uomini; ma in vero, ed esso e voi sareste in grandissimo errore se pensaste questo.

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