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credibile che continuasse in antare lei, e così le mancherebbero molte grazie, e massimamente quella servitù e riverenza con la quale osservano gli amanti la virtù delle donne amate. Di questo, rispose il Magnifico, non la voglio consigliare io; dico ben che lo amar, come voi ora intendete, estimo che convenga solamente alle donne non maritate; e che ella ami uno col quale possa maritarsi; e voglio insegnarle auche una regola universale con poche parole, acciocchè ella possa ancora con poca fatica tenerla a memoria; e questa è che ella non faccia di mostrazioni che potessero indur nell' animo di chi la osserva speranza di conseguir da lei cosa alcuna disonesta. Però voglio che la mia donna di palazzo coi meriti e virtuosi costumi suoi, con la venusta, con la grazia, induca nell'ani mo di chi la vede quell'amor vero che si deve a tutte le cose amabili, e quel rispetto che leva sempre la speranza a chi pensa a cosa disonesta; ed io a così fatta donna non saprei aggiun ger cosa alcuna se non ch' ella fosse culta da .così eccellente cortigiano, come hanno formato questi signori, ed ella lui osservasse, per poi, come già dissi, lecitameute potersi unire in matrimonio.

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Avendo infin qui detto il signor Magnifico taceasi; quando il signor Gasparo, Or, disse, non potrete già dolervi che 'l signor Magnifico non abbia formato la donna di palazzo eccellentissima, e da mo se una tal se ne trova, io dico ben che ella merita esser estimata eguale al Cortigiano. Rispose la signora Emilia: lo m' obbligo trovarla sempre che voi troverete il cortigiano. Soggiunse M. Roberto: Veramente negar ou si può che la donna formata dal signor Ma guifico non sia perfettissima; nieuledimeno in

queste ultime condizioni appartenenti allo amore, parmi pur che esso l'abbia fatta un poco troppo austera, massimamente volendo che con le parole, gesti e modi suoi ella levi in tutto la speranza allo amante.

Allora il signor Magnifico, Non voglio, disse, che la mia donna di palazzo levi la speranza di ogui cosa, ma delle cose disoneste, le quali se il cortigiano sarà tanto cortese e discreto, come l'hanno formato questi signori, non solamente non le spererà, ma pur non le desidererà, perchè se la bellezza, i costumi, l'ingegno, la bontà, il sapere, la modestia, e tante altre virtuose condizioni che alla donna abbiamo date, saranno la causa dell' estimazion del cortigiano verso lei, necessariamente il fin ancora di questa estimazione sarà virtuoso (1); e se la mia donna di palazzo non avrà amori mossi da mala speranza, non per questo ne resterà senza, perche non le mancherau quei che saranno mossi e dai meriti e dalla confidenza del valore di sè stessi, per lo quale si conosceran degni d' essere da lei amati. M. Roberto pur contraddicea, ma la signora Duchessa gli diede torto, conferImando la ragion del signor Magnifico; poi soggiunse: Noi non abbiam causa di dolersi del signor Magnifico, perchè in vero estimo che la donna di palazzo da lui formata possa star al paragon del cortigiano, ed ancor con qualche vantaggio; perchè le ha insegnato ad amare, il che non han fatto questi signori al lor cortigiauo.

(1) Cioè non altro che, nubili essendo ambedue, si congiungano, come già si disse, in matrimonio.

Si propone l'argomento del quarto libro, e si dà Pimpresa di ragionare al signor Ottaviano Fregoso.

Quivi facendo ognuno, disse il signor Otta

viano: Lasciamo oramai sì pericoloso argomen to, poichè emmi dispiaciuta tauta contenzione, non perchè m'increscesse vederne la vittoria in favor delle donne, ma perchè ha indotto il si gnor Gasparo e il Frigio a calunniarle più che non dovea, e 'l signor Magnifico a lodarle forse un poco più che 'l debito; oltre che per la lunghezza del ragionamento, abbiamo perduto d'intender molt' altre belle cose che restavano a dırsi del cortigiano. Eccovi, disse la siguora Emilia, che pur siete nostro avversario; e perciò vi dispiace il ragionamento passato; nè vorreste che si fosse formata questa così eccellente donna di palazzo; non perche vi fosse altro che dire sopra il cortigiano (perchè già questi signori han detto quanto sapevano, nè voi, credo, ne altri potrebbe aggiungervi più cosa alcuna ), ma per la invidia che avete all' onor delle donne. Certo è, rispose il siguor Ottaviano, che oltre alle cose dette sopra il cortigiano, io ne desidererei molte altre; pur poichè ognun si conteuta, che ei sia tale, io ancora me ne contento, nè in altra cosa lo muterei, se non in farlo un poco più amico delle donne che non è il signor Gasparo e'l Frigio, ma forse non tanto quanto è alcuno di questi altri signori. Allora la signora Duchessa, Bisogna, disse, in ogni modo, che noi veggiamo se l'ingegno vostro è tanto che basti a dar maggior perfezione al cortigiano che non han da to questi siguori. Però siate contento di dir ciò

IL CORTIGIANO LIBRO TERZO

e

295 che n' avete in animo; altrimenti noi penseremo che nè voi ancora sappiate aggiungergii più di quello che s' è detto, ma che abbiate voluto detrarre alle lodi della donna di palazzo, parendo vi ch'ella sia eguale al cortigiano, il quale perciò voi vorreste che si credesse che potesse esser molto più perfetto che quello che hanno formato questi signori. Rise il signor Ottaviano, disse: Le lodi e i biasimi dati alle donne più del debito, hanno tanto piene l'orecchie e l'animo di chi ode, che non han lasciato luogo che altra cosa star vi possa. Adunque, disse la signora Duchessa, aspettando insino a domani avremo più tempo; e quelle lodi e biasimi ché voi dite essere stati dati alle donne dell' una parte e dell' altra, troppo eccessivamente, frat auto usciranno dell'animo di questi signori, di modo che pur saranno capaci di quella verità che voi direte. Così parlando la signora Duchessa, levossi in piedi, e cortesemente donando licenza a futti, si ritrasse nella stanza sua più secreta, ed ognuno si fu a dormire.

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CAPO PRIMO.

Proemio intorno la morte d' alcuni, e l'esalta mento d'altri gentiluomini che intervennero ai ragionamenti di quest' opera.

Pensando io di scrivere i ragionamenti che la quarta sera, dopo le narrate nei precedenti libri, s'ebbero, sento tra varii discorsi,

uno

amaro pensiero che nell'animo mi percuote, e delle miserie umane e nostre speranze fallaci ricordevole mi fa; e come spesso la fortuna a mezzo il corso, talor presso al fine, rompa i nostri frágili e vani disegni, talor li sommerga prima che pur veder da lontano possano il por to, Tornami adunque a memoria che non molto tempo dappoi che questi ragionamenti passaro. no, privò morte importuna la casa nostra di tre rarissimi gentiluomini, quando di prospera eta e speranza d'onore più fiorivano; e di questi il primo fu il siguor Gasparo Pallavicino, il quale essendo stato da una acuta infermità combattuto, e più che una volta ridotto all' estremo, benchè l'animo fosse di tanto vigore, che per un tempo tenesse gli spiriti in quel corpo a dispetto di morte, pur in età molto immatura fornì il suo natural corso; perdita grandissima non solamente nella casa nostra, ed agli amici e parenti suoi, ma alla patria ed a tutta la Lombardia. Non molto appresso mori M. Cesare Gonzaga, il quale a tutti coloro che aveano di lui notizia, lasciò acerba e dolorosa memoria della sua morte; perchè producendo

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