Immagini della pagina
PDF
ePub

IL CORTIGIANO LIBRO QUARTO

30g

che tutti gli altri animali. Onde Prometeo (1) rubò quella artificiosa sapienza da Minerva e da Vulcano, per la quale gli uomini trovano il vivere; ma non aveano però la sapienza civile di congregarsi insieme nelle città, e saper vivere moralmente, per esser questa nella rocca di Giove guardata da custodi sagacissimi, i quali tanto spaventano Prometeo, che non osano loro accostarsi; onde Giove, avendo compassione alla miseria degli uomini, i quali non potendo star uniti per mancamento della virtù civile, erano lacerati dalle fiere, mandò Mercurio in terra a portar la giustizia e la vergogna, acciocchè queste due cose ornassero la città, e collegassero insiemei cittadini; e volle che a quelli fosser date non come l'altre arti, nelle quali un perito basta per molti ignoranti, come è la medicina, ma che in ciascun fossero impresse; e ordinò una legge, che tutti quelli che erano senza giustizia e vergogna, fossero, come pestiferi alle città, esterminati e morti. Eccovi adunque, signor Ottaviano, che queste virtù son da Dio concesse agli uomini, e non s'imparano, ma sono naturali.

Allor il signor Ottaviano, quasi ridendo, Voi adunque, signor Gasparo, disse, volete che gli uomini sian così infelici, e di così perverso giudizio che abbiano con industria trovato arte

[ocr errors]

per far mansneti gl' ingegni delle fiere, orsi, lupi, leoni, e possano con quella insegnare ad un vago augello volar ad arbitrio dell' uomo, e

(1) Epimeteo e Prometeo, figliuoli di Giapeto, erano amendue fabbricatori d' uomini. Il primo formò di terra e d'acqua gli uomini stupidi e imprudenti, i secondo gl'ingegnosi e prudenti. Prometeo, aiutato da Minerva, era volato al cielo, e vi avea rubato dal sole il fuoco con cui animo l'uomo da lui composto.

tornar dalle selve, e dalla sua natural libertà volontariamente ai lacci ed alla servitù; e con la medesima industria non possano, o non vogliano trovar arti con le quali giovino a sè stessi, e con diligenza e studio faccian l'animo lo ro migliore? Questo ( al parer mio) sarebbe come se i medici studiassero con ogni diligenza d'avere solamente l'arte da sanare il mal del l' unghie, e lo lattume dei fanciulli, e lasciassero la cura delle febbri, della pleurisia e del l'altre infermità gravi; il che quanto fosse fuor di ragione, ognuno può considerare.

Estimo io adunque che le virtù morali in noi non siano totalmente da natura, perchè niuna cosa si può mai assuefare a quello che le è na turalmente contrario; come si vede d' un sasso, il qual se ben diecimila volte fosse gittato all'insù, mai non s'assuefarebbe andarvi da se. Però se a noi le virtù fossero così naturali come la gravità del sasso, non ci assuefaremmo mai al vizio. Nè meno sono i vizii naturali di questo modo, perchè non potremmo mai esser virtuosi; e troppo iniquità e sciocchezza sarebbe castigar gli uomini di que' difetti che procedessero da natura senza nostra colpa; e questo error commetterebbero le leggi, le quali non danno supplicio ai malfattori per l'error passato, perchè non si può far che quello che è fat to, non sia fatto, ma hanno rispetto all' avve nire, acciocche chi ha errato, non erri più, ovvero col mal esempio non dia causa ad altruis d'errare; e così pur estimano che le virtù im parar si possano ; il che è verissimo, perchè noi siamo nati atti a riceverle, e medesimamente i vizii; e però dell'uno e l'altro in noi si fa l'a bito con la consuetudine; di modo che prima operiamo le virtù o i vizii, poi siamo virtuosi

oviziosi. Il contrario si conosce nelle cose che ci son date dalla natura; che prima abbiamo la potenza d'operare, poi operiamo; come è nei sensi; che prima possiamo vedere, udire, toccare, poi vediamo, udiamo e tocchiamo; beuchè però ancora molte di queste operazioni şi adornano con la disciplina. Onde i buoni peda goghi non solamente insegnano lettere ai fanciulli, ma ancora buoni modi ed onesti, net mangiare, bere, parlare, andare con certi ge sti accomodati. Però, come nell' altre arti, cosi ancora nelle virtù è necessario aver maestro, il quale con dottrina e buoni ricordi, susciti e risvegli in noi quelle virtù morali, delle quali abbiamo il seme incluso e sepolto nell'anima; e come buono agricoltore le coltivi, e loro apra la via, levandoci d'intorno le spine e'l loglio degli appetiti, i quali spesso tanto adombrano e soffocan gli animi nostri, che fiorir non li lasciano, nè produr quei felici frutti che soli si dovrebbero desiderar che nascessero nei cuori umani. Di questo modo adunque è natural in ciascun di noi la giustizia e la vergogna, la qual voi dite che Giove mandò iu terra a tutti gli uomini ma siccome un corpo Senza occhi, per robusto che sia, se si muove ad un qualche termine spesso falla, così la radice di queste virtù potenzialmente ingiunte negli animi nostri, se non è aiutata dalla disciplina, spesso si risolve in nulla; perchè se si deve ridurre in atto, ed all'abito suo perfetto, on si contenta (come s'è detto) della natura ola, ma ha bisogno della artificiosa consuetudine e della ragione, la quale purifichi e diluidi quell' anima, levandole il tenebroso velo ella ignoranza, dalla qual quasi tutti gli erro i degli uomini procedono: che se il bene e 'I

male fossero ben conosciuti ed intesi, ognuno sempre eleggerebbe il bene e fuggirebbe il nale. Però la virtù si può quasi dir una pruderza ed un saper eleggere il bene, e'l vizio una imprudenza ed ignoranza che induce a giudica falsamente; perchè non eleggono mai gli uomi ni il male con opinion che sia inale, ma si in gaunano per una certa similitudine di bene.

CAPO IV.

Se i vizii provengano dall' ignoranza,
o dall' appetito.

Rispose allora il signor Gasparo: Son per

molti i quali conoscono chiaramente che fann male, e pur lo fanno; e questo, perchè esti mano più il piacer presente che sentono, ch il castigo che dubitan che gliene abbia da v nire; come i ladri, gli omicidi ed altri tali.

Disse il signor Ottaviano: Il vero piacere sempre buono, e 'l vero dolor malo; però qu sti s' ingannano, togliendo il piacer falso per vero, e 'l vero dolor per lo falso; onde spes per i falsi piaceri incorrono nei veri dispiace Quell'arte adunque che insegna a discerner q ste verità dal falso, pur si può imparare, e virtù, per la quale eleggiamo quello che è ramente bene, non quello che falsamente ess appare, si può chiamar vera scienza, e giovevole alla vita umana che alcun'altra, p chè leva la ignoranza, dalla quale (come detto) nascono tutti i mali. Aflora M. Pie Bembo, Non so, disse, signor Ottaviano, co consentir vi debba il signor Gasparo che da ignoranza nascano tutti i mali; e che non no molti i quali, peccando, sauno verame

che peccano, nè s' ingannano punto nel vero piacere, nè ancor nel veró dolore; perchè certo è che quei che sono incontinenti, giudican con ragione e diriltamente, e sanno che quello a che dalle cupidità sono stimolati contra il dovere, è male; e però resistono e oppongon la ragione all' appetito; onde ne nasce la battaglia del piacer e del dolore contra il giudicio; in ultimo la ragion, vinta dall' appetito troppo possente, s'abbandona; come nave per uno spazio di tempo si difende dalle procelle di mare, al fin percossa da troppo furioso impeto dei venti, spezzate l'ancore e sarte, si lascia trasportar ad arbitrio di fortuna senza operar timone o magisterio alcuno di calamita per salvarsi. Gl' incontinenti adunque commetton gli errori con un certo ambiguo rimorso, e quasi al lor dispetto; il che non farebbero se non sapessero che quel che fanno è male, ma senza contrasto di ragio. ne andrebbero totalmente profusi dietro all'appetito, ed allor non incontinenti, ma intemperanti sarebbero; il che è molto peggio; però la incontineuza si dice esser vizio diminuito, perchè ha in sè parte di ragione ; e medesimamen te la continenza, virtù imperfetta, perchè ha in sè parte d' affetto: perciò in questo parmi che non si possa dir che gli errori degli inconfinenti procedano da ignoranza, o che essi s'ingannino, e che non pecchino, sapendo che ve ramente peccano. Rispose il signor Ottaviano : In vero, M. Pietro, l'argomento vostro è buono ; nientedimeno, secondo me, è più apparente che vero, perchè, benche gli incontinenti pecchino con quella ambiguità, e che la ragione nell'animo loro contrasti con l'appetito, e lor paia che quel che è male, sia male, pur non ne hanno perfetta cognizione, nè lo sanno così inCastiglione fasc. 105.

14

« IndietroContinua »