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da natura che meritassero esser fatti servi, con intenzion di governarli bene, e dar loro l'ozio e il riposo e la pace; e a questo fine ancora debbono essere indirizzate le leggi e tutti gli ordini della giustizia col punir i mali, non per odio, ma perchè non siano mali, ed acciocchè non impediscano la tranquillità dei buoni; perchè in vero è cosa enorme e degna di biasimo, nella guerra (che in sè è mala) mostrarsi gli uomini valorosi e savii, e nella pace e quiete, che è buona, mostrarsi ignoranti, e tanto dappoco, che non sappiano godere il bene. Come adunque nella guerra debbono intender i popoli nelle virtù utili e necessarie, per conseguirne il fine, che è la pace, cosi nella pace, per conseguirne ancor il suo fine, che è la tranquillità, debbono intendere nelle oneste, le quali sono il fine delle utili; ed in tal modo i sudditi saranno buoni, e 'l principe avrà molto più da lodare e premiare che da castigare; e'l dominio per li sudditi e per lo principe, sarà felicissimo, non imperioso, come il padrone al servo ma dolce e placido, come di buon padre a buon figliuolo. Allor il signor Gasparo, Volontieri, disse, saprei quali sono queste virtù utili e necessarie nella guerra, e quali le oneste nella pace. Rispose il signor Ottaviano: Tutte son buone e giovevoli, perchè tendono a buon fine; pur nella guerra precipuamente val quella vera fortezza che fa l'animo esente dalle passioni, talmente che non solo non teme i pericoli, ma pur non li cura; medesimamente la costanza, e quella pazienza tollerante con l'animo saldo ed imperturbato a tutte le percosse di fortuna. Conviensi ancora nella guerra, e sempre, aver tutte le virtù che tendono all' onesto, come la giustizia, la continenza, la temperanza, ma molto più

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nella pace e nell' ozio; perchè spesso gli uomini posti nella prosperità e nell' ozio, quando la fortuna seconda loro arride, divengono ingiusti, intemperati e lasciansi corrompere dai piaceri; però quelli che sono in tale stato, hanno gran. dissimo bisogno di queste virtù, perchè l'ozio troppo facilmente induce mali costumi negli ani mi umani, Onde anticamente si diceva in proverbio che ai servi non si dee dar ozio; e crede si che le piramidi d'Egitto fossero fatte per tener i popoli in esercizio; perchè ad ognuno lo essere assueto a tollerar fatiche è utilissimo.

Sono ancor molte altre virtù tutte giovevoli, ma basti per or l'aver detto insin qui, che s'io sapessi insegnar al mio principe, ed instituirlo di tale e così virtuosa educazione, come abbiamo disegnato, facendolo, senza più mi crederei assai bene aver conseguito il fine del buon corti i giano.

CAPO X.

Se la virtù si debba introdur nell' animo prima colla ragione, o colla consuetudine.

Allora il signor Gasparo, Signor Ottaviano, disse, perchè molto avete lodato la buona edu. cazione e mostrato quasi di credere che questa sia la principal causa di far l'uomo virtuoso e buono, vorrei sapere se quella instituzione che ha da far il cortigiano nel suo principe, deve esser cominciata dalla consuetudine, e quasi dai costumi cotidiani, i quali, senza che esso se ne avvegga, lo assuefacciano al ben fare, o se pur se gli deve dar principio col mostrargli con ragione la qualità del bene e del male, e con fargli conoscere, prima che si metta in cammino, qual sia la buona via, e da seguitare, e quale la

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ala, e da fuggire; in somma se in quell' animo deve prima introdurre e fondar la virtù con la gione ed intelligenza, ovver con la consuetuine. Disse il signor Ottaviano; Voi mi mettete troppo lungo ragionamento; pur acciocchè on vi paia ch' io manchi per non voler risponHere alle dimande vostre, dico, che secondo che animo e 'l corpo in noi sono due cose, così ncora l'anima è divisa in due parti, delle quali una ha in sè la ragione, l'altra l'appetito. Come adunque nella generazione il corpo precele l'anima, cosi la parte irrazionale dell' anima recede la razionale; il che si comprende chiaamente nei fanciulli, ne' quali, quasi subito he son nati, si vedono l'ira e la concupiscena, ma poi con ispazio di tempo appare la raione. Però devesi prima pigliare cura del corDo che dell'anima, poi prima dell'appetito, che lella ragione; ma la cura del corpo per rispeto dell'anima, e dell'appetito, per rispetto dela ragione: chè secondo che la virtù intellettiva i fa perfetta con la dottrina, così la morale si a con la consuetudine. Devesi adunque far >rima la erudizione con la consuetudine, la jual può governare gli appetiti non ancora capaci di ragione, e con quel buon uso indrizzarli l bene; poi stabilirli con la intelligenza, la quale benchè più tardi mostri il suo lume, pur a modo di fruir più perfettamente le virtù a hi ha bene instituito l'animo dai costumi, nei quali (al parer mio) consiste il tutto.

Altri documenti indirizzati a formare il buo principe. Si parla d'alcuni principi ed eroi,

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Disse isse il signor Gasparo: Prima che passia te più avanti, vorrei saper che cura si dere aver del corpo, perchè avete detto che prima dobbiamo averla di quello che dell'anima. Di mandatene, rispose il signor Ottaviano ridende a questi, che lo nutriscon bene e son grassi freschi, chè 'l mio (come vedete) non è tropp ben curato: pur ancora di questo si potrebbe dir largamente; come del tempo convenient. del maritarsi, acciocchè i figliuoli non fosser troppo vicini, nè troppo lontani alla età pater na degli esercizii e della educazione, subito ch sono nati, e nel resto della età, per farli bu disposti, prosperosi e gagliardi. Quelli poch documenti ch' io ho detti forse potrebbero b stare per far un principe buono, come posso esser quelli che si usano oggidi; benchè c volesse veder la cosa più minutamente, avreb ancor molto più che dire. Soggiunse la signo Duchessa Poichè non ci costa altro che par le, dichiarateci per vostra fè tutto quello c vi occorrerebbe in animo da insegnar al vost principe. Rispose il signor Ottaviano: Molte tre cose, signora, gl'insegnerei, par che io sapessi; e tra l'altre che dei sudditi elegges un numero di gentiluomini, e dei più nobili savii, coi quali consultasse ogni cosa, e la desse autorità e libera licenza che del tut senza riguardo dir gli potessero il parer lor e cou essi tenesse tal maniera che tutti s'a corgessero che d'ogni cosa saper volesse la v rità, ed avesse in odio ogni bugia; ed oltre

IL CORTIGIANO LIBRO QUARTO

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esto consiglio popolare, comunicasse col conglio de' nobili le occorrenze della città apparenenti al pubblico ed al privato; ed in tal odo si facesse del principe, come di capo, e ei nobili e dei popolari, come dei membri, un orpo solo unito insieme; il governo del quale ascesse principalmente dal principe, nientedineno participasse ancora degli altri; e così vrebbe questo stato forma di tre governi buoai, che è il regno, gli ottimati e 'l popolo. Appresso gli mostrerei che delle cure che al principe s'appartengono, la più importante è quella della giustizia; per la conservazione della quale si debbono eleggere nei magistrati i savii e gli approvati uomini; la prudenza de'quali sia vera prudenza accompagnata dalla bontà, perchè altrimenti non è prudenza, ma astuzia; e quando questa bontà manca, sempre l'arte e sottilità dei causidici non è altro che ruina e calamità delle leggi e dei giudizii; e la colpa d'ogni loro errore si ha da dare a chi gli ha posti in officio. Direi come dalla giustizia ancora dipende quella pietà verso Iddio che è debita a tutti, se massimamente ai principi, i quali debbon amarlo sopra ogni altra cosa ed a lui, come al vero fine, indrizzar tutte le loro azioni, e, come dicea Senofonte, onorarlo ed amarlo sempre, ma molto più quando sono in prosperità, per aver poi più ragionevolmente confidenza di domandargli grazia quando sono in qualche avversità perchè impossibile è governar bene nè sè stesso, nè altrui, senza aiuto di Dio; il quale ai buoni alcuna volta manda la seconda fortuna per ministra sua, che li rilevi da gravi pericoli, talor l'avversa per non li lasciar addormentare nelle prosperità tanto che si scordino di lui, O della prudenza umana, la quale corregge spesso

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