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la mala fortuna; come buon giuocatore, i trat mali de'dadi col menar ben le tavole. Non la scerei ancora di ricordare al principe che fosse veramente religioso, non superstizioso, nè dato alle vanità d'incanti e vaticinii; perchè aggiu gendo alla prudenza umana la pietà divina, e la vera religione, avrebbe ancora la buona for tuna, e Dio protettore; il qual sempre gli a crescerebbe prosperità in pace ed in guerra Appresso direi come dovesse amar la patria e popoli suoi, tenendoli non in troppo servitù per nou si far loro odioso; dalla qual cosa na scono le sedizioni, le congiure, e mille altri mali; nè meno in troppa libertà, per non esser vilipeso; da che procede la vita licenziosa e dissoluta dei popoli, le rapine, i furti, gli omcidii senza timor alcuno delle leggi, e spesso h ruina ed esizio totale delle città e dei regni Appresso, come dovesse amare i propinqui d grado in grado, servando tra tutti in certe cos una pari equalità, come nella giustizia e nell liberalità ed in alcune altre una ragionevol inequalità, come nell'esser liberalę, nel remune rare, nel distribuir gli onori, e le dignità secon do la inequalità dei meriti; i quali sempr debbono non avanzare, ma esser avanzati dall rimunerazioni; e che in tal modo sarebbe, no che amato ma quasi adorato dai sudditi; n bisognerebbe che esso per custodia della vit sua si commettesse a forestieri: chè i suoi pe utilità di sè stessi con la propria la custodirel bero, ed ognun volontieri obbedirebbe alle leggi quando vedessero che esso medesimo obbedisse e fosse quasi custode ed esecutore incorruttibil di quelle: ed in tal modo, circa questo, darebb così ferma impression di sè, che se ben talo occorresse contraffarle in qualche cosa, ognu

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conoscerebbe che si facesse a buon fine, e 'l medesimo rispetto e riverenza si avrebbe al voler suo che alle proprie leggi; e così sarebbero gli animi dei cittadini talmente temperati, che buoni non cercherebbero aver più del bisogno, e i mali non potrebbero; perchè molte volte le eccessive ricchezze son causa di gran ruina; come nella povera Italia, la quale è stata, e tuttavia è preda esposta a genti strane, sì per il mal governo, come per le molte ricchezze di che è piena; però ben sarebbe che la maggior parte dei cittadini fossero nè molto ricchi, nè molto poveri, perchè i troppo ricchi spesso divengon superbi e temerarii: i poveri, vili e fraudolenti; ma i mediocri non fanno insidie agli altri, e vivono securi di non essere insidiati: ed essendo questi mediocri maggior numero sono ancora più potenti ; e però nè i poveri, nè i ricchi possono cospirar contra il principe, ovvero contra gli altri, nè far sedizioni; onde per ischifar questo male, è saluberrima cosa mantenere universalmente la mediocrità. Direi adunque che usar dovesse questi e molti altri opportuni rimedii; perchè nella mente dei sudditi non nascesse desiderio di cose nuove e di mutazione di stato il che per il più delle volte fanno o per guadagno, ovveramente per onore che sperano, o per danno, ovveramente per vergogna che temono; e questi movimenti negli animi loro son generati talor dall' odio e sdegno, che li dispera per le ingiurie e contumelie che son lor fatte per avarizia, superbia e crudeltà, o libidine dei superiori, talor dal vilipendio che vi nasce per la negligenza e viltà e dappocaggine de' principi; ed a questi due errori devesi occorrere con l'acquistar dai popoli l'amore e l'autorità; il che si la col beneficare ed onorare i buoni, e rimedia

re prudentemente, e talor con severità, che i mali e sediziosi non diventino potenti; la qual cosa è più facile da vietar prima che siano dive. nuti, che levar loro le forze, poi che l'hanno acquistate e direi che per vietar che i popoli non incorrano in questi errori, non è miglior via che guardarli dalle male consuetudini, e massimamente da quelle che si mettono in uso a poco a poco; perchè sono pestilenze secrete, che corrompono le città, prima che altri, non che rimediare, ma pur accorger se ne possa. Con tali modi ricorderei che il principe procurasse di conservare i suoi sudditi in istato tranquillo, e dar loro i beni dell' animo e del corpo e della fortuna; ma quelli del corpo e della fortuna, per poter eserci tar quelli dell' animo, i quali quanto son maggiori, e più eccessivi, tanto son più utili; il che non interviene di quelli del corpo, nè della fortúna. Se adunque i sudditi fossero buoni e valorosi, e ben indirizzati al fin della felicità sarebbe quel principe grandissimo signore; perchè quello è vero, e gran dominio, sotto il quale i sudditi sono buoni, e ben governati e ben comandati.

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Allora il signor Gasparo, Penso io, disse, picciol signor sarebbe quello sotto'l quale tutti sudditi fossero buoni, perchè in ogni luogo son pochi i buoni. Rispose il signor Ottaviano: Se una qualche Circe (1) mutasse in fiere tutti i sudditi del re di Francia non vi parrebbe che piccol signor fosse, se ben signoreggiasse tante migliaia d' animali? e per contrario, se gli ar— ▾ menti che vanno pascendo solamente su per

(1) Circe, strega famosa, cacciata da' Sarmati, cui tirannicamente comandava, ricoverossi in Italia, Mutava in fiere queli che s' immergevano nelle sue delizie: sorte che to ccò ai compagni di Ulisse.

questi nostri monti, divenissero uomini savii e valorosi cavalieri, non estimereste voi che quei che li governassero, e da essi fossero obbediti, fossero di pastori divenuti gran signori? Vedete adunque che non la moltitudine dei sudditi, ma il valor fa grandi i principi.

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Erano stati per buono spazio attentissimi al ragionamento del signor Ottaviano la signora duchessa, e la signora Emilia, e tutti gli altri, ma avendo quivi esso fatto un poco di pausa, come d' aver dato fine al suo ragionamento disse M. Cesare Gonzaga: Veramente, signor Ottaviano, non si può dire che i documenti vostri uon siano buoni ed utili, nondimeno io crederei che se voi formaste con quelli il vostro principe, più presto meritereste nome di buon maestro di scuola, che di buon cortigiano; ed esso più presto di buon governatore, che di gran principe. Non dico già che cura dei signori non debba essere che i popoli siano ben retti con giustizia, e buone consuetudini; nientedimeno ad essi parmi che basti eleggere buoni ministri per eseguir queste tai cose, e che 'l vero officio loro sia poi molto maggiore. Però s' io mi sentissi esser quell' eccellente cortigiano che hanno formato questi signori, ed aver la grazia del mio principe, certo è ch' io non lo indurrei mai a cosa alcuna viziosa 2 ma per conse. guir quel buon fine che voi dite ed io confermo dover esser il frutto delle fatiche ed azioni del cortigiano, cercherei d'imprimergli nell'animo una perfetta grandezza, con quello splendor regale, e con una prontezza d'animo e valore invitto nell' arme, che lo facesse ama. re e riverir da ognuno, di tal sorte, che per questo principalmente fosse famoso e chiaro al mondo. Direi ancor che compagnar dovesse con Castiglione, fasc. 105.

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la grandezza una domestica mansuetudine, con quella umanità dolce ed amabile, e buona maniera d' accarezzare, e i sudditi e gli stranieri discretamente, più e meno, secondo i meriti, servando però sempre la maestà conveniente a grado suo, che non gli lasciasse in parte alc na diminuire l'autorità per troppa bassezza nè meno gli concitasse odio per troppo auste ra severità; dovesse esser liberalissimo e splen dido, e donar ad ognuno senza riservo: perchè Dio (come si dice) è tesoriere dei princi pi liberali; far conviti magnifici, feste, giuo chi, spettacoli pubblici; aver gran numero d cavalli eccellenti, per utilità uella guerra, per diletto nella pace; falconi, cani e tutte k altre cose che s' appartengono ai piaceri da gran signori e dei popoli: come a' nostri dì ab biamo veduto fare il signor Francesco Gonzaga marchese di Mantova, il quale a queste cose par più presto re d' Italia, che signor d'una città. Cercherei ancor d'indurlo a far magni e dificii, e per onor vivendo, e per dar di s memoria ai posteri; come fece il duca Federic in questo nobil palazzo, ed or fa papa Giuli nel tempio di San Pietro, e quella strada ch va da Palazzo al diporto di Belvedere (1), molti altri edificii; come faceano ancora gli an tichi Romani, di che si vedono tante reliqui a Roma ed a Napoli, a Pozzuolo, a Baia, a C vità Vecchia, a Porto, ed ancor fuor d'Italia tanti altri luoghi, che son gran testimonio d valor di quegli animi divini. Così ancor fed Alessandro Magno; il qual, non contento del

(1) Fu costruito per ordine di papa Giulio II dal celebre a chitetto Bramante. Sist» Quinto in seguito vi fe' innalzare u sala in cui trasporto biblioteca Vaticana, distruggendo quad avea divisato l'architetto.

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