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già era macchiato, non volle operarvi i modi della cortigiania, parendogli che dovessero esser tutti indarno. Il che ancora deve fare il nostro cortigiano, se per sorte si trova a servizio di principe di così mala natura, che sia inveterato nei vizii, come i tisici nella infermità; perchè in tal caso deve levarsi da quella servitù, per non portar biasimo dalle male opere del suo signore, e per non sentir quella noia che senton tutti i buoni che servono ai mali. Quivi, essendosi fermato il signor Ottaviano di parlare, disse il signor Gasparo: Io non aspettava già che 'l nostro cortigiano avesse tanto d' onore; ma poichè Aristotele e Platone son suoi compagni, penso che niun più debba sdegnarsi di questo nome. Non so già però s'io mi creda che Aristotele e Platone mai danzassero, o fossero musici in loro vita, o facessero altre opere di cavalleria. Rispose il signor Ottaviano: Non è quasi lecito immaginar che questi due spiriti divini non sapessero ogni cosa; e però creder si può che operassero ciò che s'appartiene alla cortigiania, perchè, dove lor occorre, ne scri. vouo di tal modo, che gli artefici medesimi dalle cose da loro scritte conoscono che le intendevano insino alle midolle, ed alle più intime radici. Onde non è da dir al cortigiano, o institutor del principe (come lo vogliate chiamare), il qual tenda a quel buon fine che abbiamo detto, non si convengan tutte le condizioni attribuitegli da questi signori, ancorchè fosse severissimo filosofo, e di costumi santissimo, perchè non repugnano alla bontà, alla discrezione, al sapere, al valore, in ogni età, e in ogni tempo e luogo.

Si dà incarico a Pietro Bembo di parlare
di varie specie d'amore.

Allora il signor Gasparo, Ricordomi, disse,

che questi signori iersera, ragionando delle condizioni del cortigiano, vollero ch' egli fosse innamorato; e perchè, riassumendo quello che si è detto insin qui, si potrebbe cavar una conclusione che 'l cortigiano, il quale col valore e autorità sua ha da indur il principe alla virtù, quasi necessariamente bisogna che sia vecchio; perchè rarissime volte il saper viene innanzi agli anni, e massimamente in quelle cose che s'imparano con la esperienza; non so come, essendo di età provetto, se gli convenga l' essere innamorato, atteso che l'amor ne' vecchi è biasimevole; e quelle cose che ne' giovani son cortesie e attillature in essi son pazzie e inezie ridicole; e a chi le usa, partoriscono odio dalle donne e beffe dagli altri. Però se questo vostro Aristotile, cortigian vecchio, fosse innamorato e facesse quelle cose che fanno i giovani innamo rati, come alcuui che n' abbiamo veduti a' di nostri, dubito che si scorderebbe d'insegnar al suo principe; e forse i fanciulli gli farebbon dietro la baia, e le donne non ne trarrebbon altro piacere, che di burlarlo. Allora il signor Ottaviano, Poichè tutte l' altre condizioni, disse, attribuite al cortigiano, se gli confanno,

ancora

che egli sia vecchio, non mi par già che dobbiamo privarlo d' amare. Anzi, disse il signor Gasparo, levargli questo amare, è una perfezion di più, è un farlo vivere felicemente fuor di miseria e calamità. Disse M. Pietro Bembo : Ma, signor Gasparo, il nostro cortigiano, ancora

che vecchio, amando, amerebbe forse d'un modo, che non solamente non gli porterebbe biasimo alcuno, ma molta lode e somma felicità, nou compagnata da fastidio alcuno; e non lascierebbe d'insegnare al suo principe, nè farebbe cosa che meritasse la baia da' fanciulli.

Allor la signora duchessa, Piacemi, disse, M. Pietro, che voi questa sera abbiate avuto poca fatica nei nostri ragionamenti, perchè ora con più sicurtà v'imporremo la carica di parlare, e insegnar al cortigiano questo così felice amore, che non ha seco biasimo alcuno, che forse sarà una delle più importanti e utili con dizioni che per aucora gli siano attribuite; però dite, per vostra fè, tutto quello che ne sapete. Disse M. Pietro: Veramente signora, avendo io da parlar di questa materia, bisognerebbemi an dar a domandar consiglio. Allor la signora Emilia, quasi turbata, M. Pietro, disse, non è alcuno nella compagnia che sia più disobbediente di voi, però sarà ben che la signora duchessa vi dia qualche castigo. Disse M. Pietro, ridendo: Non vi adirate meco, signora, per amor di Dio, che io dirò ciò che voi vorrete. Or dite adunque, rispose la signora Emilia. Allora M. Pietro, avendo prima alquanto taciuto, poi rassettatosi un poco, come per parlar di cosa importante, così disse:

Signori, per dimostrar che i vecchi possano amar senza biasimo, sarammi necessario far un poco di discorso, per dichiarir che cosa è amore; però pregovi ad ascoltarmi con attenzione. Dico adunque che (secondo che dagli antichi savi è diffinito) Amor non è altro che un certo desiderio di fruir la bellezza; e perchè il desiderio non appetisce se non le cose conosciute, bisogna sempre che la cognizion preceda il desi

derio, il quale per sua natura vuole il bene, ma da sè è cieco e non lo conosce; però ha così ordinato la natura che ad ogni virtù conoscente sia congiunta una virtù appetitiva; e perchè nell'anima nostra son tre modi di conoscere, cioè per lo senso, per la ragione e per lo intelletto; dal senso nasce l'appetito, il qual a noi è comune con gli animali bruti; dalla ragione nasce la elezione, che è propria dell' uomo; dall' intelletto per lo quale l'uom può co. municar con gli angeli, nasce la volontà. Così adunque come il senso non conosce se non cose sensibili, l'appetito le medesime solamente desidera; e così come l'intelletto non è volto ad altro che alla contemplazion di cose intelligibili, quella volontà solamente si nutrisce di beni spirituali. L'uomo, di natura razionale, posto come mezzo fra questi due estremi, può, per sua elezione, inclinandosi al senso, ovvero elevandosi allo intelletto, accostarsi ai desideri or dell' una or dell' altra parte. Di questi modi adunque si può desiderar la bellezza; il nome universal della quale si conviene a tutte le cose o naturali o artificiali che son composte con buona proporzione e debito temperamento, quanto comporta la lor natura. Ma, parlando della bellezza che noi intendiamo, che è quella solamente che appar nei corpi, e massimamente nej volti umani, e muove questo ardente desiderio che noi chiamiamo amore, diremo che è un flusso della bontà divina, il quale, benchè si spanda sopra tutte le cose create, come il lume del sole, pur quando trova un volto ben misurato e composto con una certa gioconda concordia di colori distinti e aiutati dai lumi e dall' ombre e da una ordinata distanza e termini di linee, vi s'infonde e si dimostra bellis

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simo; e quel subietto ove riluce, adorna ed illumina d'una grazia e splendor mirabile, a guisa di raggio di sole che percuota in un bel vaso d'oro, terso e variato di preziose gemme; onde piacevolmente tira a sè gli occhi umani, e per quelli penetrando s'imprime nell' anima, e con una nuova soavità tutta la commuove e diletta, ed accendendola, da lei desiderar si fa. Essendo adunque l'anima presa dal desiderio di fruir questa bellezza come cosa buona, se guidar si lascia dal giudicio del senso, incorre in gravissimi errori; e giudica che'l corpo, nel qual si vede la bellezza, sia la causa principal di quella; onde per fruirla estima esser necessario l'unirsi intimamente più che può con quel corpo; il che è falso: e però chi pensa, possedendo il corpo, fruir la bellezza, s'inganna; e vien mosso non da vera cognizione per elezion di ragione, ma da falsa opinion per l'appetito del senso; onde il piacer che ne segue, esso ancora necessariamente è falso e mendoso, però da fuggirsi con ogni possa; chè da siffatto amor sensuale altro non si sente giammai che affanni, tormenti, dolori, stenti, fatiche. Stando adunque questo presupposito, il quale è verissimo, dico che 'l contrario interviene a quelli che sono nella età più matura; chè se questi tali, quando già l'anima non è tanto oppressa dal peso corporeo, e quando il fervor naturale comincia ad intepidirsi, s'accendono della bellezza, e verso quella volgono il desiderio guidato da razional elezione, non restano ingannati e posseggono perfettamente la bellezza; e però dal possederla nasce loro sempre bene, perchè la bellezza è buona e conseguentemente il vero amor di quella è buonissimo e santissimo, sempre produce effetti buoni nell'animo di quel

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