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li, che col fren della ragion correggono la nequizia del senso; il che molto più facilmente i vecchi far possono che i giovani. Non è adunque fuor di ragione il dire ancor che i vecchi amar possano senza biasimo; pigliando però questo nome di vecchio, non per decrepito, nè quando già gli organi del corpo son tanto de bili, che l'animo per quelli non può operar le sue virtù, ma quando il saper in noi sta nel suo vero vigore.

Quivi fece i Bembo un poco di pausa, quasi come per riposarsi; e stando ognun cheto, disse il signor Morello da Ortona: M. Pietro Bembo vuole che i vecchi amino di un certo modo, e in certo modo posseggano questa bellezza che io per me non l'intendo. Credete voi, signor Morello, disse allora il conte Lodovico, che la bellezza sia sempre così buona, come dice M. Pietro Bembo? Io non già, rispose il signor Mo rello. Disse il conte Lodovico: Qualunque sieno le vostre ragioni, fatevi insegnar da M. Pietro Bembo di che modo debban desiderare la bellezza i vecchi, e di che contentarsi

Quivi il conte Lodovico vedendo che messer Morello taceva, disse: Poichè il signor Morello non si cura di saper quello che tanto gl' importa, insegnatelo a me e mostratemi come acquistino i vecchi questa felicità d'amore. Rise M. Pietro, e disse: Io voglio prima levar dell'animo di questi signori l'error loro; poi a voi ancora satisfarò. Così ricominciando, Signori, disse, io non vorrei che col dir mal della bellezza, che è cosa sacra, fosse alcun di noi che come profano e sacrilego incorresse nell'ira di Dio; però acciocchè 'l signor Morello e M. Federico siano ammoniti, e non perdano, come

Stesicoro (1), la vista, che è pena convenientissima a chi disprezza la bellezza, dico che da Dio nasce la bellezza, ed è come circolo di cui la bontà è il centro; e però come non può es ser circolo senza centro, non può esser bellezza senza bontà; onde rare volte mala anima a bita bel corpo, e perciò la bellezza estrinseca è vero segno della bontà intrinseca, e nei corpi è impressa quella grazia più e meno quasi per un carattere dell' anima, per lo quale essa estrinsecamente è conosciuta; come negli alberi, ne' quali la bellezza de' fiori fa testimonio della bontà dei frutti; e questo medesimo interviene nei corpi, come si vede che i fisionomi al vol. to conoscono spesso i costumi e talora i pen. sieri degli uomini: e, che è più, nelle bestie si comprende ancor allo aspetto la qualità dell'animo; il quale nel corpo esprime sè stesso più che può. Pensate come chiaramente nella faccia del leone, del cavallo, dell' aquila si conosce l'ira, la ferocità e la superbia; negli agnelli e nelle colombe una pura e semplice innocenza; la malizia astuta nelle volpi e nei lupi, e così quasi di tutti gli altri animali.

I brutti aduuque per lo più sono ancor mali, e i belli buoni; e dir si può che la bellezza sia la faccia piacevole, allegra, grata e desiderabile del bene; e la bruttezza, la faccia oscura, molesta, dispiacevole e trista del male; e se considerate tutte le cose, troverete che sempre quelle che son buone e utili, hanno ancora grazia di bellezza. Eccovi lo stato di questa gran

(1) Poeta lirico, mentovato da Orazio che, per aver col sna canto biasimato Elena, perdette la luce degli occhi; ma dopo, essendosi disdetto, ricuperolla,

macchina del mondo; la qual, per salute e conservazion d'ogni cosa creata, è stata da Dio fabbricata. Il ciel rotondo, ornato di tanti divini lumi, e nel centro la terra circondata dagli elementi e dal suo peso istesso sostenuta ; il sole che girando illumina il tutto, e nel verno si accosta al più basso segno; poi a poco a poco ascende all' altra parte; la luna che da quello piglia la sua luce, secondo che se gli appropinqua o se gli allontana, e l'altre cinque stelle che diversamente fan quel medesimo corso. Queste cose tra sè han tanta forza per la connession d'un ordine composto così necessariamente, che mutandole per un punto, non potrebbero stare insieme, e ruinerebbe il mondo: hanno ancora tanta bellezza e grazia, che non possono gli ingegni umani immaginar cosa più bella. Pensate or della figura dell' uomo, che si può dir piccol mondo; nel quale vedesi ogni parte del corpo esser composta necessariamente per arte e non a caso, e poi tutta la forma insieme esser bellissima; talchè difficilmente si porria giudicar qual più o utilità o grazia diano al volto umano e al resto del corpo tutte le membra; co. me gli occhi, il naso, la bocca, l'orecchie, le braccia, il petto, e così l'altre parti; il medesimo si può dir di tutti gli animali. Eccovi le penne negli uccelli, le foglie e i rami negli alberi, che dati lor son da natura per conservar l'esser loro, e pur hanno ancor grandissima vaghezza. Lasciate la natura e venite all'arte. Qual cosa tanto è necessaria nelle navi, quanto la prora, i lati, le antenne, l'albero, le vele, il timone, i remi, l'ancore e le sarte? tutte queste cose però hanno tanto di venustà, che par a chi le mira che così sian trovate per piacere, come per utilità. Sostengon le colonne e gli arCastiglione fasc, 105.

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chitravi le alte loggie e palazzi, nè però sono meno piacevoli agli occhi di chi le mira, che utili agli edifici.

Quando prima cominciarono gli uomini a edi ficare, posero nei tempii e nelle case quel colmo di mezzo, non perchè avessero gli edifici più di grazia, ma acciocchè dell' una parte e l'altra comodamente potessero discorrer l'acque; nientedimeno all' utile subito fu congiunta la venustà; talchè se sotto a quel cielo, ove non cade grandine o pioggia, si fabbricasse un bel tempio, non parrebbe che senza il colmo aver po tesse dignità o bellezza alcuna, Dassi adunque molta lode, non che ad altro, al mondo, di cendo che egli è bello; lodasi, dicendo: Bel cielo, bella terra, bel mare, bei fiumi, bei paesi, belle selve, alberi, giardini; belle città, bei tempii, case, eserciti. In somma ad ogni cosa dà supremo ornamento questa graziosa e sacra bellezza; e dir si può che il buono e il bello, a qualche modo, siano una medesima cosa, massimamente nei corpi umani; della bellezza de' quali la più propinqua causa estimo io che sia la bellezza dell' anima, che, come partecipe di quella vera bellezza divina, illustra e fa bello ciò che ella tocca, e specialmente, se quel cor. po ov' ella abita, non è di così vil materia, che ella non possa impriniergli la sua qualità; però la bellezza è il vero trofeo della vittoria dell'anima, quando essa con la virtù divina signoreg. gia la natura materiale, e col suo lume vince le tenebre del corpo. Non è adunque da dir che la bellezza faccia altrui superbo e crudele, nè an cor debbansi dalla bellezza imputare inimicizie, morti, distruzioni, di che invece son causa gli appetiti immoderati degli uomini.

e

Tacevasi M. Pietro Bembo; e quei signori pur

lo stimolavano a dir più oltre di questo amore, e del modo di fruire veramente la bellezza; ed esso in ultimo, A me par, disse, assai chiaramente aver dimostrato che più felicemente possan amar i vecchi, che i giovani; il che fu mio presupposto; però non mi si conviene entrar più avanti. Il Bembo pur cercava di por fine al ragionamento, ma la signora duchessa lo pregò che dicesse; ed esso così rincominciò :

Dico che quando qualche grazioso aspetto di bella donna s'appresenta all'uomo maturo, com~ pagnato da leggiadri costumi e gentil maniere, subito che s' accorge che gli occhi suoi rapiscano quella immagine, e la portino al cuore, e che l'anima cominci con piacer a contemplarla, e sentir in sè quello influsso che la commove, e a poco a poco la riscalda, deve in questo princi. pia provvedere di presto rimedio, e risvegliare la ragione, e di quella armar la rocca del cuor suo; e talmente chiuder i passi al senso e agli appetiti, che nè per forza, nè per inganno entrar vi possano. Così, se la fiamma s'estingue, estinguesi ancor il pericolo; ma s' ella persevera o cresce, deve allor il cortigiano, sentendosi preso, deliberarsi totalmente di fuggire ogni bruttezza, e così entrar nella strada amorosa con la guida della ragione ; e prima considerar che 'l corpo, ove quella bellezza risplende, non è il fonte ond' ella nasce; anzi che la bellezza, per esser cosa incorporea, e (come abbiamo detto) un raggio divino, perde molto della sua dignità trovandosi congiunta con quel subietto vile e corruttibile; perchè tanto più è perfetta, quanto men di lui partecipa ; e da quello in tutto separata è perfettissima: e che così come udir non si può col palato, nè odorar con l'orecchie,

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