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muove è più eccellente. E però, come il fuoco materiale affina l'oro, così questo fuoco santissimo nelle anime distrugge e consuma ciò che v'è di mortale; e vivifica e fa bella quella parte celeste che in esse prima era dal senso mortificata e sepolta. Questo è l'ardente rubo di Moisè, le lingue dipartite di fuoco, l'infiammato carro di Elia, il quale raddoppia la grazia e felicità nell'anime di coloro che son degni di vederlo, quando, da questa terrestre bassezza partendo, se ne vola verso il cielo.

Indrizziamo adunque tutti i pensieri e le forze dell'anima nostra a questo santissimo lume che ci mostra la via che al ciel conduce, e dietro a quello, spogliandoci gli affetti che nel discendere ci eravamo vestiti, per la scala che nell' infimo grado tiene l'ombra di bellezza sensuale, ascendiamo alla sublime stanza ove abita la celeste, amabile e vera bellezza che nei secreti penetrali di Dio sta nascosta, acciocchè gli occhi profani veder non la possano, e quivi troveremo felicissimo termine ai nostri desideri, vero riposo nelle fatiche, certo rimedio nelle miserie, medicina saluberrima nelle infermità, porto sicurissimo nelle torbide procelle del tempestoso mar di questa vita. Qual sarà adunque, O AMOR Santissimo, lingua mortale che degnamente lodar ti possa? Tu, bellissimo, buonissimo, sapientissimo, dalla unione della bellezza e bontà e sapienza divina derivi, e in quella stai, te a quella, per quella come in circolo ritorni. Tu, dolcissimo vincolo del mondo, mezzo tra le cose celesti e le terrene, con benigno temperamento inclini le virtù superne al governo delle inferiori, e rivolgendo le menti de' mortali al lor principio con quello le congiungi. Tu di concordia unisci gli Castiglione fasc. 105.

16⭑

elementi, muovi la natura a produrre, e ciò che nasce alla succession della vita. Tu le cose sepa rate aduni, alle imperfette dai la perfezione, alle dissimili la similitudine, alle inimiche l'amicizia, alla terra i frutti, al mar la tranquillità, al cielo il lume vitale. Tu padre sei de'veri piaceri, delle grazie, della pace, della mansuetudine e benivolenza, inimico della rustica ferità, della ignavia, in somma principio e fine d'ogni bene. E perchè abitar ti diletti il fior dei bei corpi e delle anime, e di là talor mostrarti un poco agli occhi e alle menti di quelli che degni son di vederti, penso che or qui fra noi sia la tua stanza. Però degnati, Signor, d'udir i nostri prieghi, infondi te stesso nei nostri cuori, e collo splendor del tuo santissi mo fuoco illumina le nostre tenebre, e, come fi data guida, in questo cieco labirinto mostraci il vero cammino, Correggi tu la falsità dei sensi, e dopo 'I lungo vaneggiare donaci il vero e sodo bene; facci sentir quegli odori spirituali che vivi fican le virtù dell' intelletto, e udir l'armonia celeste talmente concordante, che in noi non ab. bia luogo più alcuna discordia di passione; inebriaci tu a quel fonte inesausto di contentezza che sempre diletta, e mai non sazia, e a chi bee delle sue vive e limpide acque, dà gusto di vera beatitudine; purga tu coi raggi della tua luce gli occhi nostri dalla caliginosa ignoranza, acciocchè più non apprezzino bellezza mortale; e conoscano che le cose che prima veder loro parea, non sono, e quelle che non vedeano, veramente sono: accetta l'anime nostre, che a te s' offeriscono in sacrificio; abbruciale in quella viva fiamma che consuma ogni bruttezza materiale acciocchè, in tutto separate dal corpo, con perpetuo e dolcissimo legame s'uniscano con la bellezza divina, e noi da noi stessi alie

nati, come veri amanti, nello amato possiam transfornarci (1), e levandone da terra esser ammessi al convivio degli Angeli; dove, pasciuti d'ambrosia e néttare immortale, in ultimo moriamo di felicissima e vital morte, come già morirono quegli antichi padri, l'anime dei quali tu con ardentissima virtù di contemplazione rapisti dal corpo, e congiungesti con Dio.

Avendo il Bembo insin qui parlato con tanta veemenza, che quasi pareva astratto e fuor di sè, stavasi cheto e immobile, tenendo gli occhi verso il cielo come stupido; quando la signora Emilia, la quale insieme con gli altri era stata sempre attentissima ascoltando il ragionamento, lo prese per la falda della roba, e lo scosse un poco. Allora la signora duchessa e tutti gli altri cominciarono di nuovo a far instanza al Bembo che seguitasse il ragionamento; e ad ognun parea quasi sentirsi nell'animo una certa scintilla di quell'amor divino, che lo stimolasse, e tutti desideravano d'udir più oltre; ma il Bembo, Signori, soggiunse, io ho detto quello che 'l sacro furor amoroso improv visamente mi ha dettato; ora che par che più non m'aspiri, non saprei che dire e penso che il cortigiano non possa passare quel grado che gli ho mostrato, e perciò non è forse lecito parlar più di questa materia. Veramente, disse la signora duchessa, se 'l cortigiano non giovane sarà tale che seguitar possa il cammino che voi gli avete mostrato, ragionevolmente do

(1) Qui cadono a taglio i bellissimi versi di san Filippo Neri in un Sonetto a Dio, che sembra gli abbia di qui tolti; Amo e non posso non amarvi quando

Resto cotanto vinto dal desio

Che'l mio nel vostro e il vostro amor nel mio,

Anzi ch'io in Voi, Voi 'n me ci andiam mutando.

vrà contentarsi di tanta felicità, e non aver invidia al giovane. Allora M. Cesare Gonzaga, La strada, disse, che a questa felicità conduce, parmi tanto erta che a gran pena credo che andar vi si possa. Soggiunse il signor Gasparo: L'andarvi credo sia difficile, più forse alle donne che agli uomini. Rise la signora Emilia, e disse: Signor Gasparo, se tante volte ritornate al farci ingiuria, vi prometto che non vi si perdonerà più. Rispose il signor Gasparo: Ingiuria non vi si fa, che non si legge che donna alcuna abbia avuta questa grazia della contemplazione come ha detto M. Pietro, ma sì molti uomini, come alcuni fra le tenebre dell' idolatria e molti de' nostri santi padri, come s. Francesco, a cui un ardente Spirito amoroso impresse il sacratissimo sigillo delle cinque piaghe; nè altro che virtù d'amor poteva rapire s. Paolo apostolo alla visione di quei secreti di che non è lecito all'uom parlare; nè mostrar a s. Stefano i cieli aperti. Quivi rispose il Magnifico Giuliano: Non saranno in questo le donne punto superate dagli uomini, perchè l'angelo che col fuoco d' amor impiagò s. Francesco del medesimo carattere ha fatto ancor degne alcune donne alla età nostra, Dovete ancor ricordarvi che a santa Maria Maddalena furono rimessi molti peccati perchè ella amò molto, e forse non con minor grazia che s. Paolo fu ella molte volte rapita dall' amor angelico al terzo cielo; e di tante altre, le quali per amor del nome di CRISTO non hanno curato la vita, nè temuto gli strazi, nè alcuna maniera di morte, per orribile e crudele che ella fosse; e non erano (come vuole M. Pietro che sia il suo cortigiano) vecchie ma fanciulle tenere e delicate, e in età nella quale più fer

vono nell' uomo affetti pericolosi. Il signor Gasparo cominciava a prepararsi per rispondere, ma la signora duchessa, Di questo, disse, sia giudice M. Pietro Bembo, e stiasi alla sua sentenza, se le donne sono così capaci dell' amor divino come gli uomini, o no. Ma perchè la lite tra voi potrebbe esser troppo lunga, sarà ben a differirla insino a domani. Anzi a questa sera, disse M. Cesare Gonzaga. E come a questa sera? disse la signora duchessa. Rispose M. Cesare Perchè già è di giorno; e mostrolle la luce che incominciava ad entrar per le fissure delle finestre. Allora ognuno si levò in piedi con molta maraviglia, perchè non pareva che i ragionamenti fossero durati più del consueto, ma per l'essersi incominciati molto più tardi, e per la loro piacevolezza, aveano ingannato quei signori tanto, che non s'erano accorti del fuggir dell' ore; nè era alcuno che negli occhi sentisse gravezza di sonno; il che quasi sempre interviene quando l'ora consueta del dormire si passa in vigilia. Aperte adunque le finestre da quella banda del palazzo che riguarda l'alta cima del monte di Catri, videro già esser nata in Oriente una bella aurora di color di rose, e tutte le stelle sparite, fuor che la dolce governatrice del ciel di Venere, che della notte e del giorno tiene i confini; dalla qual parea che spirasse un'aura soave, che di mordente fresco empiendo l'aria, cominciava tra le mormoranti selve de' colli vicini a risvegliar dolci concenti dei vaghi augelli. Onde tutti avendo con rive. renza preso commiato dalla signora duchessa s' inviarono verso le loro stanze senza lume di torchi, bastando lor quello del giorno; e quando già erano per uscir della camera, voltossi il

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