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che il volgo fa sopra le cose accadute in Roma; perchè pensano che la religione consista so lamente in queste cose esteriori; e vedendole maltrattare, par loro che la fede nostra vada in tutto a perdersi. Ma non perciò chi ben conside ri quello che dite, resta di conoscere qual sia l'animo vostro. E certo quelli che sentono maggior dispiacere del mal trattamento fatto in Ro. ma al papa, e alle cose della chiesa, sono i più savii e migliori, e non i volgari e ignoranti, come voi dite: perchè considerano quello che importa alla religione cristiana con più sano giu dizio che non fate voi. Dite poi, che non pote te lasciar di lodare la santa intenzione, con che il volgo si move, nè di biasimare il silenzio di coloro, che dovrebbono disingannarlo, di ma niera che biasimando chiamate ignoranza e fal so giudizio quella affezione che lodate per santa, e significate di voler disingannare il volgo, che è la propria parola che al principio scrisse Martin Lutero nei libri suoi; e dite volerlo fare per la gloria di Dio, per la salute del popolo cristiano e per onor dell'imperatore. Ma vedesi che vorreste più presto ingannare che disingan. nare; perchè promettete una cosa, e ne fate un' altra; il vostro dialogo, il quale, come voi dite nel principio, sale al campo come discopritore de'vostri desiderii, manifesta qual sia la intenzione secreta del cuore. E benchè io intenda di risponder solamente alla vostra lettera, e non al dialogo, se non quanto la necessità del narrare il vero mi sforzerà; non potrò però restare di

modo. E' si grande la cecità, in cui oggidì dimora la mag・gior parte degli uomini, ch' io non mi maravigli» punto dei falsi gindicii, che il vulgo fa sopra quel che novelia mente è intervenuto in Roma,

dir alcune cose appartenenti al papa, perchè vengono a proposito per coloro, che non hanno notizia delle qualità vostre; perchè chi non vi conosce, non potrebbe pensare che si trovasse persona al mondo, che così senza vergogna osasse mentire almeno in cose tanto pubbliche, come fate voi. Al restante del dialogo non mi affaticherò di rispondere; perchè le contraddizioni e bugie tanto fuori della verisimilitudine, e la empietà e malignità, che si veggono nel progresso del libro, rispondono per se stesse, chiudono gli occhi e le orecchie d'ogni buon cristiano affine che non veggano nè ascoltino cosa tanto nefanda. Questo solo dirò bene in risposta di ciò, che voi vorreste far credere che fosse vostro presupposto: che il disingannare gl' ingannati sempre è bene, e che gli uomini, massimamente cristiani, sono più che ad alcuna altra cosa obbligati a dar gloria a Dio, e a procutare la salute del popolo cristiano, e l'onor dei lor principi. Ma chi inganna se stesso mai può disingannar gli altri; e chi bestemmia Dio non gli dà gloria; e chi cerca d'indurre nell'animo del popolo mala opinione, non procura la sua salute; e chi persuade al principe il far male, nou l'onora. E perchè, come ho detto e voi confessate, la materia del vostro libro è il calunniare il pa pa; io non so chi altri che voi possa dire, che questo sia rimedio concernente alla gloria di Dio, alla salute del suo popolo, e all' onor dell'imperatore. Dite ancora nel principio del Dialogo, che volete prima mostrare, che l'imperatore non tiene alcuna colpa di quello, che si è fatto in Roma; di maniera che pur tacitamente confessate, che sia stato male; perchè non si tiene colpa se non del male; poi dite che volete dimostrare, che è stato manifesto giudizio di Dio per castigare Castiglione fasc. 105.

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quella città, dove con grande ignominia della religione cristiana erano tutti i vizii che può in ventare la malizia umana. E per questo pare, che non solamente non vogliate che sia stato male, perchè il castigo del male non vi par male, ma il chiamate bene, e in molti luoghi maggior bene. Queste contraddizioni adunque sono mezzi propriamente convenienti e simili alla intenzione che cercate di approvare così intorno alla mali. gnità, come circa la ignoranza, leggerezza e vanità vostra perchè avendo al principio detto che non intendete dir male del papa, e confessate che della persona sua a vostro giudizio non sapre ste dirlo, ancora se voleste; subito però cominciate a disputare dell'uffizio del papa e dopo fat te le vostre diffinizioni, dite, che non solamente sua santità non ha fatto quello, che era obbligata, ma tutto il contrario; e così con disonestissime calunnie e ignominia, senza rispetto alcuno falsamente l'accusate, attribuendole quello, che sarebbe grave al più scellerato uomo del mondo. E questa parmi che voi stimiate che sia pro va della prima vostra proposizione, cioè che l'im peratore non tiene colpa alcuna di quello, che si è fatto in Roma: la qual cosa quanto faccia a proposito, ognuno può comprendere. L'altra che è di provar che questo sia stato manifesto giudizio di Dio, la fondate al parer mio sopra il dir male di tutte le cose, che si facevano in Ro ma; e dopo lo aver rammemorato molti inganni e molte falsità e poca religione dei chierici, vi voltate a riprendere coloro, che onorano le reliquie de' santi, e le immagini di Cristo e della gloriosa Vergine Nostra Signora, e dite, che sot to questo colore alcuni sacerdoti ingannano gl'i gnoranti e semplici per cavar loro denari dalle mani e fanno loro adorar reliquie false; e mol

to vi affaticate in dimostrare che Dio e i santi non si curano di oro, nè d'argento, e che non hanno necessità nè si dilettano di roba; e che a Dio non si ha da offerire cosa corporea; ma l'anima pura da' peccati; e che molto più è servito, che quello che si dà alle chiese si dia ai poveri; e che meglio è rimediare le loro necessità, che adornare altari, nè far ricettacoli; e che Cristo tenne in poco conto tutte le ricchezze e beni temporali. Dite ancora, che molto scellerata cosa è, che un sacerdote stando in peccato mortale celebri messa e riceva il Santissimo Sacramento: e qui abbominate le composizioni e le liti e le dispensazioni e ancora le canonizzazioni; e così di tutte le cose, che si fanno in Roma ricordate il male, e cercate di nasconder il bene. SoggiunIgete poi che più ingiuria fanno a Gesù Cristo i sacerdoti ricevendolo in peccato nel corpo loro, che dovrebbe essere un tempio mondissimo, che non fanno i soldati mettendo i cavalli nel tempio di San Pietro. Queste e molte altre cose simili dite voi nel vostro dialogo e volete in ogni modo conchiudere, che la calamità di Roma non solamente non è stata dannosa, ma utile alla cristianità; e con queste ragioni sì poco apparte nenti al caso, e tanto indegne di essere chiamate ragioni, parvi d'avere provato l'altra vostra proposizione, cioè che questa calamità sia stata manifesto giudizio di Dio. Veramente tutti gli accidenti che occorrono, dir si può che sieno per giudizio di Dio, perchè senza la volontà sua niuna cosa si fa; ma questo non viene a proposito Wostro, nè toglie che ne' discorsi vostri non si comprenda una mala volontà degna di sospitione più che verisimile che non siate molto buon cristiano. Leʼragioni poi che allegate, sono tanto frivole e puerili, che forse sarebbe con

veniente non risponder loro parola alcuna. Pur io non resterò di dare a quel che voi dite, in questo proposito, una breve risposta ; la qual però credo che basterà, ed è che quei sacerdo ti che ingannano il volgo con reliquie false per guadagnar denari, medesimamente quei che ri cevono il SS. Sacramento stando in peccato mortale fanno grandissimo errore; e coloro, che con troppa avidità o per vie proibite cercano d'aver roba, fanno contra i comandamenti di Cri sto, e contra le leggi umane, e sono malissimi uomini; nè persona di buon giudizio sarà chi questo vi nieghi. Ma io non so imaginarmi, come voi abbiate pensato, che l'allegar questi inconvenienti sia a proposito per dimostrare che poco male sia lo spogliar le reliquie, o vere o false che si sieno, è che l'ammazzare i chierici, rubar gli altari e profanare tutte le cose sacre, ruinar le chiese e farle stalle da cavalli sia poco errore, perchè dall' altra parte si trovino chierici che celebrano in peccato mortale, e che fanno liti, e forse alcuni che vendono i benefizii. Veramente io non so chi sia tanto ignorante, che non sappia che allegar inconvenienti non è solverli, e che il rimedio del male non è fare il peggio: e perchè questo è il principale vostro fondamento, parmi avergli risposto abbastanza. Ma oltre di questo dico, che se vi sono alcuni sacerdoti cattivi, ve ne sono ancora de' buoni, i quali non ricevono il SS. Sacramento in peccato mortale, nè fanno altre cose che voi dite, ma sono amici e veri servi di Dio, e buoni religiosi: medesimamente vi sono molti, che sanno onorare, e che onorano le reliquie de' santi come devono, cioè non per rispetto di esse medesime, ma per quello che rappresentano; e per quello che veggono

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