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CIROLAMO TASSO ED. TIP. CALG. LIT. LIB. E FOND.

MDCCCXLII.

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Spendere lunghe parole in lode dell'opera, è

superfluo; chè unica cosa concessa, credo sia il far eco agli encomii che i più illustri luminari dell'italiana letteratura le impartirono. Poco posso soggiugnere a quanto Gravina, Tiraboschi, Perticari e Parini scrissero a di lei favore. Le doti di spirito e di corpo di cui esser deve un Cortigiano fregiato, il modo con cui guidarsi in corte, come diportarsi nel campo, quali scienze, quali arti debba egli prediligere e seguire, quali affettazioni accuratamente schivare, come rendersi grato al principe, quale finalmente l'ottimo principe, quale il migliore governo; ecco la meta che il Castiglione si prefisse in quest' aureo libretto. E di vero ei la aggiunse, e perfetto Cortigiano riesce chi a' suoi dettati si attiene; dettati ch' egli con tal nitidezza, eleganza e purità di lingua seppe esporre che, quantunque protesti di volere scriver lombardo piuttosto che toscano, pure dagli Accademici è messo nel novero degli scrittori che maggiormente meritarono degli studii e tra quelli le cui opere formano il sacrario da cui attinsero i moderatori dell'italiana favella. E della preferenza da lui data al comune italiano in confronto all' affettato toscano, veggansi le ragioni che a dilango adduce ne' cap. X ed XI del libro Primo. Ottimo divisamento e tale che a paro di Dante, d'Ariosto, del Tasso, di Segneri, e, a parlare di alcuni recenti, insieme a Monti, a Parini, a Perticari, lo pose tra coloro che osarono colle eterDe lor carte levare l' interdetto lanciato sugli

scrittori che nelle rive dell'Arno non videro il gior no; e dato esilio da' loro scritti a'riboboli ed agli idiotismi toscani non altri confini prescrissero alla bellissima delle lingue, che i naturali del paese in cui viene scritta ed intesa.

Uomini tali che, atterrato il dispotismo provincia le, affratellarono gl' Italiani nella comunione dei pensieri e degli affetti; che, coll'unità del linguag gio dalle Alpi al Lilibeo, vollero alzar l'Italia a nazione; uomini tali meritano bene le cure degl studiosi e di chi ama dár opera à conservarne e diffonderne gli scritti. Senonchè pur troppo leva rono alcuni saccenti la mano sacrilega sulle lo opere. E questo, oltre che di tant' altri, fu il de stino del Cortigiano; que' profani alla meglio ne recisero qua e là alcuni brani da cui troppo ca ste orecchie rifuggivano, soppressero alcune voc e frasi che subodoravano di gentilesimo, ne cor ressero l'ortografia e la grammatica. Sdegnai se guirne l'esempio, e, parchissimo nelle rappezzatu re, consultai le migliori edizioni, le une coll altre collazionando, e il Ciccarelli il Comino il Silvestri mi furono guide principali sì nell omettere le facezie e i periodiin realtà troppo li beri, e sì nella riduzione dell' ortografia all' us presente Quanto alle voci divino, influsso dell stelle, e simili, ridicolo il sopprimerle.

Le cure che spesi e che di continuo io spend e intorno a questa e intorno alle altre Edizioni de Classici che di continuo escono dal mio Stabilimen to, le accettino gli studiosi, e sarà a me grata ri compensa il compatimento ch'Eglino mi dimostra no, valevole ad accalorarmi sempre più nel prose guimento si di questa che delle altre Opere ch imprendo a dare alla luce.

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DI BALDASSAR CASTIGLIONE

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SCRITTA DA PIERANTONIO SERASSI.

BALDASSAR CASTIGLIONE, nacque a Casatico, saa villa nel Mantovano, il 6 di dicembre, l'anDO 1478. Ebbe per genitori Cristoforo da Castiglione, nobilissimo e valoroso cavaliere, e Luigia Gonzaga della linea de' marchesi di Mantova, dama di gran senno e di maravigliosa accortezza. Da giovanetto fu mandato a studiare a Milano, dove apprese le lettere latine da Giorgio Merula, e le greche da Demetrio Calcondila. Fioriva allora grandemente la corte di Lodovico Sforza, perciocchè, essendo questo elo principe dotato di maraviglioso ingegno e d'un finissimo gusto, dava volentieri ricetto e favore agli uomini, nell' armi o nelle lettere segnalati. Per questo il Castiglione s'invoglio ardentemente di entrare a' servigi del duca, ove accolto di leggeri a riguardo della sua nobiltà e bellis sima indole, cominciò ad esercitarsi nel cavalcare e nell' armeggiare con tanta buona grazia e destrezza, ch' ei s' acquistò l'amore e la stima di tutta la corte. Trovava però egli il suo maggior contento nello studio delle buone lettere, senza le quali conosceva nou potere altri essere ne gentile, nè valoroso cavaliere. Quindi e colla scorta del proprio giudicio, e con l'indirizzo di Filippo Beroaldo il Vecchio si diè tutto alla let

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