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noudimeno in questo caso lasciar l'impresa a chi ne tiene particolare carico, per non intromet termi negli altrui ufficii; e voglio venir a quel lo, che è interesse della persona del papa, del quale voi parlate con tanto poco rispetto, e con tanta ignominia, che non so se di tal modo fosse lecito ad un modesto cristiano parlare del Turco. E questa parte ho lasciata in altimo, acciocchè vi resti meglio alla memoria. E perchè circa-questo voi nella vostra lettera vi scusate con due mezzi, l'uno de' quali è che la materia vi ha sforzato, l'altro che non potevate scusar l'im peratore senza accusare il papa; al primo dico, che se la materia del vostro dialogo è il dir male del papa, come chiaramente si vede e voi confessate, non la dovevate pigliare, perchè i pontefici sono sacri; e questa petulante maledicenza non è nè mai è stata conceduta in legge alcuna o in alcun luogo o tempo, del quale si abbia notizia. Anzi i comici antichi, come Aristofane, Eupolis e Cratino e Lucilio, perchè riprendendo i vizii nominavano le persone, furono reprobati, e da quella commedia si cavò poi la nostra satira, la quale riprende i vizii ma non nomina le persone. Dovreste ancora sapere che le vostre leggi aegrbamente castigano coloro che scrivono libelli famosi contro chi che sia. Stando adunque questo, parvi che onesta e lodevole materia del vostro libro sia stata il pigliar per soggetto il dir male di un papa con tanta ignominia e con taute bugie e falsità così pubbliche; e non per altro che per mostrar l'odio, e la poca vostra prudenza? E per dichiarar ad ognuno che 'l libro vostro è tutto pieno di bugie, nel principio voi protestate e dite, che niuna cosa di quelle che sono nel libro si dicono in pregiudicio della dignità e delpersona del papa, perchè conviene che la di

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gnità da tutti sia tenuta in venerazione, e della persona non sapreste dir male alcuno ancorchè voleste, e subito soggiungete che la distruzione di Roma è succeduta perchè il papa ha lasciato di far quello che doveva e fatto quello che non doveva, ed ha voluto vietar all'imperatore che non amministri giustizia, e ha procurato di di. struggere il popolo cristiano per accrescere stato temporale, e che ha fatto tutte le cose contrarie alla dottrina di Gesù Cristo, e che per questo non può essere cristiano nè meno papa, e gli attribuite tutti gl' incendii, le raine, le morti, i sacrilegii e tutte le altre empietà che sono state fatte non solo in Roma, ma ancora in Lombardia, comparandolo a Nerone, a Dionisio, ad Erode, con acerbissime riprensioni a coloro che l'aiutarono a opere tanto nefande, con esclamazioni a Gesù Cristo e al sangue suo, amplificando con colori rettorici quei mali che dite esser avvenuti per colpa sua. Parvi, signor Valdes, che questo sia dir male? parvi che abbiate ben atteso quello che promettete nel principio del dialogo? parvi che questo sia aver rispetto alla dignità e alla persona del papa? del quale voi dite, che non sapreste dir male, ancora che voleste? Credete voi d'aver ben coperte le vostre bugte che sono nel rimanente del libro, poichè nella prima fronte dite questa tanto scellerata ed evidente? Ma non è necessario scusar quello che tutti i buoni conoscono esser escusato; ed io mi crederei far ingiuria al papa, se mi ponessi a volerlo difendere di quello che voi scioccamente lo incolpate. E ancorchè S. Santità abbia avuto questa si grande avversità di fortuna, non è però tanto infelice che la integrità della sua vita e i suoi santi desiderii non siano notissimi ai buoni e a coloro che non tengono avanti gli occhi il velo della

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maligna invidia e dell' odio contro la religion cristiana, il quale ha tanto accecato il giudicio vostro, che non avele saputo discerner la verità. Voglio adunque solamente risponder ad alcune cose delle quali voi fate più fondamento, acciocchè quelli che non ne sono informati non ricevano inganno. E prima dico, che tra il papa e l'imperatore non è stata differenza, come voi falsamente affermate, e che il papa non deside rò mai guerra contro l'imperatore nè contro altri, e non pensò mai di maltrattare l'imperatore, ma solamente pensò di reprimere le insolenze inaudite e le estorsioni che faceva l'eser cito di S. Maestà nelle terre della Chiesa, cioè in Parma e in Piacenza, e nel resto di Lombardia, le quali se erano intollerabili e fuor d'ogni termine, testimonio ce ne fa la desolazione della più florida città che a' nostri di fosse nel mondo che fu Milano della quale pure dai posteri si leggerà che essendo stata scudo dell'esercito dell'imperatore contra quello dei suoi nemici, e difesas con tanta fede in favor dell'uno e con pertinacia contra l'altro, con patir così acerbo assedio, fame, morti e ruine, fu poscia dal medesimo esercito dell'imperatore crudelissimamente saccheggiata e rovinata, e ridotta in termine che gli abitatori hanno domandato in grazia di andarsene in perpetuo esilio, e lasciar la roba e le proprie case, e le loro abitazioni antiche e la patria. La verità adunque della cosa è che il papa desiderava reprimere l'esercito, e per questo fece la lega con la Francia e coi Veneziani, parendogli non aver per questo effetto altro mezzo. E che sia vero, eccovi la più evidente prova che si possa immaginare, la quale è, che trovandosi il papa aver preso una gran parte del regno, avendo l'ar

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mata di mare sopra la medesima città di Napoli, stando le forze de' suoi confederati e le sue intierissime, procurò di fare una sospension di armi con D. Carlo de Lanoy vicerè di Napoli con intenzione di venire a Barcellona personalmente per parlare all' imperatore e trattar la pace universale. L'effetto della sospensione gli succede con sua mala fortuna, e la venuta di Barcellona gli fu impedita da quella calamità della nostra religione della quale sempre si parlerà; ma non già come voi ne parlate. Ed avendo il papa stabilito col vicerè per virtù de' poderi, che tenea dall'imperatore, e dal canto suo adempiuto le condizioni convenute; e restituito l'Aquila e Salerno, e ritirata l'armata di mare e disarmatosi del tutto', come quello che stava sicurissimo, fu oppresso dall' esercito dell' imperatore del quale era capitano il duca di Borbone, di quel modo che ognuno sa. E perchè voi forse, come hanno detto alcuni vostri simili, direte che il papa non fece la sospension d'arme per venire a Barcellona: dimando a voi perchè la fece? Che se aveva intenzione d' offendere l'imperatore, pure è strana cosa, che essendo con prosperità e avendo buoni successi della guerra, sollecitato dai con. federati con proteste, minacce e con tutti gli altri modi possibili, non volesse seguitar la vittoria che teneva nelle mani. Perchè, come si vide chiaro, non solo si disarmò e restituì quello che aveva preso, ma offeriva denari per To esercito. Queste sono le condizioni della tregua, la quale voi tanto vituperate, e dite che fu disonestissima e contra l'onor dell'imperatore. E per certo io non so di donde la sottilità del vostro ingegno cavi questa conclusione. Se voi diceste che il papa fece la tregua, perchè

sapeva che l'imperatore non poteva nutrir il suo esercito otto mesi senza denari, se non guerreg. giava e perciò era necessario che in questo tempo si dissolvesse e che il papa aspettava di disfarlo allora rispondo che questa opinione, oltrechè sia falsa, è ancora molto ridicola, perchè certo è che nel termine degli otto mesi ordinato per la detta tregua, il papa o veniva a Barcellona, o non veniva. Se veniva, chiaro è che non voleva nè poteva disfare l'esercito dell'imperatore; se non veniva, dico che per la tregua non poteva succeder incomodo o dan no alcuno all' esercito dell'imperatore, anzi molto bene e molta utilità; perchè primamente il papa gli dava denari; oltre di questo di quat tro eserciti nemici che erano contra quello del l'imperatore gli ne levava l'uno, che era il suo di modo che non restavano se non tre. Perciò cessa quel rispetto di dire, che l'esercito dell'imperatore non si poteva sostener se non guer reggiava quegli otto mesi; perchè ben poteva guerreggiar a suo piacere, e molto meglio che prima, non avendo tanto contrasto; e andar a trovare l'esercito di Francia o quello de' Veneziani e Fiorentini, o combattere le terre, e in quel modo sostenersi, dandogli massimamente il papa denari, come io ho detto. Ma se noi non vogliamo negar quello che è manifestissimo, il papa era risoluto di venire a Barcellona, e già aveva ordinato in Roma quello che in assenza sua si dovea fare, e teneva innanzi agli occhi il desiderio della pace; e per quella non fuggiva il pericolo del mare, nè travaglio della persona sua, nè alcun altro incomodo per vederne l'effetto; sicchè la pace non fu impedita dal papa, ma da coloro che si trovavano aver po. co e desideravano per qualsivoglia modo aver

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