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che Gesù Cristo fondò la fede, e l'imperatore don Carlo V la restaurò? Ah impudente, sacrilego, furia infernale! Voi avete adunque ardire d'alzar gli occhi? avete ardire di mostrarvi al cospetto degli uomini? e non temete che Dio mandi il fuoco dal cielo che v'arda? e non temete, che i i più oscuri spiriti che abitano il profondo dell'abisso debbano levarvi dal mondo? Preparatevi pure, perchè la giustizia divina non lascia impuniti così abbominabili peccati; e crediate che questi vostri malefici occhi vi hanno da essere cavati dalla testa dai corvi prima che veggano quel tanto male che voi desiderate; e la nefanda lingua che adoperate per istromento d'accender fuoco nel mondo, prima sarà lacerata dai cani che mai possa indurre l'imperatore a far cosa che non sia servizio di Dio. E di questo perdetene in tutto la speranza; perchè già S. Maestà, confor me alla prudenza e giudizio di se stesso, e dando fede ai signori, che sono nel suo real consiglio e ai reverendissimi prelati, ai religiosi, ai grandi e signori di Spagna, i quali tutti hanno supplicato a S. Maestà per il rimedio di tanto male, ha conosciuto qual è la vera restaurazione della fede nostra e della Chiesa di Dio, e ha liberato il papa, e reintegrato quello amore e quella obbedienza filiale verso S. Santità che in niun tempo mai era stata rotta, ma alquanto impedita non per colpa dell'uno nè dell'altro, ma per le diaboliche opere e persuasioni de'maligni spiriti vostri pari i quali credo io che siano quelli che lodano il vostro dialogo, non quelli che voi vorreste far credere che fossero conformi al giudizio vostro. Nè già a me persuaderete quello che dite nella vostra lettera, cioè che il sig. gran cancelliero (1), il sig.

(1) Mercurino Arboreo da Gattinara nel Piemonte, che poi l'auno 1519 fu promosso al cardinalato.

D. Giovanni Emanuel (1) e tanti teologi abbiano veduto e approvato il vostro libro. Perchè notissimo è che sempre il sig. cancelliero ha persuaso all'imperatore quello, che S. Maestà ha posto in opera; il medesimo ha fatto il sig. D. Giovanni Emanuel, e l'uno e l'altro si sono sempre doluti delle ruine di Roma, come d'infortunio di tutta Italia (2). E di quelli teologi che voi nominate nella vostra lettera, dicendo che a tutti piace il vostro Dialogo più che a voi, e che l'hanno lodato e approvato e volutane copia e fattovi instanzia che lo pubblichiate, posso io render testimonio, che alcuni a me hanno detto molto male e di voi e del libro, ed hanno ricevuto per ingiuria che con tal temerità abbiate voluto ap provare falsamente la vostra scellerata sentenza con l'autorità loro, e forse lo sentiranno più che voi non credete. Ma tornando a dir di voi, acciocchè conosciate come presto si sia scoperta e pubblicata la vostra maligna ignoranza; avendo voi con tante minaccie pronosticato i mali che aveano da venire alla cristianità se il papa si liberava, dite, per vostra fè, ora S. Santità già tanti

(1) Questo signore era stato più anni ambasciatore cesareo in Roma nei pontificati di Leone X e d'Adriano VI,

(2) Benchè questi signori si fossero doluti delle ruine di Roma, come d'infortunio di tutta Italia, non è però difficile a credersi, che ancora mostrassero d'approvare il libro del Valdes. Perciocchè essendo essi impegnatissimi, com' erano, per Ponor dell'imperatore, e veggendo darsi comunemente gran carico a sua Maestà per quest'orribile eccesso del suo esercito, dovean senza dubbio gradire chiunque a diritto o a rovescio lo difendesse. E in fatti, nella Lettera XXII del sesto libro, il Castiglione medesimo accenna il grandissimo impegno e gli sforzi del cancelliero e degli altri per mostrare che la colpa della guerra non era dell'imperatore, e che a tal effetto stampo apologie, e protesti, e appellazioni, cercando per tal via di quetare l'animo degli Spagnuoli, a'quali tutti grandi e piccol. dispiaceva la guerra contro il papa.

mesi fa è libera con le tante perturbazioni che sono in Italia, e con l'essere stato l'esercito del l'imperatore in tanto pericolo, e da Napoli in fuori tutto il regno in mano de'Francesi così prosperi che ognuno li temeva; che male avete voi veduto nascer dalla libertà del papa? che incomodo alla cristianità o all' Italia o all' esercito dell'imperatore o a persona alcuna? ditelo voi, nuovo profeta dei mali che hanno da venire per il far bene e della infamia che si ha da dare all'imperatore, se non distrugge il mondo, come voi gli ricordate. Credo io bene ormai, che voi medesimo vediate chiaro il testimonio della vostra malizia e pur siete tanto sfacciato, che dite voler mantenere quello che avete scritto, e penso che, non solo non temete il castigo, ma aspettate premio delle vostre religiose opere. E certo io cre do che la clemenza del papa e dell' imperatore sia tanta, che forse vi perdoneranno quello che ad essi tocca, per la ingiuria, che all'uno e all'altro avete fatta volendoli senza lor colpa far estimare i due più empii e crudeli tiranni che mai sieno stati al mondo: ma la ingiuria fatta a Cristo e alla religion nostra non si conviene che da alcuno di loro vi sia perdonata. E se pur essi ancora volessero lasciar passare impunito l'error vostro senza pensare a cosa così vile come siete voi, crediate che i popoli non lo lascieranno; e le pietre medesime si leveranno a lapidarvi, e a scacciarvi di Spagna; perchè questa cristianissima nazione odia e perseguita gli eretici (1); e molto inconveniente sarebbe che tanta diligenza si po

(1) In fatti gli convenne partire di Spagna, e venirsene a Napoli, dove, seconde che scrive il Bayle, portò i libri di Lutero, di Bucero e degli Anabattisti, e se ne servi per fare dei prosel ti, comunicando le sue empie dottrine a più persone, che si radunavano in segreto presso di lui,

nesse in discoprire e castigar gli occulti, e poi si tollerassero i pubblici. Andate adunque a portar questa peste in altra parte, e pigliate il cammino di Alemagna, che il vostro Dialogo, ch'è ito innanzi, vi ha apparecchiato il cammino; di modo che sarete ricevuto con festa da Lutero e dai suoi seguaci, e non pensate di corromper come pecora infetta tutto questo gregge di Cristo, della salute del quale tiene buona cura il suo pastore. E se voi insin qui siete stato tanto cauto, che con vostre ipocrisie abbiate inganuato coloro che potevano sospettare, che ancora in voi vivesse la radice degli errori de'vostri passati (1); non crediate che scoprendovi, come avete fatto, vi si abbia da portar rispetto alcuno, perchè non mancheranno dell'ufficio loro i signori Inquisitori, i quali nel principio del vostro Dialogo voi chiamate Farisei e superstiziosi, dicendo che sapete i falsi giudizi che faranno sopra questo: perchè io vi so dire che di voi faranno giudizio molto vero, e che il discopritore del vostro desiderio salirà al campo e non la protezione di Gesù Cristo, come voi dite; perchè non protegge i suoi nemici, nè supplisce con la sua grazia ai mancamenti dove non è buona volontà, ma sotto la spada della giustizia; e allora vedrete chiaramente se avete soddisfatto alle tre cose che promettete, e se alla gloria di Dio, alla salute del suo popolo e all'onor dell'imperatore si conviene luteraneggiare, e procurar d'introdurre novità nella religione cristiana, e mutare le costituzioni dei concilii antichi approvati, e far tenere in poco conto le cerimonie e i riti della Chiesa già tante centinaia d'anni usate, e far credere che il distrugger le città, saccheggiare

(1) Accenna di nuovo l'ebraismo de'progenitori del Valdes,

e abbruciare le chiese, cavar le monache dei monasteri, violare, tormentare e ammazzare non solamente i cristiani, ma i sacerdoti, e tenere il papa prigione sia grandissimo bene e servizio di Dio e per appiccar nnova guerra e metter il papa in disperazione, voler indurre l'imperatore ad occupar lo stato della Chiesa; e far cre der a tutto il mondo, che S. Maestà abbia comandato o consentito la ruina di Roma, e tenga il mal che vi si è fatto per cosa divina; e cou buone parole e sotto color di amicizia abbia voluto ingannare il papa; e voler biasimare e incolpare per ignoranti e di poco giudizio tutti i signori prelati di Spagna e gli altri che hanno supplicato all'imperatore che liberi il papa. E perchè dite ancora che gli Spagnuoli, ai quali voi scrivete, sono di così buon ingegno e giudizio, che conoscono e intendono qual si voglia cosa per ardua ch'ella sia; io credo che assai facilmente conosceranno la mala volontà vostra, e così la castigheranno. E perchè nell' ultimo del Dialogo dite all'arcidiacono di voler andare a S. Benito a fornire il vostro religioso ragionamento, penso che sia pronostico che un S. Benito abbia da venire a voi (1), e che con quello abbiate da fornire la vita. Benchè, considerando la pertinacia vostra, più presto si ha da credere che vi attaccherete all' ultima sentenza della lettera, dove dite di voler mantenere quello che avete scritto, che alla prima dove offerite volerlo emendare: e così con la ostinazione aprirete il cammino al castigo, e non con l'emendarvi alla misericordia.

BALDASSAR CASTIGLI ONE.

(1) In Ispagna chiamasi San Benito un certo abito, che ivi si suol mettere indosso a' condannati dalla santa Inquisizione, ove sono dipinti dei diavoli tra le fiamme.

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