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to possono giovare e nuocere, sono ancora molto obbligati a guardarsi di non errare, e credere che in questi tempi le cose, che ancora paiono di poco momento, siano di grandissimo. Ora, poichè la confusione, ch'io ho detto essere in me, procede perch'io non sono in alcune cose di parere con forme a vostra signoria, risponderò prima a quanto ella mi scrive, dicendo le ragioni che mi muovo no a non accordarmi con lei nel far la denunzia zione all'imperatore e intimargli la guerra; poi co municando con questi signori ambasciatori, mi ri solverò come meglio mi parrà; e cercherò io stesso nell'animo mio tutte le ragioni persuasive per farmi credere che quello che vostra signoria ricor da sia il bene. Perchè in vero a me è difficile cre dere che un giudicio così savio e prudente, come io da ognuno ho relazione essere il suo, possa er rare. Rispondendo adunque prima ad un punto, ch'ella scrive nella sua de' 28 di settembre che è, che l'orator francese residente qui ha scritto al cristianissimo, che dal parere dell'ambasciator Veneziano (1) e mio è proceduto uon piccolo disordine, perchè noi siamo stati d'opinione che alla risposta dell'imperatore la qual fu della sorte che allora scrivessimo tutti, non si facesse la denunziazione offensiva, e perciò il cristianissimo essersi astenuto da rompere la guerra dalle bande di qua, il che era molto a proposito del l'impresa: dico che, secondo la forma del capitolo che mi mostrò il detto ambasciator francese non si doveva nè si poteva far la denunziazione offensiva se non in caso che l'imperatore negasse di voler restituire i figliuoli al cristianissimo, l'imperatore, non solo non lo negò, ma disse che

(1) Non sarà furse soverchio il dire, che l'ambasciator francese era Monsù di Calvimonte secondo presidente di Bordo, e il veneziano il celebre Andrea Navagero.

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enendosi alla pace farebbe questo e molto più. perchè questo articolo della restituzione porebbe esser adito alla pace, sua cesarea maestà ra ancora contenta che si trattasse separatamente, e perciò l'ambasciatore mandasse a torre odere dal cristianissimo di concludere questo -unto che si tratterebbe. A me non pare che tal isposta si dovesse pigliare per negativa, come ostra signoria scrive; anzi a tutti noi, e al medeimo ambasciator francese, parve che inclinasse molto più allo affermare che al negare: nè era redibile nè conveniente, che alla prima semplie richiesta l'imperatore mandasse per i figliuoli el cristianissimo, e senz'altro subito li restituise. Così ancora non rifiutò di entrar nella lega, consentendo nella pace; perchè, come vostra sinoria bene scrive, esser parere suo e del re di Francia, non si ha da far difficoltà sopra i vocapoli, ma chiamisi pace o confederazione che non mporta, purchè ne riesca effetto di concordia. Dra, conoscendo tutti i siguori ambasciatori che sono qui, che a tal risposta dell'imperatore sarebbe stato molto disconvenevol cosa rispondere con intimar la guerra, fummo di parere unitamente che non si facesse chiaramente denunziazione alcuna di guerra; e così fu l'ambasciatore di Francia di questa sentenza come gli altri e il primo a parlarne. Intervennevi ancora l'orator inglese, il quale sempre ne farà fede anco in iscritto bisognando: sicchè se l'ambasciator di Francia ha scritto altramente, non ha scritto quello che è. E per dire il vero a me parve di passare i limiti in trovarmi a far tal richiesta, non ne avendo commissione alcuna da nostro signore, come non avevo; nè avendo mai veduto quel breve che vostra signoria mi scrive avermi mandato, dove il papa mi commette

l'orribil nuova della perdita del regno d'Un gheria, propugnacolo della cristianità, e di quel re, che con la morte ha fatto testimonio della sua virtù e della infame ostinazione degli altri, il papa, capo della religione, in cambio di consolare l'imperatore della morte del cognato, manderi ad iotimargli la guerra; che pur sarebbe un acqui star mal nome, e dar mal esempio e contrario al santo animo di sua beatitudine, se il mondo ve desse che quella volesse procedere a vendicarsi contro chi gli ha fatto ingiuria, e massime in tal tempo, e quando ognun aspetta che sua santità debba convocare tutti i fedeli sotto il vessiflo della croce, ed esortarli ad opponersi con l'arme e con le vite a tanta procella e calamità, e tentar di placare con lacrime e preghiere la giusta ira di Dio che già tiene il flagello in mano per castigarci. E veramente questo sarebbe un invitare i Turchi, e dar loro animo alla nostra distruzio ne con far loro conoscere che Dio ci avesse volto le spalle e abbandonati, e che più negli animi nostri non fosse nè bontà nè pietà nè religione alcuna.

Per questi rispetti adunque e per molti altri. a me pare, che, ancora che la mente del papa fosse che tal intimazione di guerra si facesse, forse non si dovrebbe fare senza avvisarne sua santità; e però tanto più conviene non farla, quanto che io ho molte congetture ed argomen ti che mi fanno credere che il farla sia in tut to contrario all'animo di sua beatitudine. E, lasciando che il breve che vostra signoria scrive avermi mandato, non è mai comparso, suole sempre il papa avvisarmi le cose per lettere brevi duplicati e triplicati, ed io pur ho lettere di Roma che mi dan sempre notizia di quanto mi è scritto: e di questo breve non mi si fa.

menzione alcuna, e sempre il tenor delle lettere del papa significa pace; e (come di sopra ho detto) il breve de' 25 di giugno che revoca l'altro primo, è molto mite e scritto con grandissima circonspezione in mia credenza (1); e le lettere della medesima data mi comandano ch'io parli in conformità, escusando i moti di guerra principiati in Lombardia, e pur procuri la pace quanto posso. Ho ancora avuto per mano di D. Francesco di Mendozza (2) lettere e avvisi da nostro signore dei 19 di settembre, come sua santità avendo avuto la mala nuova d'Ungheria, terminava di mettersi in cammino per mare, e venirsene a Marsiglia, e quivi parlar al cristianissimo, volendo sua maestà trasferirvisi, e pregarlo e supplicarlo che fosse contento rimettere ogni differenza, e rimover dall'animo suo tutte le passioni che ostavano alla pace: poi venir a Barcellona a far il medesimo con l'imperatore con la maggior instanza che poteva, acciocchè tutto il mondo vedesse che sua santità non lasciava addietro cosa alcuna, nè perdonava a fatiche o pericoli della persona sua propria, acciocchè così buon effetto succedesse; e per altre de'24, dove sua santità mi fa scrivere diffusamente il tratto veramente nefando e abbominevole usato da D. Ugo e da i Colonnesi; dopo l'essersi 'doluto acerbam ente, come merita un tanto eccesso, dice che ha deliberato di mantenere la tregua e sospension d'arme fatta con D. Ugo, purchè gl'imperiali la mantengano, e che non è rimosso per questa tanto grande ingiuria dalla sua ottima

(1) Questo breve si legge alla pag. 173 delle lettere pentificie del Sadoleto.

(2) Da un breve di Lione X tra quelli del Sadoleto pag. 79, si comprende, che questo don Francesco di Mendozza era fratello del marchese di Mousedar, e cameriere segreto del papa. Castiglione fasc. 105.

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intenzione, ma più che mai determina adoperarsi per la pace; e prega e stringe l'imperatore a fare. il medesimo per la salute de'cristiani; e in questa medesima sentenza uarrando tutta la cosa, e in ultimo replicando quanto ho detto scrive un largo breve all'imperatore: e sua maestà, come quella che non è stata consenziente nè consapevole di così mala opera, ue ha sentito estremo dispiacere; e così subito ha mandato in Italia il signor Cesare Feramosca per escusarsi; e rispon de a nostro signore voler intendere nella pace, ed essergli obbedientissimo figliuolo, e fa quelle offerte che si convengono in tal tempo, e penso che abbia in animo di metterle in opera (1). Queste cose tutte a me pare che aprano alla pace assai buono spiraglio, come vostra signoria nelle sue lettere dice; ma io non veggo più bel modo di otturarlo che andare ora ad intimar la guerra all'imperatore per parte del papa senza Commissione, e ancor, secondo me, contra il volere di sua santità; tanto più essendosi il cristianissimo, come 'vostra signoria scrive, doluto in presenza sua coll'orator di Cesare del miserabil caso di Ungheria, ed offerto con tante benigne. parole a sua cesarea maestà, non solamente la pace, ma di andare in persona a questa santa impresa, con escusarsi, che se Cesare non vorrà la pace, sua maestà cristianissima si terrà per discolpato appresso tutto il mondo. Essendo adunque questi principi, come dicono e scrivono tutti, e vostra signoria conferma del papa, del cristianissimo e de'Veneziani, dispostissimi alla pace, ed offerendola ciascuno all'altro, non conosco nè posso immaginarmi come debbano i ministri andar a fare un così contrario effetto,.

(1) Gli effetti mostrarono in contrario,

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