Immagini della pagina
PDF
ePub

Oscura, profond' era e nebulosa

Tanto, che, per ficcar lo viso al fondo,
Io non vi discerneva alcuna cosa.
Or discendiam qua giù nel cieco mondo
(Cominciò il Poeta tutto smorto)
Io sarò primo, e tu sarai secondo.
Ed io, che del color mi fui accorto,
Dissi: Come verrò se tu paventi,
Che suoli al mio dubbiar esser conforto?
Ed egli a me: L'angoscia de le genti,
Che son qua giù, nel viso mi dipigne
Quella pietà che tu per tema senti.
Andiam, chè la via lunga ne sospigne;
Così si mise, e così mi fè entrare
Nel primo cerchio che l'abisso cigne.
Quivi, secondo che per ascoltare,

Non avea pianto, ma che di sospiri,
Che l'aura eterna facevan tremare.

E ciò avvenia di duol senza martiri

10

13

16

19

22

25

28

Che avean le turbe, ch' eran molto grandi,
D' infanti, e di femine, e di viri.
Lo buon Maestro a me: Tu non dimandi
Che spiriti son questi che tu vedi ?
Or vo' che sappi, innanzi che più andi,
Ch' ei non peccaro; e s' egli hanno mercedi
Non basta, perchè non ebber battesmo
Ch'è parte de la Fede che tu credi.

31

34

13. Cieco mondo; oscuro, privo eternamente della visione di Dio. 21. Tema; quel sentimento che era di pietà per Virgilio, era di timore per Dante. Nel sentimento di Virgilio però vi è contradizione (C. XX, 28).

quam dei Latini.

25-27. Secondo che; sottointendi pareva. Gli occhi per l'oscurità del luogo non potevano vedere. Non avea; non vi era pianto. Ma che; se non che; dal magis Senza martiri; le anime del Limbo non soffrono pene, ma solo desiderio di godere la visione di Dio, che, non essendo soddisfatto, è loro di tormento. 30. Viri; uomini, dal lat. vir.

33. Più andi; più vada innanzi.

34. Mercedi; meriti. Non avendo avuto la Fede, ebbero il merito di aver vissuto bene osservando la legge naturale.

36. Parte de la Fede; articolo della Fede. Chi legge porta non

Fede è la porta del battesimo.

sa che la

E se furon dinanzi al Cristianesmo,
Non adorâr debitamente Dio;
E di questi cotai son io medesmo.
Per tai difetti, e non per altro rio

37

40

Semo perduti, e sol di tanto offesi,
Che senza speme vivemo in desio.

Gran duol mi prese al cor quando lo intesi,
Però che genti di molto valore

43

Conobbi, che in quel limbo eran sospesi.
Dimmi Maestro mio, dimmi, signore,
Comincia' io per voler esser certo

Di quella Fede che vince ogni errore;
Uscinne mai alcuno, o per suo merto,
O per altrui, che poi fosse beato?

E quei, che intese il mio parlar coperto,
Rispose: Io era novo in questo stato,

Quando ci vidi venire un possente
Con segno di vittoria incoronato.
Trasseci l'ombra del primo parente,

D' Abel, suo figlio, e quella di Noè,
Di Moisè legista e ubbidiente:

46

49

52

55

38. Debitamente; adorarono false divinità, non il vero Dio.

40. Altro rio; altro peccato.

42. In desio; nel desiderio dell' eterna beatitudine. È la pena del danno, superiore a quella del senso.

45. Sospesi; nè beati in gloria, nè tormentati. (C. II, 52).

47. Per esser certo; per esser certo anche con argomenti umani di ciò che la Fede insegna in quanto al Limbo, e alle anime che ne furono liberate da G. C. appena avvenuta la sua morte.

50. Fosse beato; volasse poi al Paradiso.

51. Parlar coperto; invece di domandare se G. C. dopo morto discendesse colaggiù, domanda solamente se alcuno ne uscisse; e la ragione di questo suo parlare si è perchè Virgilio, essendo pagano, nulla poteva sapere di G. Cristo.

52-54. lo era novo; vi era da 46 anni, tempo che è un nulla di fronte all'eternità. Un possente; G. Cristo; non lo nomina perchè nol conosceva. Con segno di vittoria; con la croce, onde trionfò della morte, e su le colpe degli uomini.

55-57. Primo parente; Adamo.

D' Abel suo figlio; Abele, figlio di Adamo; non liberò Caino, perchè non vi era, e perchè condannato nel centro dell' Inferno, come si vedrà nell' ultimo canto. Ubbidiente; Moyses famulus Domini. (I08.

XXII, 2, 4, 5).

Abraam patriarca, e David re,
Israel col suo padre e co' suoi nati,
E con Rachele per cui tanto fè;
Ed altri molti, e fecegli beati;

E vo' che sappi che, dinanzi ad essi,
Spiriti umani non eran salvati.

Non lasciavam l'andar per ch' ei dicessi,
Ma passavam la selva tuttavia,
La selva, dico, di spiriti spessi.

Non era lunga ancor la nostra via

Di qua dal sommo, quando vidi un foco
Ch' emisperio di tenebre vincia.
Di lungi v' eravamo ancora un poco

58

61

64

67

70

Ma non sì, ch' io non discernessi in parte
Che orrevol gente possedea quel loco.

73

O tu che onori ogni scienza ed arte,

Questi chi son ch' hanno cotanta orranza,
Che dal modo de gli altri li diparte?

59. Israel con suo padre; Giacobbe con Isacco suo padre, e con i dodici figli, capi delle dodici tribù ebraiche.

60. Tanto fè; Giacobbe per ottenere in isposa Rachele dovette servire suo padre Labano per sette anni, e nuovamente per altri sette (Gen. XXIX).

61. Ed altri molti; il luogo ove stavano queste anime dei giusti antichi è, secondo il Poeta, quello stesso cerchio maggiore in cui stanno le anime che lasciarono il corpo col solo peccato originale.

63. Non eran salvati; prima di G. C. nessuno poteva salvarsi se non in virtù della Redenzione; laonde il Redentore scese al luogo dove stavano aspettando la gloria futura tutte quelle anime che con la grazia santificante si dipartirono dalla vita presente, e trassele seco alla vita beata.

64. Per ch' ei dicessi; benchè Virgilio camminando parlasse.

66. La selva; la moltitudine, detto in senso figurato, perchè quegli spiriti erano moltissimi. Cicerone disse: silva rerum; Giovenale: silva comae; Stazio intitolò Silva un' unione di poemetti di diverso argomento.

[ocr errors]

67-70. Non era lunga, ecc. Non avevano fatto molta strada. Di qua dal sommo; di qua dalla proda de la valle d'abisso (vv. 7-8) d'onde erano discesi (v. 13). Ch' emisperio, ecc. Un emisfero di tenebre circondava quel fuoco Vincia, dal lat vincio, vincis, che significa avvincere, cingere, circondare. (Par. XIV, 129). Il fuoco significa la sapienza di quei savi, che fuga d'intorno a sè le tenebre dell' ignoranza.

72. Orrevole; sincopato di onorevole.

:

75. Li diparte li distingue. Gli altri spiriti erano nelle tenebre, questi erano in mezzo alla luce.

E quegli a me: L'orrata nominanza
Che di lor suona su ne la tua vita,

Grazia acquista nel ciel che sì gli avanza.

76

In tanto voce fu per me udita :
Onorate l'altissimo poeta ;

79

L'ombra sua torna ch' era dipartita.

Poi che la voce fu restata e queta,

82

Vidi quattro grandi ombre a noi venire,
Sembianza avean nè trista nè lieta.

85

Lo buon Maestro cominciò a dire:

Mira colui con quella spada in mano
Che vien dinanzi a' tre si come sire.
Quegli è Omero poeta sovrano,

L'altro è Orazio satiro che viene,

Ovidio è il terzo, e l'ultimo è Lucano.

88

77. Ne la tua vita; nel tuo mondo.

78. Gli avanza; li distingue in miglior modo.

80. Onorate, ec. Parole dirette da quegli spiriti a Virgilio.

81. Torna; era partito per recarsi in soccorso di Dante giù nella selva.
84. Nè trista nè lieta; non erano tormentati, nè pure beati. Dell' uomo giusto

dice S. Agostino: nihil triste, nihil immaniter laetum.

86. Colui; Omero. Con la spada; come poeta cantore di guerre. Nell' insigne bassorilievo greco dell' Apoteosi d' Omero, l'Iliade, precipua gloria di quel greco, è figurata in sembianza di donna tenente una spada in mano. (Visc. Mus. Pio Clem.).

87. Come sire; come principe cui altri personaggi facciano il corteo. 88-90. Omero; il più antico e il più celebre dei poeti greci vissuto, a quanto pare nel IX secolo a. C. Sette città si disputarono l'onore della sua nascita: Smirne, Chio, Sicione, Salamina, Rodi, Argo, e Atene. In sua vecchiezza, divenuto cieco, si ridusse vagabondo a recitare i suoi versi mendicando il pane, finchè la morte lo colse nell'isola di Ios, una delle Cicladi. Ci restano di lui due poemi epici in 24 canti ciascuno; l' Iliade, che ha per soggetto l'ira di Achille, e l'Odissea, ove si narrano i viaggi e le peregrinazioni di Ulisse dopo la guerra di Troja; ambedue scritti in dialetto jonico, e tenuti come capi d' opera dell' epopea Orazio; Quinto Orazio Flacco satiro, cioè scrittore di satire, poeta latino nato a Venosa nella Puglia verso l'anno 66 avanti G. Cristo. Scrisse le Odi, le Satire, le Epistole, e l' Arte poetica. Morì in una sua villa chiamata Ustica, dono di Mecenate, presso Tivoli, a 57 anni. Ovidio; Publio Ovidio Nasone, poeta latino nato a Solmona l'anno 43 a. C. Scrisse le Metamorfosi in 15 libri; i Fasti in 12; gli Amori in 3; l' Arte di Amare in 2; il Rimedio di Amore in 1; le Eroidi in 2; i Tristi in 3; i Libri del Ponto e la Medea; opere tutte rimaste, tranne la Medea e gli ultimi sei libri dei Fasti. Morì in esilio a Tomi nel Ponto nel diciottesimo anno dell' era volgare. Lucano; Marco Anneo Lucano, poeta latino nato

[ocr errors]

--

a Cordova l'anno 38 di C. e vissuto a Roma. Autore della Farsaglia dove narra

Però che ciascun meco si conviene
Nel nome che sonò la voce sola,
Fannomi onore; e di ciò fanno bene.
Così vidi adunar la bella scola

Di quei signor de l'altissimo canto,
Che sovra gli altri com' aquila vola.
Da ch' ebber ragionato insieme alquanto,
Volsersi a me con salutevol cenno;
E il mio Maestro sorrise di tanto.
E più d'onore assai anco mi fenno,
Chè di me fecer de la loro schiera,
Sí ch'io fui sesto tra cotanto senno.
Cosi andavamo insino a la lumiera,

Parlando cose che il tacere è bello,
Si com'era il parlar colà dov' era.
Venimmo a piè d' un nobile castello,
Sette volte cerchiato d' alte mura,
Difeso intorno d' un bel fiumicello.
Questo passammo come terra dura,

91

94

97

100

103

106

109

Per sette porte entrai con questi savi,
Venimmo in prato di fresca verdura.
Genti v'eran con occhi tardi e gravi,
Di grande autorità nei lor sembianti,
Parlavan rado con voci soavi.

112

le guerre civili tra Cesare e Pompeo. Caduto dalla grazia di Nerone, congiurò contro di lui, e scoperto, si fece aprire le vene in un bagno l'anno 65 d. C. Di questi quattro poeti nominati Dante non conosceva Omero che di nome non sapendo di Greco (Conv. II, 15) e non essendone i poemi ancora tradotti, gli altri tre gli erano famigliari.

91-93 Meco si conviene; ha comune con me il nome di Poeta. Sola; di uno di quei quattro. Fanno bene; perchè onorando Virgilio, onoravano l'arte. 94-96. Scola; collegio. Altissimo canto; nobilissimo. - Sopra gli altri; poeti.

99. Di tanto; di quella lieta accoglienza fatta a Dante.

103. Lumiera; il luogo luminoso che si è detto di sopra. (v.v. 68,69).

105. Si com'era, ecc. Com' era invece conveniente di parlarne in quel luogo dov' eravamo. Forse vuol significare che ciò che era bello disputare tra poeti e filosofi del paganesimo, è bello tacere tra i cristiani.

106. Nobile Castello; nobile, a significare la sapienza degli spiriti magni che entro vi trovò.

« IndietroContinua »