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Diceva il re guardate a dire il vero ;
Non debbe esser costui certo annegato.
Così fuss' egli perchè il mio destriero
Poco innanzi di sotto m'ha rubato,
Ed è fuggito via com' un levriero.
Benchè Marfisa l'abbia seguitato,
Non è però per arrivar quel ghiotto;
Perchè conosco il caval ch' egli ha sotto.

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Mentre che fra costor si ragionava
Parole piene di sdegno e di scorno,
Colui ch'a guardia de la Rocca stava,
A l'arme grida, e suona forte un corno;
E dà risposta a chi lo domandava,

Che 'l campo è pien di gente intorno intorno
Con tante insegne ed armi peregrine,
Che ne stupisce, e non ne vede il fine.

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Ed era questa gente che venia,

Che forse il venir suo vi pare strano,
Condotta tutta quanta di Turchia
Dal fratel di Torindo Garamano.
Dugentomila o più credo che sia,
Che con gran grida s'accampa nel piano.
Torindo questa turba fa venire
Per la festa d'Angelica finire.

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Il qual di nuovo iratamente giura

Sopr' un grande Alcorano a Macometto,
Ch' or le vuol far ben altro che paura,
E vendetta pigliarne a suo diletto.
Angelica tremava di paura,

Perchè si vede disfatta in effetto ;
Il campo de' nemici è sì cresciuto,
Ed ella così priva d'ogni ajuto.

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Or si va di quel tempo ricordando,
Ch'a soccorrerla venne il paladino
Con tanti cavalier, parlo d'Orlando,
Il quale ha or piantato nel giardino;
E la fortuna e se va bestemmiando,
E l'amor di Rinaldo, e 'l suo destino.
Che l'ha tanto infiammata e tanto accesa,
Che si trova a la fine o morta o presa.

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Sacripante con lei solo è rimaso ;

Ma più fuora a combatter non uscia;
Poichè gli avvenne del cavallo il caso
Col qual contra Marfisa andare ardia:
E poi nel petto tien confitto il naso;
Che del suo regno avea malinconia.
Ma non è cosa che gli affligga il core
Più, che veder de la donna il dolore.
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Del destriero e del regno ch'ha perduto
Non arebbe il meschin doglia nè cura,
Pur che potesse darle qualche ajuto
E contra tanto mal farla sicura.
Il castel per tre mesi è provveduto
Di vettovaglie, e guardate le mura:
Prima dunque che 'l tempo sia finito,
Bisogno è di pigliar qualche partito.

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Venne a consiglio il vecchio Galafrone
Col re Circasso, e 'l suo parere spiana :
Io ho, dicendo, una certa ragione,
Che da sperar soccorso ogni altra è vana.
Un mio parente tien la regione

Di là da l'India detta Sericana;
Gradasso ha nome, ed è de' singolari

Guerrier del mondo, anzi pur non ha pari. Orl. Innam. Vol. III,

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Settantadue reami, e non è ciancia,
Ha presi con la sua sola persona ;

E vinto ha tutto'l mare e Spagna e Francia:
Per l'universo il nome suo risuona.

Or di nuovo ha ripreso in man la lancia,
E di testa s'ha tolta la corona,

E giurato mai più non la portare,

Se non fornisce quel ch' egli ha da fare.

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E quest' è che ne gli anni addietro, quando
Vinse la Francia, e prese Carlo Mano,
Gli fu promesso di mandare un brando,
Che tal non porta cavalier in mano:
Sol lo porta un guerrier ch'ha nome Orlando;
Onde avendo aspettato un pezzo invano,
S'è or disposto tornare in Ponente,

E Carlo un'altra volta far dolente.

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E dentro a la città di Druantuna,

Ch'è la sua reggia e la sua sede antica,
Per far passaggio tanta gente aduna,

*

Che stimar non si può, non ch' io lo dica;
Ma non è quantità di gente alcuna,
Che gli sia nè amica ne nimica,
Ch' a la sua forza sia da comparare:
Per mostra sol la gente usa menare

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Si che a salvarne di man di costei,
Questo sarebbe l'unico rimedio ;
Ma io non trovo il modo che vorrei
Ch' egli intenda di questo nostro assedio;
Ch' egli arebbe pietà de' casi miei,
E volerebbe a levarmi di tedio:
Ma come ho detto non posso vedere
Modo nè via da farglielo sapere.

Ti possiam di condegno guidardone;
Bench' io non pensi mai poterlo fare.
Pur ciò ch'abbiamo, e le proprie persone
Sono a tua posta, e ci puoi comandare.
Così ti giuro per lo Dio Macone,

Che la mia figlia, e tutto il regno, ed io
Siam tutti pronti ad ogni tuo disio,

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la questo profferir tutto è perduto;
Che saremo egli, ed ella, ed io deserti,
Se non si trova in qualche modo ajuto:
E perchè sopra questo ho gli occhi aperti,
E so quel ch'aver posso e quel ch'ho avuto
E quel ch'è al mondo; vo' che tu t'accerti
Chad ogni modo ci convien perire,

Se il re Gradasso non si fa venire.

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i che, figliuol mio caro, io ti scongiuro
Per te, per noi, che non ti paja strana
La domanda ch' io fo, nè grave e duro
Il viaggio per fino in Sericana;

E questa sera, come 'l cielo è scuro,
Cali dov'è quella gente villana,
Che ci ha si vili, e ci stima sì poco,
Che non fa guardia in campo in alcun loco

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Non stette Sacripante a far parole;
Che lor servendo, pensa a se servire;
E pargli andar a cor rose e viole;
Ne vede l'ora che possa partire:
E come appunto fu tramonto il sole,
E l'aria intorno cominciò a 'mbrunire,
Sconosciuto, siccome peregrino,

Per mezzo l'oste prese il suo cammino,

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Nè sopra lui d'alcun fu mai guardato.
Va di gran passo, e'n mano ha'l suo bordone;
Ma sotto la schiavina è ben armato
Di buona piastra, e la spada al gallone.
Rimase Galafron quivi serrato,

E la figliuola con la ossidione;

Al re che va per istaffetta a piede,
Altr' incontri è venture il caso diede;

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E l'udirete come l'altre cose

Che qui vi sono state e saran conte;
E saran ben de le maravigliose;
Perchè fu in India al sasso de la fonte,
Ed anche altrove: ma saranno rose
Appresso a quel ch'ho a dir di Rodamonte
De la furia del qual prima v'ho a dire;
Che nol posso tener, che vuol venire.

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Bestemmia Macometto e Trivigante :
Ogni religion sprezza, ogni fede:
Tanto è superbo insolente arrogante,
Che non vuol' adorar quel che non vede.
Or fermo non può star sopra le piante:
Appena d'arrivare in Francia crede,
E di mandarla in polvere ha giurato;
Ma lasciate ch' io pigli lena e fiato.

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