E benchè gli osti e tutte quelle genti, Dietro gli sian con orci e con pignatte; E' se n'andava stropicciando i denti, Prima lor certo fiche avendo fatte. Non avea dietro mai manco di venti Persone che gridavan come matte. L'impiccato qualcun talvolta aspetta ; Poi fugge, e via gli porta la berretta.
L'altiera donna pur lo seguitava,
Quando più lungi e quando più d'appresso Al ladro al ladro dietro gli gridava; Ed ognun rispondeva: egli è ben desso. Ognuno al ciel di lui si lamentava; Ognun rubando sottosopra ha messo; E minacciando pur lo van col dito. Ma non più, perchè il Canto è qui finito.
Volte ha le chiome verso il lato manco E la cima increspata e sparsa al vento, Sopra ad un palafren crinuto e bianco, Che tutto d'or brunito ha il fornimento. Un cavalier, le stava armato al fianco " Che in sembianza parea pien d'ardimento Ha per cimiero un Mongibello in testa, E ne lo scudo e ne la sopravvesta .
Dico che il cavalier ha per cimiero Una montagna che gettava fuoco : Lo scudo e la coperta del destriero La medesima insegna nel suo loco. Or, signor' graziosi, egli è mestiero Ch' io abbandoni questa parte un poco; E per dare a la somma i membri sui Torni a Marfisa ch'è dietro a colui. 69
Non l'abbandona la donzella altiera; Ma giorno e notte senza fin lo caccia; Nè monte alpestro nè grossa riviera, Ne selva o stagno le rompe la traccia. Va il caval ch' egli ha sotto di maniera, Che par ben che di lei beffe si faccia : Quel buon caval che fu di Sacripante, Come folgore a lei fugge d'avante.
Quindici giorni già l'avea seguito, Ne d'altro che di fronde era pasciuta. Quel ladroncel malizioso e scaltrito, Con altro che con fronde ben s'ajuta; Perch' era tanto presto impronto ardito, Ch' entra in ogni taverna ch'ha veduta; E com' aveva ben mangiato il ghiotto Can le calcagna pagava lo scotto.
E benchè gli osti e tutte quelle genti, Dietro gli sian con orci e con pignatte; E' se n'andava stropicciando i denti, Prima lor certo fiche avendo fatte . Non avea dietro mai manco di venti Persone che gridavan come matte. L'impiccato qualcun talvolta aspetta ; Poi fugge, e via gli porta la berretta.
L'altiera donna pur lo seguitava,
Quando più lungi e quando più d'appresso Al ladro al ladro dietro gli gridava; Ed ognun rispondeva: egli è ben desso. Ognuno al ciel di lui si lamentava; Ognun rubando sottosopra ha messo; E minacciando pur lo van col dito. Ma non più, perchè il Canto è qui finito.
CANTO QUARANTESIMOQUINTO.
Ogni peccato è brutto, e d'odio degno,
Massimamente contra al ben comune; Ma certa differenzia, e certo segno
Fa ch'un merta il baston, l'altro la fune. Gli error che ci fa far l'ira e lo sdegno, Anno, a parlar così, più de l'immune, E quelli e gli altri che la forza pare, Più che la volontà, ci faccia fare.
Però le sante leggi in ogni cosa
Discrete, in queste estremamente sono; Che 'l frutto a la persona bisognosa, Per non morir di fame, fanno buono; Ma quando vien da natura viziosa Non è cosa che merti men perdono : Però con altrettanta discrezione Se gli dà con la morte punizione.
Duole ogni 'ngiuria a l'uom; pur si sopporta, Al mio giudicio, con più pazienzia, Che non fa questa, ch'oltra 'l danno porta Vergogna, e ci riprende d'imprudenzia. Par che sia la persona mal accorta, E ch'abbia avuto al suo poca avvertenzia; E la disgrazia di chi è perdente,
Più muove a riso, ch'a pietà, la gente.
Ed un certo proverbio così fatto
Dice, che 'I danno toglie anche il cervello; E che chi è rubato, come matto
Ne va dando la colpa a questo e quello. Colui che ruba, pecca solo un tratto; Ma s'io avessi preso quel Brunello, So che de gli error suoi data gli arei La pena, e de gli altrui e poi de' miei.
Quegli osti e cuochi e quell' altre persone Che gli correvano a quel modo drieto, Mi par avesser più che gran ragione; Ma il tristo ruba, e calcagna e sia cheto. Aveva il corno di quel di Milone, E la spada ch'avea quel gran segreto, Che lavorata fu da Fallerina ; Così si ficca per ogni cucina.
Bevuto ch'ha, la tazza in sen si caccia, E pargli appunto aver pagato l'oste, Con dir, quando va via: buon pro vi faccia. Ma pur Marfisa gli è sempre a le coste, E d'impiccarlo sempre lo minaccia : Ma quel mal topolin non tien le poste : Lasciandola appressar, va lento lento, Dipoi la pianta, e fugge come un vento.
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