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Il re che più che 'l diavolo è scaltrito,
Vedendo ben procedere il disegno:
Non ve ne mostrerei quant'è un dito,
Dicea, se voi mi deste il mondo in pegno;
Perocch' un gran passaggio è stabilito,
Dov' ogni cavalier che ne sia degno,
trong E che gloria disideri ed onore,

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Arà modo a mostrare il suo valore.

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Or è venuta pur quella stagione.
Che disiava chi è valoroso:
Or si potrà vedere il paragone

Di chi star vuol palese, e chi nascoso:
Vedransi aperti i cor de le persone,
Chi sarà vile e chi sarà animoso.
Chi resterà di qua, sarà schernito,
E da fanciul per via mostrato a dito.

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Perocchè il re Agramaute vuol passare
Contra il re Carlo a torgli la corona.
Tutto di vele è già coperto il mare;
Affrica tutta quanta s'abbandona.
Giunto è quel tempo che si può mostraré
Ogni parte ch'ha l'uomo e trista e buona.
Chi d'onore e d'infamia è sitibondo,
Farà parlar di se per tutto 'l mondo.

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Mentre che ragionava il traforello,
Ruggier ch'attentamente l'ascoltava,
Più volte avea cambiato il viso bello;
Tutto a guisa di stella lampeggiava.
Batter si sente il cor quasi un martello.
Il re pur ragionando seguitava:

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Non si vide già mai nè in mar nè in terra
Armata tanta gente ad una guerra.

da ora ti giuro e prometto di queste armi ti vorrei guarnire, ti questo mio destriero eletto: certamente so che potrai dire 1 principe Rinaldo e 'l conte Orlando ha miglior caval nè miglior brando.

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anetto non potè aspettare facesse Atalante la risposta, e colui che mill' anni gli pare ersi la bell' arme indosso posta, r per l'aria quel caval balzare: ogl' ir, disse, nel foco a tua posta, quel cavallo e quell' armi mi dai: prego, fa tosto quel che fai;

ti

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io vedo là giù quella brigata prarsi sì ben, che mi consumo, armi ogni minuto una giornata ser tra quella polvere e quel fumo; le la grazia non fia più indugiata ; on t'offenda s'io troppo presumo; chè mi sento dentro arder il core li morire, o d'acquistare onore.

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Il re rispose sorridendo un poco:
La giù da senno non si fa quistione :
Tutta la gente che vedi in quel loco
È Affricana, e adora Macone:
Quello armeggiare è fatto per un gioco
E non per farsi alcuna offensione:
Di taglio nè di punta non si mena,
Perch'è vietato sotto grave pena.

Dammi pure

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il cavallo e l'armadura, Dicea Ruggiero, e d'altro non curare; Che ti prometto non aver paura, E saper come loro il gioco fare; Ma sopraggiunta fia la noite scura, Prima che tu mi vogli contentare. Mal l'intende colui che in tempo tiene; Che poco grato è 'l don che tardi viene.

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Sentendo questo il misero Atalante
Ch' era presente a tutte le parole, ›
Bestemmiava le stelle tutte quante,
Dicendo il cielo e la fortuna vuole
Che la fe di Macone e Trivigante
Perda costui che de' guerrieri è 'l sole.
Per forza a tradimento ucciso fia.
E così sia, poichè convien che sia.

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Così parlava forte lagrimando

Il negromante, e fece in questo fine;
Figliuol mio, disse, a Dio ti raccomando;
Poi si nascose in un monte di spine.
Il giovanetto già s'è cinto il brando,
E guarnito di maglie e piastre fine;
per la briglia il destrier afferrato,
Sopra d'un leggier salto s'è gettato

E

latte il chiamò quel Saracino perse difendendo Galafrone; i Ruggier lo nominò Frontino, che ucciso fu col suo padrone. sfacciato, e biondo coda e chiome, o altro signore, ebbe altro nome.

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e facesse con l'alto ardimento anetto, a voler dirvi appunto, ne sbaragliasse il torniamento

che fu in sul campo al basso giunto, , del tempo ch' ho non mi contento: meglio è che faccia al Canto punto; ove cose avendo e grandi a dire, Quova voce ve le faccia udire.

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ORLANDO INNAMORATO.

CANTO QUARANTESIMOSESTO.

Colui che pose nome piccol mondo

1

A l'uomo, ebbe d'ingegno un ricco dono:
Che da l'esser in fuor com' egli tondo,
Tutte l'altre faccende in esso sono.
Ha del largo del lungo del profondo,
Del mediocre del tristo e del buono :
Tutte le qualità de gli elementi

Produce, pioggie e nevi e nebbie e venți.

2

Si rannugola spesso, e rasserena :

a

La terra sua or sì or no fa frutto;
Perch' ell' è dove grassa, e dove rena;
Or ha troppo del molle, or de l'asciutto.
Torrenti e fosse d'acqua e fiumi mena
Che fanno 'l corso loro or bello or brutto.
Questi potrian chiamarsi gli appetiti
Che sempre van, perchè sono infiniti,

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