Lucina il nome fu de la donzella, E quel del padre suo fu Tibiano; E sendo, come dico, forte bella, Era da molti domandata invano. Sol de la sua bellezza si favella Per tutto il territorio Soriano. Ognun lungi e vicin le porta amore; Ma sopra tutti Norandin ne muore.
Aveva Tibian diliberato
Voler la sua figliuola maritare;
Per questo un torniamento ha preparato, Come in quel tempo s'usava di fare, Ove re duchi conti, ognuno armatu, Potesse il valor suo chiaro mostrare; Ed ha chiamato duchesse e reine E principesse e donne senza fine.
Pien d'infinita voglia ognuno andava, Come fu d'ogni parte il bando inteso: Chi perchè il pregio guadagnar sperava : Chi per veder la giostra ha il cammin preso; Ma più de gli altri gran fretta menava Norandin che d'amore ha il petto acceso Fornito va di ciò che fa mestieri
Di paramenti d'arme e di corsieri.
E seco per compagni conduceva
Da venti cavalieri, ognuno eletto.
In quel che Orlando in sul porto giugneva, Il re si stava in nave per diletto. Come lo vide, a' suoi baron diceva: Se l'opre corrispondono a l'aspetto, E la presenzia di costui non mente, Debbe esser valoroso verameute,
Come tal volta fra l'ignota gente
Lecito ad un ignoto è gloriarsi, E dir le laudi sue per fare attente Le persone e la grazia guadagnarsi; Così anche l'ufficio gli consente Che l'uom talvolta possa un altro farsi Per fare il fatto suo; ma senza inganno Senza oltraggio d'alcuno, e senza danno.
La verità è bella; nè per tema
Si debbe mai tacer nè per vergogna . Quando la forza e l'importanzia prema, Talvolta avvien che dirla non bisogna. Per fizion non cresce il ver nè scema, Nè sempre occulto è da chiamar menzogna; Anzi valente molte volte viene
E savio detto quel che occulto il tiene.
D'ambedue queste parti di prudenzia Il figliuol di Laerte esemplo danne; Che sendo de' Feaci a la presenzia, Disse la fama mia fin al ciel vanne: Poi, quando dette a quel la penitenzia, Che mise dentro a le bramose canne Le membra de' compagni al sasso dome; Esser un altro finse e mutò il nome .
S'Orlando avesse fatto del meschino, Allor che fu invitato al torniamento, Beffe se n'aria fatto Norandino. Così poteva farlo anche scontento, S'avesse detto io sono il paladino. Or tra Levante e Greco, ottimo vento Via ne gli porta in Cipri a la spiegata Dove prima gran gente era adunata.
Dico che i Greci insieme co' Pagani A la gran festa s'erano adunati; E molti d'altre parti, e Soriani, Baroni e cavalieri eran armati. Sopra gli altri stranieri e paesani Di maggior stima e di più pregio ornati Eran Basaldo e Gostanzo e Morbeco :
I due son Turchi, e quel di mezzo Greco.
Gostanzo fu figliuol di Vatarone Che de' Greci tenea la signoria: Ognun de gli altri ha una regione Di che sono ammiragli in Natolia. Aveva seco Gostanzo Grifone Menato ed Aquilante in compagnia. Ben mi pens' io ch' abbiate già sentito Com' Aquilante seco fu nutrito,
Quando la Fata nera venir fello,
Essendo fanciulletto in quella corte, Poichè 'l tolse di man a quell'uccello Che trattato l'aría di mala sorte. Di questa loro istoria io non favello; Che ridir quel ch'è detto è una morte. Stette in Ponente l'un, l'altro in Levante: Grifone in Spagna, ed in Grecia Aquilante.
Adesso, poichè furno sprigionati, Com'udiste, da l'isole lontane, Avendo molti giorni consumati Per paesi diversi e genti strane; Nel porto di Biancherna eran entrati, Dove con festa e con sembianze umane Fur ricevuti da l'imperadore
E da Gostanzo, ed ebber molto onore.
E di giostrare avendo desidero,
Ebbe la lor venuta molto grata, Conoscendo ciascun buon cavaliero Da far restar la sua banda onorata; Avvegnachè Grifone è in gran pensiero, Perch' Origilla sua donna malata Era di febbre tanto acuta e forte, Che condotta l'avea quasi a la morte.
Ma pure, essendo migliorata alquanto, Parti da lei, benche gli fusse grave; Nè si potè partir già senza pianto, E sali con Gostanzo in su la nave; Indi passarno ove il fiume di Santo Fa foce in mare; e con vento soave Giunsero in Cipri al gioco apparecchiato, Ognun ben a cavallo, e meglio armato.
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