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Che te ne porti il seme alto eccellente
D'ogni virtù, che nosco dimorava,
Ond'ha a nascere il fior d'ogni altra gente:
E quel che sopra tutto il cor mi grava,
Ch'esser conviene, e non sarà altramente.
Così piagnendo il vecchio ragionava .
Il re Agramante al suo dir ben attende;
Ma di quel che dicea niente intende.

64

A lui rispose, poich' ebbe finito,
Così ridendo: io credo che l'amore
Che porti al giovanetto bello e ardito
Ti faccia indovinar sol per dolore;
Ma a questa cosa piglierem partito .
Acciò che il petto non stia senza il core,
Verrai tu anche: lascia stare il pianto.
Signori, addio; che qui finito è il Canto.

1

ORLANDO INNAMORATO.

Chi

CANTO CINQUANTESIMOPRIMO.

hi ruba un corno un cavallo un anello, E simil cose, ha qualche discrezione, E potrebbe chiamarsi ladroncello Ma quel che ruba la riputazione, E de l'altrui fatiche si fa bello, Si può chiamare assassino e ladrone; E di tanto più odio e pena è degno, Quanto più del dover trapassa il segno.

2

Rubare ad un qualche cosa, ove sia
Danno di quella cosa solamente,
E che non ne sia tanta carestia,
Che non si riacquisti agevolmente;
È mala cosa; pur la passa via:

Ma quel danno più preme e più si sente,
E dà dispetto e dispiacer maggiore,
Che con l'util ne porta anche l'onore.

3

Ma non sia chi nè l'un nè l'altro pensi
Che lungo tempo debba esser segreto:
Ogni segreto rivelar conviensi :

Parlar convien chi stato un pezzo è cheto'.
E così par che Dio parta e dispensi,
Perchè si osservi il suo giusto decreto:
Ch' a' larghi e lunghi e profondi occhi suoi
Cosa nascosta non si fa tra noi.

4

Parla la terra la polvere e i sassi,
Quando parlar non posson le persone.
Chi de l'onore altrui coprendo vassi,
Somiglia quell'uccel che del pavone,
E l'asino, onde ancor gran riso fassi,
Che si vesti le spoglie del lione;
E con tanta vergogna loro e scorno
A la fine ambedue nudi restorno.

5

Per giustizia di Dio che quel Brunello,
Fusse dal re mandato a la giustizia,
De la quale era degno sol per quello
Ch'aveva fatto con tanta malizia
De la spada, del corno e de l'anello.
Ma crebbe a l'error suo troppa ingiustizia
Quel voler tor la gloria di Ruggiero
Contra ad ogni giustizia e contra 'l vero.

+6

Il diavol l'ajuto; che forse tanta
Pena non era quella al malandrino;
E lo salvò per dargliene altrettanta.
Ma per tornare al lasciato cammino,
Diciam del re Agramante che si vanta
Di disfar Carlo, e metterlo a bottino.
Già d'arme ha il mare e la terra coperta;
E son trentadue re dentro a Biserta.

non ha la gente sua villana, e ricciuta dal capo a le piante. ca egli una grossa e sconcia alfana, armato è di dietro e d'avante: e la sopravvesta e ne lo scudo po rosso un fanciulletto nudo.

9

vien appresso, ch'è il secondo, noreggia tutta l'Espería

tanto in là, che quasi è fuor del mondo, re è nera ancor la sua genía.

li occhi rossi, e'l viso furibondo, bri rossi, e par la Befanía:

e quell'altro cavalea un' alfana. resso viengli un'altra bestia strana,

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on, signor de l'Almassilla;

si può chiamar re del deserto.
ha il paese suo casa nè villa:
a la gente alloggia a lo scoperto
o fussi dotto come la Sibilla

profezia, non vi saprei dir certo
la sua turba chi fusse il migliore;
senza ardir son tutti, e senza core

Non vi maravigliate poi s'Orlando
Fa di costoro un monte qualche volta,
E se gli va struggendo e dissipando ;
Che vanno nudi come cosa stolta,
E par che apposta sien fatti pel brando,
Perchè la vita sia lor tosto tolla.
Ma troppo dal proposito mi parto:
Detto del terzo, dir convien del quarto,

12

Che Manilardo è re de la Norizia,

La qual di là di Setta è mille miglia:
Di pecore e di capre ha gran dovizia
Ed a quelle la gente s'assomiglia.
Non an denar, non anno anche avarizia;
E se non l'anno, non è maraviglia;
Che quella è cosa che quanto maggiore
Copia se n'ha, tanto cresce l'ardore.

13

Il quinto è re di Bolga Mirabaldo

Che lontano è dal mare, e sta fra terra.
E grande il suo paese e secco e caldo;
La gente sua fa con le serpi guerra:
Va di giorno ciascun sicuro e baldo;
La notte poi ne le tane si serra:
Si pasce d'erba, e non so ch'altro guste.
Scrive Turpin che vivon di locuste.

14

persa:

Il sesto è Folvo, il quale è re di Fersa.
Non trovo gente di questa peggiore;
Come il sol monta a mezzo giorno, è
Bestemmia lui e 'l cielo e'l suo fattore.
Francia, tu se' poco men che sommersa
Da la feccia del mondo e dal fetore :
Ma lascia che co' nostri ella si stringa.
Ogni Cristian n'arà cento per stringa.

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