Che te ne porti il seme alto eccellente D'ogni virtù, che nosco dimorava, Ond'ha a nascere il fior d'ogni altra gente: E quel che sopra tutto il cor mi grava, Ch'esser conviene, e non sarà altramente. Così piagnendo il vecchio ragionava . Il re Agramante al suo dir ben attende; Ma di quel che dicea niente intende.
A lui rispose, poich' ebbe finito, Così ridendo: io credo che l'amore Che porti al giovanetto bello e ardito Ti faccia indovinar sol per dolore; Ma a questa cosa piglierem partito . Acciò che il petto non stia senza il core, Verrai tu anche: lascia stare il pianto. Signori, addio; che qui finito è il Canto.
CANTO CINQUANTESIMOPRIMO.
hi ruba un corno un cavallo un anello, E simil cose, ha qualche discrezione, E potrebbe chiamarsi ladroncello Ma quel che ruba la riputazione, E de l'altrui fatiche si fa bello, Si può chiamare assassino e ladrone; E di tanto più odio e pena è degno, Quanto più del dover trapassa il segno.
Rubare ad un qualche cosa, ove sia Danno di quella cosa solamente, E che non ne sia tanta carestia, Che non si riacquisti agevolmente; È mala cosa; pur la passa via:
Ma quel danno più preme e più si sente, E dà dispetto e dispiacer maggiore, Che con l'util ne porta anche l'onore.
Ma non sia chi nè l'un nè l'altro pensi Che lungo tempo debba esser segreto: Ogni segreto rivelar conviensi :
Parlar convien chi stato un pezzo è cheto'. E così par che Dio parta e dispensi, Perchè si osservi il suo giusto decreto: Ch' a' larghi e lunghi e profondi occhi suoi Cosa nascosta non si fa tra noi.
Parla la terra la polvere e i sassi, Quando parlar non posson le persone. Chi de l'onore altrui coprendo vassi, Somiglia quell'uccel che del pavone, E l'asino, onde ancor gran riso fassi, Che si vesti le spoglie del lione; E con tanta vergogna loro e scorno A la fine ambedue nudi restorno.
Per giustizia di Dio che quel Brunello, Fusse dal re mandato a la giustizia, De la quale era degno sol per quello Ch'aveva fatto con tanta malizia De la spada, del corno e de l'anello. Ma crebbe a l'error suo troppa ingiustizia Quel voler tor la gloria di Ruggiero Contra ad ogni giustizia e contra 'l vero.
Il diavol l'ajuto; che forse tanta Pena non era quella al malandrino; E lo salvò per dargliene altrettanta. Ma per tornare al lasciato cammino, Diciam del re Agramante che si vanta Di disfar Carlo, e metterlo a bottino. Già d'arme ha il mare e la terra coperta; E son trentadue re dentro a Biserta.
non ha la gente sua villana, e ricciuta dal capo a le piante. ca egli una grossa e sconcia alfana, armato è di dietro e d'avante: e la sopravvesta e ne lo scudo po rosso un fanciulletto nudo.
vien appresso, ch'è il secondo, noreggia tutta l'Espería
tanto in là, che quasi è fuor del mondo, re è nera ancor la sua genía.
li occhi rossi, e'l viso furibondo, bri rossi, e par la Befanía:
e quell'altro cavalea un' alfana. resso viengli un'altra bestia strana,
on, signor de l'Almassilla;
si può chiamar re del deserto. ha il paese suo casa nè villa: a la gente alloggia a lo scoperto o fussi dotto come la Sibilla
profezia, non vi saprei dir certo la sua turba chi fusse il migliore; senza ardir son tutti, e senza core
Non vi maravigliate poi s'Orlando Fa di costoro un monte qualche volta, E se gli va struggendo e dissipando ; Che vanno nudi come cosa stolta, E par che apposta sien fatti pel brando, Perchè la vita sia lor tosto tolla. Ma troppo dal proposito mi parto: Detto del terzo, dir convien del quarto,
Che Manilardo è re de la Norizia,
La qual di là di Setta è mille miglia: Di pecore e di capre ha gran dovizia Ed a quelle la gente s'assomiglia. Non an denar, non anno anche avarizia; E se non l'anno, non è maraviglia; Che quella è cosa che quanto maggiore Copia se n'ha, tanto cresce l'ardore.
Il quinto è re di Bolga Mirabaldo
Che lontano è dal mare, e sta fra terra. E grande il suo paese e secco e caldo; La gente sua fa con le serpi guerra: Va di giorno ciascun sicuro e baldo; La notte poi ne le tane si serra: Si pasce d'erba, e non so ch'altro guste. Scrive Turpin che vivon di locuste.
Il sesto è Folvo, il quale è re di Fersa. Non trovo gente di questa peggiore; Come il sol monta a mezzo giorno, è Bestemmia lui e 'l cielo e'l suo fattore. Francia, tu se' poco men che sommersa Da la feccia del mondo e dal fetore : Ma lascia che co' nostri ella si stringa. Ogni Cristian n'arà cento per stringa.
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