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Dalla Società Tipografica DE' CLASSICI ITALIANI,
contrada di s. Margherita, N.o 1118.
ANNO 1806.

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I

Se di questo gentil giardino ameno,

Graziosi Lettor', vi desse il core
Le tempie ornarvi, ovvero empiervi il sen
Di qualche dolce frutto o vago fiore;
Non saria l'util vostro forse meno,
Nè la vittoria e la gloria minore
Nel grado vostro di quella d'Orlando,
Se l'andate fra voi considerando.

2

Detto v'ho già che sotto a queste cose
Strane che in questo libro scritte sono,
Creder bisogna ch'altre sieno ascose;
E che da l'istrumento varj il suono,
E che sotto a le spine stian le rose,
E sempre qualche documento buono
Sia coperto co' pruni e con l'ortica,
Perchè si duri a trovarlo fatica;

3

E che de la fatica il premio sia;
Che cosi vuol la ragione e'l dovere.
Io non m'intendo di filosofia,

E non vo' fare il dotto nè 'l messere;
Ma che non sia nascosta allegoria
Sotto queste fantastiche chimere,

Non mel farebbe creder tutto 'l mondo;
E che non abbian senso alto e profondo.

Considerate un poco in coscienzia,
Se quella donna che 'l libretto porse
Al Conte, potesse esser la prudenzia
Che salvo pel giardin sempre lo scorse,
Cioè pel mondo; e se con riverenzia
Quell'asino e quel toro e drago forse
E quel gigante esser potessin mai
1 varj vizj e le fatiche e i guai

5

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Che vi son dentro; e se quella catena
Posta sotto le mense apparecchiate
Volesse, verbi grazia, dir la pena
De le genti ch'al ventre si son date;
E quella Fauna e quell' altra Serena,
Mille altri van piacer ch'a le brigate
Mostran bel viso, ed anno poi la coda
Di velen piena e di puzza e di broda.

6

Intendale chi può; che non è stretto
Alcuno a creder più di quel che vuole.
Torniam dove d'Orlando avemo detto,
Che stato è quivi insin a basso il sole.
Ha legati i giganti, ed in effetto
Fatto non pargli aver se non parole;
Perocchè se'l giardin non fa sparire,
Di tornare a madonna non ha ardire.

Legge il libretto, e vede ch'una pianta
Al mezzo del giardino appunto è drento;
A cui s'un ramo di cima si schianta,
Sparisce questo e quella in un momento;
Ma di salirvi su nessun si vanta

Senza cavarne o morte o rio tormento.
Ma il Conte che paura mai non vide,
Di questa morte e tormento si ride.

8

Addietro torna per una vallata

Che proprio arriva sopra 'l bel palagio
Ove prima la donna avea trovata
Specchiarsi ne la spada, e starsi ad agio,
Ed egli al faggio la lasciò legata,
Com' aría fatto un traditor malvagio.
Così ve la trovò legata ancora,
E ve la lascia, e punto non dimora.

9

Di giugnere a la pianta avea gran fretta ;
Ed ecco appunto in mezzo ai rami ha vista
Levarsi su quell' alta cima eletta,

Bella sopr' ogni dilettosa vista.

D'arco di Turco uscita mai saetta.
L'altezza di quel ramo non acquista.
Gran chiome sparge l'albero felice:
Grosso un palmo non è da la radice.

10

Non è più grosso; e i rami ha tutti intorno
Lunghi e sottili, ed ha verdi le fronde,
E le rinnova, e le muta ogni giorno,
E dentro spine acute vi nasconde.
Di vaghi pomi d'oro è tutto adorno
Che pajon mele gravi lustre e tonde
Attaccate ad un ramo piccolino;
Ch'è gran periglio star a lor vicino.

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