ONESTO DA BOLOGNA. — DANTE DA MAIANO. 13 ONESTO DA BOLOGNA. Fiori verso il 1280. SONETTO. Mi piantò nel primier che mal la vidi, A morir m? ha condotto; e stu? nol credi, E del cor odi gli angosciosi stridi: Che par ciascuna che la morte gridi. Ch' entro tal dolor sento in ogni parte, Che l' alma a forza dallo cor si parte. Aggio ben visto, Amor, com' si comparte: DANTE DA MAIANO. Fiorì verso il 1290. ALLA NINA SICILIANA. Ch' aggio sovente audito nominare, M’ han fatto coralmente innamorare; Di guisa tal, che già considerare Sì m'ha distretto Amor di voi amare. In loco di mercede e di pietanza Piacciavi sol ch' eo vostro servo sia. Fermo d' aver compita la speranza i nel primo di, nel primo istante che per mio danno la vidi. in vece di Se tu, - Stutto il capo; mente, intelletto. - 4 parte, luogo qualunque. 14 LA NINA SICILIANA. – GUITTONE D’AREZZO. LA NINA SICILIANA. (Una delle prime tra le donne Siciliane a coltivare la poesia volgare. A DANTE DA MALANO. Si fate a me, senza pur voi mostrare? Perchè 'l meo cor potessi dichiarare. In gioia mi conteria d' udir nomare D' essere sottoposto a me innorare. Alcuna cosa, che sturbasse amanza; Così affermo, e voglio ognor che sia. Se vostra penna ha buona consonanza GUITTONE D’AREZZO. Comunemente detto Fra perchè era dell'Ordine religioso e militare de Cavalieri Gaudenti; creatore o riformatore del sonetto. 1210—94. ALLA MADONNA. O del tutto amorosa Se tu, mia miglior madre, haila in obbria 5? Chi saggia, o poderosa , Chè grave in abondanza è carestia. Medicina leggera. profferta, offerta. -- " presenza. - ? intenzione, -- * eresia, contesa, discordia. --- S obblio. Se non miseria fusse, ove mostrare Si poria, nè laudare Ahi lasso! come mai trovar poria Cortese donna, poichè m? è villana Ch' è per ragion tanto cortese e piana. Chè orso, o drago, o qual fera è più strana, E fora ver di me dolce ed umana. Parola amara si crudelemente, Che fammi crudel morte sofferire? E suo chiar viso, e suo dolce avvenire, Già mille volte, quando Amor m’ha stretto, Eo son corso per darmi ultima morte, Empio dolor, ch' io sento dentro al petto. Ha lo meo core; e quanto a crudel sorte Dell' aspra morte per cercar diletto. Vostra immensa pietà mi tiene e dice: Non affrettar l' immatura partita. Ed a ristar di quà mi priega e invita Doglioso e lasso rimase 'l meo core, Poichè partiste, dolce rosa aulente, gentile, grazioso. Sicchè biasmare mi posso d'amore, Che di tal pena mi fa sofferente; Il cor dall'alma , ch' è tuttor presente. Che va e vene, ma non può parlare; Ed ogn' uom guarda, nè vede chi sia. Poichè non posso in me più ritornare, CANZONE. Obon Gesù, ov' è core Crudel tanto e spietato, E non pianto porti e dolore ? Nè allegri giammai che non dole ora Tanto è fellon nostro core! La carne nostra, vil tanto, prendesti; Vita a noi dando tutt'ore. Dei nostri padri, e nostro; e tu messere I onta. Di soavità, di pregio, e di piacere; E tutto bon, male non fiore. Come mendico, a piede afflitto andare; Ad ogni compiuto riccore. Vedemo lasso, preso, e denudato, Tale nostro e tanto signore. Tu di cielo e di terra ogni allegrezza: Non dà pietà, nè amore. Che fellonesca e crudel crudeltate ANTOLOGIA. |