Che con muri, con fossi, e con ripari, Ad onta delle leggi di natura, Chiuse han le selve, e confiscat i mari. E che oltre a' danni di tempeste, e arsura, Un pover galantuom, ci ha quattro zolle, Le paga al suo signor mezze in usura: Dite, che v è talun sì crudo, e folle; Che, sebben de vassalli il sangue ingoia, L' ingorde voglie non ha mai satolle: Dite, che di vedere ogn' un s' annoia Ripiene le città di malfattori, E non osservi poi se non un boia. Che ampio asilo per tutto hanno gl' errori; E che, con danno, e publico cordoglio, Mai si vedon puniti i traditori: I Lazzari cadenti, e semivivi, Mangian pane di segala, e di loglio: Ch' esenti dalle pene in faccia al cielo GIROLAMO PRETI. † 1626. BALLATA. All' Aure. Che per l' aria ite vagando, Deh fermate il vostro volo. Che Costei pietà non sente. Aure o voi, volando andate A colei, che m' innamora : Imitate i miei lamenti. Ventitate il bel crin d'oro, Per cui muore il cor legato. Gite intorno a quel bel volto, CLAUDIO ACHILLINI. † 1640. SONETTO. Roccella venne a Susa, e liberò Casale. E voi, ferri vitali, itene pronti, Per inalzar colossi al Rè de' Galli. Spezzò gli orgogli alle rubelle fronti, Diè fuga ai mari, e gli converse in valli. E con mano d' Astrea, gli alti litigi Temato solo, e non veduto estinse. Che, se Cesare venne, e vide, e vinse, 10: a liquefar. FRANCESCO REDI. 1626—1697. SCHERZO PER MUSICA. Spiega Amor nuova bandiera: Batti pur ec. E qual premio, e qual mercede Il tiranno tuo rigore? Ho sofferto, e mille affanni, Crude pene, ed aspre morti. Quel tuo giogo non vo' più Fra i neri popoli Con legge insoffribile Ti fe' inesorabile; Batti pur, batti tamburo. SCHERZO, come devesi usar la gioventù. Donzelletta, Superbetta, Che ti pregi d'un crin d'oro, Ch' hai di rose Rugiadose Nelle guancie un bel tesoro; Quei tuoi fiori I rigori Proveran tosto del verno, E sul crine Folte brine Ti cadranno a farti scherno. Damigella, Pazzarella, Godi, godi in gioventù, Se languisce, Se sparisce Quest'età, non torna più, Ed al rotar degli anni Scema sempre il gioir, crescon gli affanni. La tua beltà, Ora ch' è amabile, Gioja ineffabile Goder potrà. Ma se del viso tuo la fresca rosa Per pioggia grandinosa Tempestata dagli anni alfin cadrà , La tua beltà, Fattasi pallida, Tremante e squallida Lacrimerà, SONETTI. Negli occhi di Madonna è sì gentile Talor lo sdegno, e sì vezzoso appare, Dall' aura dolce del novello Aprile. L' onde movendo orgogliosette, e chiare, Ciò, che in lui si posò d'immondo, e vile: Tal di Madonna il vezzosetto sdegno D'ogni amante rispinge ogni desire, Che di sua purità le sembri indegno. Sollevando tempeste ad alto segno, Donne gentili, divote d'Amore Che per la via della pietà passate, Se vi è dolor, che agguagli il mio dolore. Della mia Donna risedea nel core, Com' in trono di gloria, alta onestate; E ne begli occhi angelico splendore. Baldanza umile ed innocenza accorta, E fuor ch' in ben oprar nulla fidanza. Avea nel seno, e nella fè costanza; |