Quasi un popol selvaggio, entro del cuore Ond' io contento, e internamente, e in vista, CARLO MARIA MAGGI. 1630-1699. SONETTI. Scioglie Eurilla dal lido. Io corro, e stolto Mentre sul mare i suoi begli occhi aprio. Punto d' ape celata infra le rose Nella man, che vi stese, incauto Amore, Or le ferite intendi, ella rispose, Che fai nell' alme altrui, dal tuo dolore; Pur la tua spina a noi tu non iscopri, E in paragon di questa, ape infedele, Più crudeltade, e con più frode adopri. Ci pungi a morte in promettendo mele, E in rose di beltà tue punte copri; Ma l'inganno più bello è il più crudele. Io grido, e griderò, finchè mi senta L' Adria, il Tebro, il Tirren, l' Arno e 'l Tesino, Chiede perdon; che il suo nemico audace FRANCESCO DE LEMENE. 1634-1704. SONETTI. La Violeta. Messaggiera dei fior, nunzia d' Aprile, Che più stimi degli ostri i pallor tuoi, Se voi, pompa d' Amor, siete sì bella, Amore abituato. Deh per pietà, chi la mia fiamma ammorza, Fia, ch' in acqua di pianto il cor si stempre; A nutrir sì gran fiamma, e appoco appoco Non manchi in me la vita, e 'l foco cresca. Morte, ed Amor, voi per pietate invoco: Fate debile il foco, e debil l' esca, E manchi o'l foco all' esca, o l'esca al foco. MADRIGALI. Loda il soave cantare di bella giovane. Offesa verginella Piangendo il suo destino, Tutta dolente e bella, Fù cangiata da Giove in augellino, Che canta dolcemente, e spiega il volo: E questo è l' usignuolo. In verde colle udì con suo diletto Cantar un giorno Amor quell' augelletto; Con miracol gentil, prese di Giove Ad emular le prove; Onde, poi ch' ebbe udito Quel musico usignuol, che sì soave Canta, gorgheggia e trilla, Cangiollo in verginella: e questa è Lilla. Dimenticatosi il Berettino nella Casa del Signor de Lemene il Signor Segretario Maggi, egli racchiuselo in un plico, e suggellatolo, vi fece la soprascritta con questa OTTAVA. Maggi, prima d'aprire, indovinate CAPRICCIO. Si propone non voler più cantare d' Amore. Son troppo sazia, Non ne vo' più. Cantar sempre d'amore, Nè mai cangiar tenore, Non ne vo' più. Non si parli d' amor; sen vada in bando; Era Orlando innamorato, Forsennato Per Angelica la bella. O pazzarella, Ecco che amor ritorna in isteccato. Tosto volgiamo in carmi Dove si tratta sol di guerre e d'armi. Trojani a battaglia: Già delle spade ostili appare il lampo; Omai non può tardar che non v' assaglia; ANTOLOGIA. 11 Già sentite la tromba Quando cada la spada, Correte a difendere Di beltà peregrina, Di quella gran beltà, ch' amor rapì. Che gran disgrazia! Sempre amor per tutto fu. Son troppo sazia, Non ne vo' più. Ma lassa, che farò, perchè da me Mai dal cor non si divide, Mio cor, che puoi far tu, Che far poss' io per non parlarne più? Ah! che un' alma innamorata O felice, o sventurata, Abbia pure o guerra, o pace. Sol non parla d' amore allor che tace. VINCENZO DA FILICAJA. 1642-1707. SONETTI. All' Italia. Italia, Italia, o tu, cui feo la sorte Che in fronte scritti per gran doglia porte: |