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Or noi dolemo spesse fiate
Di fera o uom traditore,
E di pena via più leggera.
Di te, sommo bon, per si fera
Com'è non ciascun piangitore?
O bon Gesù, com'è ragione,

Chi non vuol della tua doglia dolere,
Allegrar della tua resurrezione,
E senza pena teco sostenere?
Che oltraggiosa e matta pensagione
Pensar nel gaudio tuo teco gaudere,
Mertar onta e danno tenere,
Uom che pro chere e onore,
Ove affannare vuol nente!
Nol chera mai cor valente
Senza operar lo valore.
Obon Gesù, apri el core

Nostro crudel duro tanto,
Ritenendo a far di te pianto,
Com aigua in spungia, dolore.

GUIDO CAVALCANTI.

,,Il creatore del nuovo stile", il secondo occhio della Toscana letteratura. † 1300.

SONETTI.

O Donna mia, non vedestù colui

Che sullo core mi tenea la mano,
Quand' io ti rispondia fiochetto e piano
Per la temenza delli colpi sui?

El fu Amore; chè trovando vui

Meco, riflette' che venia lontano
A guisa d' un' arcier presto Soriano,
Acconcio sol per ancidere altrui.
E trasse poi degli occhi miei sospiri
I quai si gittan dallo cuor si forte.
Ch' io mi parti' sbigottito fuggendo.
Allor mi parse di seguir la morte
Accompagnato di quelli martiri,

Che soglion consumare altrui piangendo.

Chi è questa che vien, ch' ogni uom la mira,
Che fa di clarità l' aer tremare?

E mena seco Amor, sicchè parlare
Null' uom ne puote, ma ciascun sospira?
Ahi Dio, che sembra quando gli occhi gira?
Dicalo Amor, ch' io nol saprei contare;
Cotanto d' umiltà donna mi pare,

Che ciascun' altra inver di lei chiam' ira. Non si poria contar la sua piacenza,

Che a lei s' inchina ogni gentil virtute,
E la Beltade per sua Dea la mostra.
Non fu si alta già la mente nostra,

E non s'è posta in noi tanta salute
Che propriamente n'abbiam conoscenza.

A me stesso di me gran pietà viene

Per la dolente angoscia, ch' io mi veggio:
Per molta debolezza, quand' io seggio,
L' anima sento recoprir di pene.

Tanto mi struggo, perch' io sento bene,

Che la mia vita d' ogni angoscia ha 1 peggio: La nuova donna, a cui mercede io chicggio, Questa battaglia di dolor mantiene: Perocchè quand' io guardo verso lei,

Drizzami gli occhi del suo disdegno
Si fieramente, che distrugge il core:
Allor si parte ogni virtù da' miei;

Il cor si ferma per veduto segno
Dove si lancia crudeltà d'amore.

BALLATE.
I.

Era in pensier d' Amor quand' io trovai
Due forosette 1 nove:

L' una cantava:, e' piove
Fuoco d' Amore in nui.

Era la vista loro tanto soave

Tanto quieta, cortese ed umile,
Ch' io dissi lor: voi portate la chiave
Di ciascuna vertute alta e gentile:

contadine fresche e leggiadre.

Deh, forosette, non m' aggiate a vile:
Per lo colpo, ch' io porto,
Questo cor mi fu morto

Poichè 'n Tolosa fui.

Elle con gli occhi lor si volser tanto
Che vider come 'l core era ferito;
E come un spiritel nato di pianto
Era per mezzo dello colpo escito.
Poichè mi vider così sbigottito,
Disse l' una che rise:
Guarda come conquise

Forza d' Amor costui.

Molto cortesemente mi rispose

Quella che di me prima aveva riso;
Disse: la Donna che nel cor ti pose
Con la forza d' Amor tutto 'l suo viso,
Dentro per gli occhi ti mirò sì fiso
Che Amor fece apparire:

Se t'è grave il soffrire,
Raccomandati a lui.

L'altra pietosa, piena di mercede,

Fatta di gioco in figura d'Amore,

Disse: il suo colpo, che nel cor si vede,
Fu tratto d'occhi di troppo valore,
Che dentro vi lassaro uno splendore
Ch'i' nol posso mirare,

Dimmi se ricordare

Di quegli occhi tu pui?

Alla dura quistione e paurosa,

Che mi fe' questa gentil forosetta,
lo dissi: e' mi ricorda, che 'n Tolosa
Donna m' apparve accorellata e stretta,
La quale Amor chiamava la Mandetta:
Giunse sì presta e forte

Che 'nfin dentro alla morte
Mi colpir gli occhi sui.

Vanne a Tolosa, Ballatetta mia,

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Ed entra quetamente alla dorata
Ed ivi chiama che per cortesia
D' alcuna bella Donna sia menata
Dinanzi a quella, di cui t' ho pregata:
Es' ella ti riceve,

Dille con voce lieve:

Per mercè vengo a vui.

i porta.

II.

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Posso degli occhi miei novella dire,
La quale è tal, che piace sì al core,
Che di dolcezza ne sospira Amore.
Questo novo piacer, che 'l mio cor sente,
Fu tratto sol d' una donna veduta,
La quale è sì gentile ed avvenente,
E tanto adorna, che 'l cor la saluta.
Non è la sua beltate conosciuta
Da gente vile; che lo suo colore
Chiama intelletto di troppo valore.
Io veggio che negli occhi suoi risplende
Una virtù d' Amor tanto gentile,
Che ogni dolce piacer vi si comprende:
E muove allora un' anima sottile,
Rispetto della quale ogni altra è vile:
E non si può di lei giudicar fore
Altro, che dir: quest' è nuovo splendore.
Va', Ballatetta, e la mia donna trova;
E tanto le dimanda di mercede,
Che gli occhi di pietà verso te movȧ
Per quel, che 'n lei ha tutta la sua fede:
E, s' ella questa grazia ti concede,
Manda una voce d' allegrezza fore,
Che mostri quello, che t' ha fatto onore.

CANZONE.

Io non pensava che lo cor giammai
Avesse di sospir tormento tanto,
Che dall' anima mia nascesse pianto,
Mostrando per lo viso gli occhi morte.
Non sentii pace, nè riposo alquanto,
Posciach' Amore e madonna trovai;
Lo qual mi disse: Tu non camperai,
Chè troppo è lo valor di costei forte.
La mia virtù si partì sconsolata,
Poichè lasciò lo core

Alla battaglia, ove madonna è stata,
La qual dagli occhi suoi venne a ferire
In tal guisa, ch' Amore

Ruppe tutti i miei spiriti a fuggire.

Di questa donna non si può contare,
Che di tante bellezze adorna viene,
Che mente di quaggiù non la sostiene,
Sicchè la veggia lo intelletto nostro.
Tanto è gentil, che quando penso bene,
L' anima sento per lo cor tremare,
Siccome quella che non può durare
Davante al gran dolor, che a lei dimostro.
Per gli occhi fiere la sua claritate;
Sicchè qual uom mi vede

Dice: Non guardi tu questa pietate,
Che posta è in vece di persona morta,
Per dimandar mercede?

E non se n' è madonna ancora accorta.
Quando mi vien pensier, ch' io voglia dire
A gentil core della sua virtute,

Io trovo me di sì poca salute,

Ch' io non ardisco di star nel pensiero :
Chè Amor alle bellezze sue vedute
Mi sbigottisce sì, che sofferire

Non puote 'l cor, sentendola venire;
Che sospirando dice: Io ti dispero:
Perocch' io trassi del suo dolce riso
Una saetta acuta,

Ch' ha passato il tuo core e 'l mio diviso.
Amor, tu sai allora, ch' io ti dissi,
Poichè l' avei veduta,

Per forza convenia che tu morissi.
Canzon, tu sai che dei labbri d' Amore
Io t'assembrai quando madonna vidi:
Però ti piaccia che di te mi fidi;
E vadi in guisa a lei, ch' ella t' ascolti.
E prego umilemente, a lei tu guidi
Gli spiriti fuggiti del mio core,
Che per soverchio dello suo valore
Eran destrutti, se non fosser volti;
E vanno soli senza compagnia
Per via troppo aspra e dura.
Però gli mena per fidata via,
Poi le di', quando le sarai presente:
Questi sono in figura

D'un che si muore sbigottitamente.

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