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ALESSANDRO MANZONI.

N. 1784.

Inni Sacri.

·I.

LA RISURREZIONE.

È risorto: or come a morte
La sua preda fu ritolta?
Come ha vinte l' altre porte,
Come è salvo un' altra volta
Quei che giacque in forza altrui?
Io lo giuro per Colui
Che da' morti il suscitò,

È risorto: il capo santo

Più non posa nel sudario.
È risorto: dall' un canto
Dell' avello solitario
Sta il coperchio rovesciato:
Come un forte inebriato
Il Signor si risvegliò.
Come a mezzo del cammino,
Riposato alla foresta

Si risente il pellegrino,
E si scote dalla testa
Una foglia inaridita,
Che dal ramo dipartita
Lenta lenta vi ristè:
Tale il marmo inoperoso,

Che premea l'arca scavata,

Gittò via quel Vigoroso,
Quando l'anima tornata
Dalla squallida vallea
Al Divino, che tacea:
Sorgi, disse, io son con te.

Che parola si diffuse

Fra i sopiti d' Israele?
Il Signor le porte ha chiuse!
Il Signor, l' Emanuele!
Q sopiti in aspettando,
È finito il vostro bando:
Egli è desso, il Redentor.
Pria di Lui nel regno eterno

Che mortal sarebbe asceso?

A rapirvi al muto inferno, Vecchi padri, Egli è disceso: Il sospir del tempo antico, Il terror dell' inimico, Il promesso Vincitor. Ai mirabili Veggenti,

Che narrarono il futuro,
Come il padre ai figli intenti
Narra i casi che già furo,
Si mostrò quel sommo Sole,
Che parlando in lor parole,
Alla terra Iddio giurò:
Quando Aggeo, quando Isaia
Mallevaro al mondo intero
Che il Bramato un dì verria;
Quando assorto in suo pensiero
Lesse i giorni numerati,

E degli anni ancor non nati
Daniel si ricordò.

Fra l'alba, e, molli il viso,
Maddalena e l' altre donne
Fean lamento in su l' Ucciso:
Ecco tutta di Sionne
Si commosse la pendice;
E la scolta insultatrice
Di spavento tramortì.
Un estranio giovinetto

Si posò sul monumento:
Era folgore l'aspetto,
Era neve il vestimento:
Alla mesta che 'l richiese
Diè risposta quel cortese:
È risorto; non è qui.

Via coi pallii disadorni

Lo squallor della viola:
L'oro usato a splender torni:
Sacerdote, in bianca stola,
Esci ai grandi ministeri,
Fra la luce dei doppieri
Il Risorto ad annunziar.

Dall' altar si mosse un grido:

Godi, o Donna alma del cielo,
Godi, il Dio cui fosti nido,
A vestirsi il nostro velo,
E risorto, come il disse:
Per noi prega: Egli prescrisse,
Che sia legge il tuo pregar.

O fratelli, il santo rito

Sol di gaudio oggi ragiona;
Oggi è giorno di convito;
Oggi esulta ogni persona;
Non è madre, che sia schiva
Della spoglia più festiva
I suoi bamboli vestir.
Sia frugal del ricco il pasto;
Ogni mensa abbia i suoi doni;
E il tesor negato al fasto
Di superbe imbandigioni
Scorra amico all' umil tetto;
Faccia il desco poveretto
Più ridente oggi apparir.
Lunge il grido e la tempesta
De' tripudi inverecondi:
L'allegrezza non è questa
Di che i giusti son giocondi;
Ma pacata in suo contegno,
Ma celeste, come segno
Della gioja che verrà.
Oh beati! a lor più bello

Spunta il sol de' giorni santi.
Ma che fia di chi rubello

Mosse, ahi stolto! i passi erranti
Su la via che a morte guida?
Nel Signor chi si confida

Col Signor risorgerà.

II.

LA PENTECOSTE.

Madre dei Santi, immagine
Della Città superna,
Del Sangue incorruttibile
Conservatrice eterna;
Tu, che da tanti secoli
Soffri, combatti, e preghi;
Che le tue tende spieghi
Dall' uno all' altro mar;
Campo di quei, che sperano,
Chiesa del Dio vivente,
Doy' eri mai? qual angolo

Ti raccogliea nascente,
Quando il tuo Re, dai perfidi
Tratto a morir sul colle,
Imporporò le zolle

Del suo sublime altar?
E allor, che delle tenebre
La diva spoglia uscita,
Mise il potente anelito
Della seconda vita;

E quando in man recandosi
Il prezzo del perdono,
Da questa polve al trono
Del Genitor salì;
Compagna del suo gemito,
Conscia de' suoi misteri,
Tu, della sua vittoria
Figlia immortal, dov' eri?
In tuo terror sol vigile,
Sol nell' obblio secura,
Stavi in riposte mura,
Fino a quel sacro dì,
Quando su te lo Spirito
Rinnovator discese,
E l'inconsunta fiaccola
Nella tua destra accese;
Quando segnal dei popoli
Ti collocò sul monte;

E ne' tuoi labbri il fonte
Della parola aprì.

Come la luce rapida

Piove di cosa in cosa,
Ei color varii suscita,
Ovunque si riposa;
Tal risonò moltiplice
La voce dello Spiro:
L' Arabo, il Parto, il Siro
In suo sermon l' udì.

Adorator degl' idoli,

Sparso per ogni lido,
Volgi lo sguardo a Solima,
Odi quel santo grido:
Stanca del vile ossequio,
La terra a Lui ritorni:

E voi, che aprite i giorni
Di più felice età,

Spose, cui desta il subito

Balzar del pondo ascoso,

ANTOLOGIA.

Voi già vicine a sciogliere
Il grembo doloroso;
Alla bugiarda pronuba
Non sollevate il canto:
Cresce serbato al Santo
Quel, che nel sen vi sta.
Perchè, baciando i pargoli,
La schiava ancor sospira?
E il sen, che nutre i liberi,
Invidiando mira?

Non sa, che al regno i miseri
Seco il Signor solleva?
Che a tutti figli d' Eva
Nel suo dolor pensò?
Nova franchigia annunziano
I cieli, e genti nove;
Nove conquiste, e gloria
Vinta in più belle prove;
Nova, ai terrori immobile,
E alle lusinghe infide,
Pace, che il mondo irride,
Ma che rapir non può.
Oh Spirto! supplichevoli
A' tuoi solenni altari;
Soli per selve inospite,
Vaghi in decerti mari,
Dall' Ande algenti al Libano,
D' Ibernia all' irta Haiti,
Sparsi per tutti i liti,

Ma d' un cor solo in Te,
Noi t' imploriam: placabile
Spirto discendi ancora
Ai tuoi cultor propizio,
Propizio a chi t' ignora;
Scendi e ricrea: rianima
I cor nel dubbio estinti;
E sia divina ai vinti
Il Vincitor mercè.
Discendi, Amor; negli animi

L'ire superbe attuta:

Dona i pensier, che il memore
Ultimo dì non muta:

I doni tuoi benefica

Nutra la tua virtude:

Siccome il sol, che schiude
Dal pigro germe il fior:

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