IV. 1 Voi, che portate la sembianza umile, Bagnata il viso di pianto d'amore? Piacciavi di ristar qui meco alquanto, E checchè sia di lei, nol mi celate: Ch' io veggio gli occhi vostri c' hanno pianto, Che cor mi trema di vederne tanto. V. 2 Tanto gentile e tanto onesta pare La donna mia, quand' ella altrui saluta, Benignamente d'umiltà vestuta, E par che sia una cosa venuta Da cielo in terra a miracol mostrare. Che dà per gli occhi una dolcezza al cuore, E par che della sua labbia si mova Uno spirto soave e pien d' amore, 'Morto Folco Portinari, il genitore di Beatrice, e lasciata in lacrime ed in singulti la sua dolentissima figlia, molte donne si portarono alla casa del trapassato compiere gli estremi ufficii di tristezza. Nel mentre che quelle sen ritornavano, furono per via incontrate da Dante. 2 Questo sonetto è il migliore di quanti se n' abbia il Parnaso italiano. Fu scritto da Dante nella sua gioventù quando appena potea contare cinque lustri d' età. VI. Vede perfettamente ogni salute Chi la mia donna tra le donne vede : Che nulla invidia all' altre ne procede, E non fa sola sè parer piacente, Che nessun la si può recare a mente, VII. 1 Deh peregrini, che pensosi andate Certo lo core ne' sospir mi dice, Ella ha perduto la sua Beatrice; E le parole, ch' uom di lei può dire, 1 Avendo Dante veduto alcuni pellegrini passare dinanzi alla casa della già morta Beatrice, scrisse il presente sonetto. VIII. 1 Se vedi gli occhi miei di pianger vaghi, Chi la giustizia uccide, e poi rifugge Ch' egli ha già sparto, e vuol che 'l mondo allaghi. E messo ha di paura tanto gelo Nel cuor de' tuoi fedei, che ciascun tace: Ma tu, fuoco d' amor, lume del cielo, Questa virtù, che nuda e fredda giace, Chè senza lei non è qui in terra pace. IX. 2 Io mi credea del tutto esser partito E ad ogni piacer si lega e scioglie, Par composto alle prime ingiustizie da Bonifazio commesse contro de' Bianchi fiorentini, uno de' quali era Dante. Il Signore invocato è l'amor divino; La donna che da tal signore non si scompagna mai, la sapienza; Il gran tiranno il re di Francia; Il tossico sparso da lui, l' avarizia; Il velo, onde il Poeta voleva vestita la giustizia è la carità. 2 Diretto all' amico suo Cino da Pistoja per riprenderlo della sua volubilità e leggerezza in fatto d' amori: e questi replicò gli con un altro sonetto, che incomincia: Poich' io fui Dante dal natal mio sito. Vedi p. 42. X. 1 Due donne in cima della mente mia E fan quistion, come un cuor puote stare Che amar si può bellezza per diletto, XI. 2 Nulla mi parrà mai più crudel cosa, La gran bellezza di veder m' appago; E' non mutato amor mutata serba, Non vinca; Amor, fin che la vita spira, Parla il Dante delle due femmine, cioè l' una Beatrice, l' altra la filosofia, delle quali fu acceso. 2 La donna di cui qui parla il Poeta, è la filosofia; ed ei la chiama disdegnosa e crudele perchè eragli duro e malagevole 1' entrare addentro nelle sentenze di lei. smarrire, perdere. BALLATA. Deh nuvoletta, che in ombra d' Amore Poi con atto di spirito cocente che 'n parte m' è sana: Laddove tu mi ride, Deh non guardare perchè a lei mi fide, Ma drizza gli occhi al gran disio che m' arde; CANZONI. I. 1 Morte, poich' io non truovo a cui mi doglia, Ove ch' io miri, o in qual parte ch' io sia; Perchè dinanzi a te piangendo vegno, 1 Apparisce dettata nel tempo della mortale malattia di Beatrice. Alla Morte dirige le sue parole il Dante perchè vuol far prova d' ammansarla. |