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È colmo il calice, franta è la soma,
Un nuovo tempio ci apparirà.
Avanti, o giovani; ecc.

Il gondoliero della laguna

La patriottica scioglie canzon,
Ed al pericolo di ria fortuna
Prepara l'ultima campal tenzon.
Avanti, o giovani; ecc.
Risorta Italia a nuova vita

Vedrà il suo popolo tornato in sè,
Vedrà più nobile l'èra smarrita
Segnata vindice dal Re dei Re.
Avanti, o giovani, avanti, avanti,
È vil chi trepido si resta quì,
La madre Italia visse frai pianti
Ma dell' infamia finito è il dì.

II. SEMPRE AVANTI.

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Avanti, fratelli, l' Italia è risorta,
Periro gl' infami che disser la morta;
Dai liberi petti risorga una voce
S'innalzi la croce del nostro Signor.
Non cangia, non muta lo stemma di Dio,
Che tinto di sangue, già posto in oblio,
Or sorge sovrano, ritempri la fè
L'eccelso Vittorio, del popolo Re.
La croce dà il segno del grande riscatto,
Il giogo disperse, ci strinse ad un patto;
La croce non resta sgabello ai tiranni
Son troppi gl' inganni sofferti finor.
Tremate, o stranieri, fra tante torture
Un' angiolo rosso vi addita la scure;
Tremate, cadete, ritempri la fè
L'eccelso Vittorio, del popolo Re.
L' Italia, fratelli, qual mistica stella

Raggiante di luce risorge più bella,
Di lauri e di mirti ricinta ha la fronte
Dei popoli l'onte - nel sangue lavò;
Avanti, fratelli, son nostri gli altari,
È nostro il terreno, son nostri i due mari,
Dall' Alpi allo Scilla quell' ora si diè,
D' Italia risorta Vittorio è sol Re.

L' eroe del Volturno, di Como e Varese
Che spinse un tal dritto, che sacro lo rese,
Col brando alle mani ci scorge alla guerra,
I despoti atterra, ci addita l'altar;
La sacra scintilla tiranno non doma,
S' unisca ad un patto Venezia con Roma:
Risorga la croce che Cristo ci diè,

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D' Italia risorta Vittorio è sol Re. Più avanti, più avanti, si arrivi alla meta, Si compia il desiro del sommo Poeta; Più Italia non soffre ladroni, e tiare, Suo Nume è l'altare suo Duce è l'amor. Avanti, l' Italia non cede ai perigli; Nei fieri cimenti conosce i suoi figli. S'innalzi la croce che Cristo ci diè, D' Italia risorta Vittorio è sol Re.

III. L' ADDIO DEL VOLONTARIO.

Cara, l'estremo palpito

Che sente questo core
È consacrato, o Vergine,
Al tuo pudico amore.
Forse, sì forse, è l' ultimo,
E tal fatale addio

Ti faccia spesso memore
Di chi t' amò, ben mio.
Senti: da lungi squillano

Le trombe della guerra,
Nuovo voler di popolo
Fato novel disserra.
Parto la madre Italia
Altra tenzon prepara,
La voce della gloria
Vuol ch' io ti lasci, o cara.

Addio: dovunque sorgere

Vedrò maggior' perigli,
Io mostrerò qual pugnano
Ora d' Italia i figli.
Voglio dai mari all' Etna

Dall' Alpi alla laguna

Mostrar che nostra è Italia

Forte, possente, ed una.

Toccata è l' ora, serbami
Sacra la fe' nel petto;
Io tornerò non piangere,
Angiolo mio diletto,
Ritornerò più nobile
In questo suol natio,
Se dir potrò: l' Italia
È libera, ben mio.
Dolce mio ben, perdonami:
Amor di Patria in core
È primo, indissolubile,
Più sacrosanto amore;
Al cittadino libero
È onta lo straniero,
Iddio, la gloria, il vero
Son guida al suo cammin.

Non valgono i pericoli

Quando ci assiste il dritto;
Grande è il morire intrepido
Fra marzial conflitto;
Non una mesta lacrima,
Non un sospir: fa cor,
Per te, mia bella Vergine,
Mi assisterà il Signor.

IV. SONETTO.

Garibaldi a Bezzecca.

Salve, duce immortal nato alla gloria,
Almo, trofeo della latina gente;

Ben io ti veggo in campo di vittoria,
Di fronte allo stranier, fiero, e possente.

Tue grandi gesta segnerà l' istoria,

L'era dei Bruti tornerà ridente,

E sulla terra d' immortal memoria
Torna a pugnare, o genio onnipossente.
Fu veleno il tuo sangue pel Croato;

Sangue che la suprema ira divina
Non lascierà negletto e invendicato.

E dei tiranni l'ultima sentina

N' andrà fuori dal suol che Iddio ci ha dato:
Come trofeo della virtù latina.

ANTOLOGIA.

25

V. GARIBALDI

Alle mura di Roma.

Sorge l'aurora, lato il Ciel risplende,
Qual per incendio in una notte oscura,
Di quà si vedon rosseggiar le tende,
Di là le vette d' alti monti e mura;
Già in ogni core il patrio amor s' accende,
Che dal petto bandisce la paura:

È sorto il Sole, e l' indorata faccia
Ogni nube dal Ciel sperde e discaccia.
Destossi al gorgheggiar degli augelletti
Ed al suonar del Tevere divino

L' angiolo della fede, e gli occhi eretti
Fiso guardò dall' Alpi all' Appennino,
E poscia disse con ardenti affetti

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E questo il dì di gloria o di destino?
Si corra alfine alla cittade antica

Seggio di libertà, dei prodi amica.

,E Scipio, Cato, Regolo, Camillo,

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Ed altri molti in questo suol siedero;

Fu questo un dì, che col guerriero squillo

I sogli fe' tremar del mondo intero;

,, Sempre spiegò di libertà il vessillo,

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E sempre ha in sen di libertà il pensiero,
Roma si debbe, questo suol sì caro,

, Non coll' oro comprar, ma coll' acciaro."

Mille voci di plauso, in un istante,
D'ogni parte scoppiar festose e liete,
Ognun l'armi ne mostra, ed anelante
Spera nel sangue d' acchetar la sete;
E i saldi voti, e le parole sante
Di Garibaldi ognun nel cor ripete;
E chi brama veder cogli occhi suoi
La terra, patria d' infiniti eroi.
E a camminar fra balze, e fra colline,
Si diero tutti per andare a Roma;
Eccoli giunti; e l' aquile latine
Vanno a posar sulla Nizzarda chioma;
Lascia il leon le cure sue divine,
Per rendere di Pio la brama doma,
Il sol ruggito, le ferrate porte

Schiuse, e v' entraro i sprezzator di morte.

Ei corre in Campidoglio, ei guata e mosso
D' un' insolita fiamma ognor favella:

,,E quì, dicea, ogni timor fia scosso,

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Dei Bruti il tempo omai si rinnovella."
Ed una giubba col berretto rosso
Fe' mostra a tutti, e poi riprese: Bella
È questa terra, e son queste contrade,
, Il seggio vero della libertade."
E proseguia dicendo: In questo loco
Ogni nemico ne tremò al pensiero,

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,,Qui ne tremaro i Galli, nè mai poco ,Fu il sangue che versar su quel sentiero." E dire ancor volea, ma quasi un foco Vedevasi nel viso, e al guardo fiero: E mentre tacque, si sentia un profondo Cupo rumor, di quella parte al fondo. Tre volte intorno ei si voltò sdegnato

Cercando u' viene il grido che rimbomba:
Era la voce di Camillo e Cato,

Di Regol, che sorgevan dalla tomba.
E al nuovo Scipio, a Italia mia sacrato,
Disser: Che squilli la tremenda tromba:
Compiuto alfine è l' Italo riscatto:

Or tu che il puoi, dà vita al nuovo patto.

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