Lo spirito angoscioso ched io porto? Al sospirar più ardo, Da 'quei begli occhi ov' io t' ho già veduto. E fa sì grande schiera di dolore Mi trovo dal bel viso E d'ogni stato allegro, Pel gran contrario ch'è tra 'l bianco e 'l negro. Quando per gentil atto di salute Ver bella donna levo gli occhi alquanto, Si tutta si disvia la mia virtute, Che dentro ritener non posso 'l pianto, O dolenti occhi miei, Non morite di doglia? Sì per vostro voler, pur che Amor voglia. E ciò che 'ncontran gli occhi più m' attrista: Da c'ho perduto l' amorosa vista; E quando vita per morte s' acquista, Tu sai dove dè' gire Lo spirto mio da poi, E sai quanta pietà s' arà di noi. Amor, ad esser micidial pietoso T' invita il mio tormento: Secondo c' ho talento. Dammi di morte gioia, Si che lo spirto al men torni a Pistoja. II. Oimè lasso! quelle treccie bionde 1, Dalle quai rilucieno D' aureo color gli poggi d' ogn' intorno; Di que' begli occhi al ben segnato giorno; E rilucente viso; Oimè! lo dolce riso, Per lo qual si vedea la bianca neve Morte, perchè 'l togliesti sì per tempo? Ed accorto intelletto e ben pensato; D' odiar lo vile e d' amar l' alto stato; Di sì bella creanza; Oimè quella speranza, Ch' ogni altra mi facea veder addietro, Oimè! rotto hai qual vetro, Morte, che vivo m' hai morto ed impeso! Oimè! donna, d' ogni virtù donna, Dea, per cui d' ogni dea, Siccome volse Amor, feci rifiuto; Oimè! di che pietra qual colonna Che fosse degna in aere darti aiuto? Di ben sopra natura Per volta di ventura Condotto fosti suso gli aspri monti, La Morte, che due fonti Fatto ha di lagrimar gli occhi miei lassi. 1 La donna della quale qui si piange la perdita, è Selvaggia Vergio lesi, l' amorosa di Cino. 2 senza me. Oimè! Morte, finchè non ti scolpa, Finir non deggio di chiamar omei? 1 FRANCESCO PETRARCA. 1304-74. SONETTO IN MORTE DI CINO DA PISTOJA. Piangete, donne, e con voi pianga Amore; SONETTI IN VITA DI MADONNA Laura. I. Mille fiate, o dolce mia guerrera, Per aver co' begli occhi vostri pace, E se di lui fors' altra donna spera, Vive in speranza debile e fallace: Mio, perchè sdegno ciò ch' a voi dispiace, 1lamenti, esclamazioni di dolore. Or s' io lo scaccio, ed e' non trova in voi chiama Nè sa star sol, nè gire ov' altri II. Quel vago impallidir che 'l dolce riso Vede l'un l'altro; in tal guisa s' aperse Ogni angelica vista, ogni atto umile Che giammai in donna, ov' amor fosse, apparve, Chinava a terra il bel guardo gentile, E tacendo dicea (com' a me parve): Chi m' allontana il mio fedele amico? III. Ite, caldi sospiri, al freddo core; Rompete il ghiaccio che pietà contende; Di quello ove 'l bel guardo non s' estende: IV. Non dall' ispano Ibero all' indo Idaspe Nè dal lito vermiglio all' onde caspe, Canti 'l mio fato? o qual Parca l'innaspe? V. Qual paura ho quando mi torna a mente I' la riveggio starsi umilemente Tra belle donne, a guisa d' una rosa Le perle e le ghirlande e i panni allegri Così in dubbio lasciai la vita mia: Or tristi augurii e sogni e pensier negri SONETTI IN MORTE DI MADONNA LAURA. I. Oimè il bel viso, oimè il soave sguardo, Oimè 'l parlar ch' ogni aspro ingegno e fero |