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IL BURCHIELLO. 1

1380-1448.

SONETTI.

La poesia combatte col rasojo,

E spesso hanno per me di gran quistioni;
Ella dicendo a lui: Per che cagioni
Mi cavi il mio Burchiel dello scrittojo?
E lui ringhiera fa del colatojo,

E va in bigoncia a dir le sue ragioni;
E comincia: Io ti prego mi perdoni,
Donna, s' alquanto nel parlar ti nojo.
S' io non fuss' io e l'acqua e l' ranno caldo,
Burchiel si rimarrebbe in sul colore

D'un moccolin di cera di smeraldo.
Ed ella a lui: Tu sei in grande errore:
D'un tal disio porta il suo petto baldo,
Ch' egli non ha in sì vil bassezza il cuore.
Ed io: Non più romore,

Che non ci corra la secchia e 'l bacino;
Ma chi meglio mi vuol, mi paghi il vino.

Và in mercato, Giorgin, tien qui un grosso,
Togli una libbra e mezzo di castrone
Dallo spicchio del petto, o dall' arnione;
Di' a Peccion che non ti dia troppo osso:
Ispacciati, stà sù, mettiti in dosso,

E fa di comperare un buon popone;
Fiutalo, che non sia zucca, ò mellone;
Tolo del sacco, che non sia percosso:
Se de' buon avessero i foresi,

2

Ingegniati averne un dai pollaiuoli;
Costi che vuole; che son bene spesi:
Togli un mazzo tra cavolo, e fagiuoli:

Un mazzo non dir poi; io non t' intesi:

1 Domenico di Giovanni chiamato Burchiello perchè componeva alla burchia, cioè a caso e a svarioni quasi rubando ed insieme accozzando a capriccio.

2 per toglilo.

E del resto toi1 fichi castagnuoli

Colti senza picciuoli,

Che la balia abbia tolto loro il latte,
E painsi azzuffati colle gatte.

2

VERSI CONTRO DI UN MEDICO PESSIMO.

Costui è sì perfetto smemorato,

Che se toccasse il polso al campanile
Sonando a festa, non l' aria trovato.

E non ostante che sia tanto vile,

Egli ha morti più uomini a suoi giorni,
Che la spada d' Orlando signorile.

BATISTA DA MONTE FELTRO.

1387-1450.

CANZONE A' PRINCIPI D'ITALIA.

Funesta Patria, e execrabil plebe,

Maligna region, letal collegio,
Privata dello egregio

Pacifico dominio tuo sereno,
Il caso della desolata Tebe

Che procede d' invidia e di dispregio,
Mancando ogn' atto regio,

Parve trastul, rispetto al tuo veleno;
Che 'l tuo popolo è pieno

Di tutte sette le peccata enorme,
E la virtù vi dorme,

Solo ingiustizia per Regina siede;
E la pace e la fede

Fuor del tuo regno per esilio sono,
Che sublimava il tuo micante trono.

I' ho più volte letto come i Galli

Passar di qua per deguastarti tutta
E cominciar con lutta

Entrare in Roma: e gran parte ne vinse

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1

Il magno, ardito, e pro fiero Hanniballi;
Pocho fallì che non te fece brutta;

Sol, con la cera asciutta

Scipio col senno

3 2 fuor del sen tel pinse; 3

E i Longobardi tinse 1

Le spade lor più volte nel tuo sangue,
Da poi si levò un' angue

Cioè Attila: che fo 5 flagello in terra
Ed ogni loco asserra.

Arabi, Turchi, Barbari e Caldei
T'hanno percossa, e fatto dire omei.
Exempli assai; e quasi che infiniti

Te potrei dir de' tuo' gravosi danni;
Per tutti questi affanni

Io pur sperava al fin qualche riposo;
Or nuovamente i miei sensi smarriti
Son per li gravi e inusitati inganni;
Che già ne' teneri anni

Ognun diventa reo, e malizioso.
Nè vuole alcun famoso

Esser, se non d' infamia, e d'omicidio.
Ay neronico excidio

Ch' hai fatto legge per poter rubare,
Ardere, e debrugiare 6

Città, colli, castella, e la pianura!

E poi si chiaman uomin di ventura.
E perch' io sfoghi alquanto il mio concetto,
Non v' accorgete voi, che, come stanchi,
Rotti, poveri, e manchi

Sarete l' un con l' altro guerreggiando,
Ch' uno animal possente e fier d' aspetto
Dimezzo converrà che su vi branchi,
Quando liberi e franchi

Esser potete, ogni giorno avanzando?
Non vi ricorda, quando

La vostra accesa voglia stava unita,
Forte, intima e gradita,

Da tutto il mondo era la vostra possa?
Usciti fuor della fossa

Rimembrivi di vostri boni antichi,
Pro, saggi, valorosi, alti e pudichi!
E voi Signori, a cui fortuna ha dato
In man la briglia del paese ameno,

1 pro vale valoroso. 2 Crescimbeni nella Poesia; vol. III, p. 270 mette sonno per senno. spignere. 4tinsero. 5 voce antica per fù. con branca, abbrancare.

sua Istoria della Volgar 3 pingere per spingere, 6 abbruciare.

pigliar

Dove1 senz' alcun freno

Per invidia a disfarvi siete corsi,

Quest' è quel vizio in voi tanto aumentato,
Che voi farà sparir come un baleno:
Questo fa venir meno

I vostri onori, in più secol trascorsi.
Siete voi tigri, od orsi

Senza ragion vivendo, e senza legge?
Perchè fuor della gregge

Eletti fuste della divina arca

A guardar questa barca,

Non per guastar queste inclite contrade:
Ma per giustizia, pace, e caritade.
Fra valorosi e pien di gloria santa

Canzon mia vera canta;

Che si sveglino omai: che dopo fatto 2
Non vale a dir, così vorrei aver fatto.

LORENZO DE' MEDICI.

Detto il Magnifico.
1448-1492.

CANTO CARNASCIALESCO.3

TRIONFO DI BACCO E D'ARIANNA.

Quant'è bella giovinezza,

Che si fugge tuttavia;

Chi vuol esser lieto, sia,

Di doman non vi è certezza.

Quest' è Bacco ed Arianna,
Belli e l'un dell' altro ardenti;
Perchè 'l tempo fugge e 'nganna,
Sempre insieme stan contenti:
Queste Ninfe ed altre genti
Sono allegre tuttavia:

Chi vuol esser ecc.

nelle

1 Crescimbeni: dome; ? - 2 Crescimbeni: doppo lacto!? 3 Lorenzo de' Medici mise in uso per la festa del carnevale certe mascherate, quali rappresentandosi o alcun trionfo o alcuna arte, s' andava per Firenze cantando d' ogni sorta canzoni, ballate, madrigali, e barzellette, attenenti alla faccenda che colla maschera veniva immitata; e a sì fatte Poesie diede egli il nome di Canti Carnascialeschi.

Questi lieti Satiretti,
Delle Ninfe innamorati,
Per caverne e per boschetti
Han lor posto certi aguati: 1
Or da Bacco riscaldati,
Ballan, saltan tuttavia:
Chi vuol esser ecc.

Queste Ninfe hanno ancor caro
Da lor essere ingannate;
Non puon far a Amor riparo,
Se non genti rozze e 'ngrate:
Ora insieme mescolate,
Fanno festa tuttavia:

Chi vuol esser ecc.

Questa soma, che vien drieto,
Sopra l'asino, è Sileno,
Così vecchio è ebro e lieto,
Già di carne e d' anni pieno :
Se non può star ritto, almeno
Ride e gode tuttavia:

Chi vuol esser ecc.

Mida vien dietro costoro,
Ciò che tocca, oro diventa;
E che giova aver tesoro,
S' altri poi non si contenta?
Che dolcezza vuoi che senta
Chi ha sete tuttavia?

Chi vuol esser ecc.

Ciascun' apra ben gli orecchi,
Di doman nessun si paschi;
Oggi siam, giovani e vecchi,
Lieti ognun, femmine e maschi:
Ogni tristo pensier caschi,
Facciam festa tuttavia:

Chi vuol esser ecc.

Donne e giovanetti amanti,
Viva Bacco, e viva Amore!
Ciascun suoni, balli e canti,

1 Ebert: Manuale p. 291: cento.

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