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Arda di dolcezza il core:
Non fatica, non dolore,

Quel ch' ha esser, convien sia:
Chi vuol esser lieto sia,

Di doman non vi è certezza.

Quant'è bella giovinezza,
Che si fugge tuttavia!

SONETTI.

Lasso a me, quand' io son là, dove sia
Quell' angelico, altero e dolce volto,
Il freddo sangue intorno al cuor accolto,
Lascia senza color la faccia mia.
Poi mirando la sua, mi par sì pia,

Ch' io prendo ardire, e torna il valor tolto;
Amor ne' raggi de' begli occhi involto
Mostra al mio tristo cuor la cieca via.
E parlandogli allor', dice, io ti giuro
Pel santo lume di questi occhi belli
Del mio stral forza, e del mio regno onore,
Ch' io sarò sempre teco: a te assicuro,
Esser vera pietà, che mostran quelli:
Credogli, lasso! e da me fugge il cuore.

O chiara stella, che co' raggi tuoi

Togli all' altre vicine stelle il lume,
Perchè splendi assai più del tuo costume?
Perchè con Febo ancor contender vuoi?
Forse i begli occhi, qual ha tolto a noi
Morte crudel, ch' omai troppo presume,
Accolti hai in te: adorna del lor lume,
Il suo bel carro a Febo chieder puoi.
Presto, o nuova stella che tu sia,

Che di splendor novello adorni il cielo,
Chiamato esaudi, o Nume, i voti nostri.

Leva dello splendor tuo tanto via,

Ch' agli occhi ch'han d'eterno pianto zelo,
Senz' altra offension lieto ti mostri.

Il cor mio lasso, in mezzo all' angoscioso
Petto, i vaghi pensier convoca, e tira
Tutti a se intorno, e pria forte sospira,
Poi dice con parlar dolce, e pietoso:
Se ben ciascun di voi è amoroso

Pur v' ha creati chi vi parla, e mira:
Deh perchè dunque eterna guerra, e dira
Mi fate senza darmi alcun riposo?
Risponde un d'essi: com' al nuovo sole
Fan di fior varii l' api una dolcezza,
Quando di Flora il bel regno apparisce:
Così noi delli sguardi, e le parole

Facciam de' modi, e della sua bellezza
Un certo dolce amar, che ti nodrisce.

MATTEO MARIA BOIARDO.

1430-1494.

SONETTO.

Il canto degli augei di fronda in fronda,
E l'odorato vento per li fiori,

E lo schiarir de' lucidi liquori,
Che rendon nostra vista più gioconda,
Son perchè la natura, e 'l ciel seconda
Costei, che vuol, che 'l mondo s' innamori:
Così di dolce voce, e dolci odori

L'aria, la terra è già ripiena, e l' onda. Dovunque i passi move, e gira il viso

Fiammeggia un spirto sì vivo d'amore,
Ch' avanti la stagione il caldo mena:

Al suo dolce guardare, al dolce riso

L'erba vien verde, e colorito il fiore:
El mar s' acqueta, e 'l ciel si rasserena.

ANGELO POLIZIANO.

1454-1494.

CANZONE.

Monti, valli, antri, e colli

Pien di fior, frondi, ed erba,

Verdi campagne, ombrosi, e folti boschi:
Poggi, ch' ognor più molli,

Fà la mia pena acerba,

Struggendo gli occhi nebulosi, e foschi:
Fiume, che par, conoschi

Mio spietato dolore,

Si dolce meco piagni:

Augel, che n' accompagni,

Ove con noi si duol, cantando, Amore:

Fiere, Ninfe, aer', e venti,

Udite il suon de' tristi miei lamenti.

Già sette, e sette volte

Mostra la bella Aurora

Cinta di gemme oriental sua fronte:

Le corna ha già raccolte

Delia, mentre dimora

Con Teti il fratel suo dentro il gran fonte,

Da che il superbo monte

Non segnò il bianco piede

Di quella Donna altera,

Che 'n dolce primavera

Converte ciò, che tocca, aombra, o vede:

Quì i fior, quì l'erba nasce

Da' suoi begli occhi, e poi da' miei si pasce. Pascesi del mio pianto

Ogni foglietta lieta,

E vanne il fiume più superbo in vista:

Ahimè, deh perchè tanto

Quel volto a noi si vieta,

Che queta il Ciel, qual' or più si contrista?
Deh se nessun l'ha vista

Giù per l'ombrose valli
Sceglier tra verdi erbette,
Per tesser ghirlandette,

I bianchi, e rossi fior, gli azzurri, e gialli,
Prego, che me la 'nsegni

S' egli è che 'n questi boschi pietà regni.

Amor, qui la vedemo

Sotto le fresche fronde

Del vecchio faggio umilmente posarsi,

Del rimembrar ne tremo.
Ahi come dolce l'onde

Facean' i bei crin d' oro al vento sparsi?
Come agghiacciai, com' arsi,

Quando di fiori un nembo

Vedea rider' intorno

(0 benedetto giorno)

E pien di rose l'amoroso grembo!
Suo divin portamento

Ritral tu, Amor: ch' i' per me n' ho pavento. I' tenea gli occhi intesi,

Ammirando, qual suole

Cervetto in fonte vagheggiar sua imago,
Gli occhi d' amore accesi,

Gli atti, volto, e parole,

El canto, che facea di se il ciel vago,
Quel riso, ond' io m' appago,

Ch' arder farebbe i sassi,

Che fa per questa selva

Mansueta ogni belva,

E star l'acque correnti. Oh s' io trovassi
Dell' orme, ove i piè muove,

I' non avrei del cielo invidia a Giove.

Fresco ruscel tremante,

Ove 'l bel piede scalzo

Bagnar le piacque, o quanto sei felice!

E voi, ramose piante,

Che 'n questo alpestro balzo

D' umor pascete l' antica radice,

Fra quai la mia Beatrice

Sola talor sen viene!

Ahi quanta invidia t' aggio,

Alto, e muschioso faggio,

Che sei stato degnato a tanto bene!

Ben de' 2 lieta godersi

L' aura, ch' accolse i suoi celesti versi.

L' aura i bei versi accolse,

E in grembo a Dio gli pose,

Per far goderne tutto il paradiso.

Quì i fior, quì l' erba colse,

Di questo spin le rose,

Quest' aer rasserenò col dolce riso.
Ve' l'acqua, che 'l bel viso
Bagnolle. Oh dove sono?

1 ritrailo, dipingilo. - 2 deve.

Qual dolcezza mi sface?

Com' venni in tanta pace?

Chi scorta fù? con chi parlo, o ragiono?
Onde sì dolce calma?

Che soverchio piacer via caccia l' alma?

Selvaggia mia Canzone innamorata,
Va sicura, ove vuoi:

Poichè 'n gio' son conversi i dolor tuoi.

SESTINA IRREGOLARE.

Udite, selve, mie dolci parole,
Poichè la Ninfa mia udir non vuole.

La bella Ninfa è sorda al mio lamento,
E 'l suon di nostra fistula non cura;
Di ciò si lagna il mio cornuto armento,
Nè vuol bagnare il grifo in acqua pura,
Nè vuol toccar la tenera verdura;
Tanto del suo pastor gl' incresce e duole.
Udite, selve, mie dolci parole.

Ben si cura l' armento del pastore,
La Ninfa non si cura dell' amante,

La bella Ninfa, che di sasso ha il core,
Anzi di ferro, anzi di diamante.
Ella fugge da me sempre davante,
Come agnella dal lupo fuggir suole.
Udite, selve, mie dolci parole.

Digli, zampogna mia, come via fugge
Con gli anni insieme la bellezza snella;
E digli come il tempo ne distrugge,
Nè l' età persa mai si rinnovella;
Digli che sappi usar sua forza bella,
Che sempre mai non son rose e vïole.
Udite, selve, mie dolci parole.

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