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ghe molteplici, di dispendi non lievi e di periodicità interrotta che un tale traslocamento ci è costato. E perciocchè noi stimiamo che forse non tutti i nostri lettori siano alla portata di apprezzare i vantaggi che noi abbiam voluto acquistare colla nuova stanza al nostro Periodico, ci si consenta di ragionarne alquanto posatamente a maniera di preambolo a questo terzo volume. Si vedrà sicuramente che la nostra pubblicazione locandosi nel centro della unità cristiana, mentre da un lato acquista un nuovo titolo alle simpatie ed alla fiducia di qualunque si onora del nome cattolico, sventa dall' altra non so che preoccupazioni calunniose onde il Giornalismo anticattolico togliea pretesto per denigrarci. Così noi saremmo come l'amico che dopo l'assenza ti torna in casa più accetto; e la nostra conversazione dopo la spiacevole intramessa si ripiglierebbe oggi con maggiore scambievole fiducia, e però con maggiore profitto.

Fin da quando concepivasi la prima idea e prendeansi le prime mosse di una pubblicazione periodica diretta unicamente a ristorare le dottrine e le tendenze religiose e sociali in Italia, guaste dalla radice per la filosofia volteriana e per gli aliti pestiferi del protestantesimo mascherato, fin d'allora, diciamo, fu sentito che una tale impresa non dovea, non potea forse avere altra stanza che Roma. L'essere questa quasi centro geografico della Italia; la facilità e la spessezza delle relazioni che vi si mantengono con tutto l'Orbe cattolico; il trattarsi quivi gli affari di tutta la repubblica cristiana, e quindi il poterne avere contezze più sicure e più tempestive che per tutto altrove; il noverare che noi facciamo negli Stati pontifici il maggior numero non pur relativo ma eziandio assoluto di associati, erano considerazioni gravi sì, ma di assai minor rilievo rimpetto alle altre che quasi ci toglieano l'arbitrio della scelta in quel consiglio. Certo volendo noi indirizzarci scrivendo a tutta l'Italia, qual ragione avremmo avuto per collocarci in una parte di lei piuttosto che in un' altra? Ragioni si accidentali e passeggiere vi poteano essere, ed infatti vi furono a scusare temporaneamente la nostra predilezione per la più bella e per quel tempo la sola sicura parte della Penisola, Ma quanto a luogo stabile, definitivo e, diciam così, naturale, vede ognuno che stanza della Civiltà cattolica dovea essere il centro del Cattolicismo; questa Roma cioè che ad onta degl' impotenti sforzi dei suoi ne

mici è tuttavia come fu sempre la fiaccola incivilitrice dell'universo mondo negli eterni principi di ragione e di fede che tiene come rocca inespugnabile in sua custodia, quasi palladio d'ogni bene pubblico e privato della umana famiglia. Nè si creda che le nefandezze sacrileghe di tutti i generi, perpetrate novellamente in questa alma città, abbian potuto punto nulla menomarle quel carattere augusto di maestra e correggitrice del mondo, onde tiene a sè conversi gli sguardi di quanti pellegrinano sulla terra con in cuore la speranza del cielo. No! la Roma mazziniana, repubblicana e diciamo ancora facinorosa e plebea è tutt'altra cosa dalla Roma cristiana, cattolica, pontificale e che, imporporata dal sangue dei beati apostoli Pietro e Paolo,

Excedit orbis una pulchritudines.

Se la prima per una via di sozzure e di sangue giuoca d'arte e d'ingegno per rifarsi pagana e ridivenire qual era a' tempi di Scipione e di Cesare; la seconda si purifica nella lotta e dalla passaggiera sconfitta divien più fulgida di celestiali bellezze. Che se il doverci trovare tra le infande reliquie di quella c'infosca il pensiero e ci fa trepido il cuore; il pur sapere che viviamo della vita di questa ci conforta il cuore, ci aggrandisce il pensiero e renderà, speriamo, più efficace questo qualunque strumento di universale vantaggio che la Provvidenza ci ha posto in mano.

Le quali considerazioni naturalissime ci fecero fin da principio una colla impresa definire altresì, come dicemmo, la stanza ove quella dovea effettuarsi; e lo professammo fin dal Programma, lo ripetemmo nel preambolo al primo volume, lo accennammo per ben due volte sulla coperta del quinto e del sesto fascicolo: tanto fummo fermi ed invariati su quel consiglio, aspettando solo per recarlo ad effetto che la migliorata condizione dei tempi ce 'l permettesse. Attendevamo in somma per tramutarci in Roma, che vi avesse ripreso il suo seggio e vi si avesse assicurata la sua independenza il romano Pontefice. Aspettandoci pure a questo, ci era caro prender le mosse di questo aringo in quella contrada d'Italia che nella ferma rettitudine del piissimo Principe, nella valorosa lealtà delle ben disciplinate sue milizie e nella profonda religione di tutti

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gli ordini di persone trovò merito al privilegio di restar tranquilla, mentre che per tutto altrove o si trepidava nella tempesta o si lottava colle agonie. E di quella tranquillità che sorrise così serena ai nostri inizi, noi se rberemo memoria e riconoscenza perenne, come altresì dei favori onde quella città, non paga di ospitarci, ci incoraggiava. Ma il dolce dell'ospizio mal ci avrebbe fatto obliare la patria; e noi col restar colà sei soli mesi sentimmo più vivamente il bisogno di collocarci all'ombra reverenda del Vaticano. Questa ragione che noi da principio vedevam solo in confuso, ci si è fatta sentire nel pratico dello sperimento assai più poderos a che non avremmo pensato; e ci si consenta di svolgerla alquanto, siccome quella che riuscirà altresì acconcissima a fare intendere la natura della guerra che noi combattiamo, e la difficoltà degli ostacoli che ci è forza quasi ad ogni passo sormontare.

L'opera che per questi di potesse tentarsi più salutare alla Italia ed a cui rivolgemmo ogni nostro pensiero fu il ravvivare l'idea ed il sentimento dell'autorità ristorandola e vivificandola del concetto cattolico. Questa fu la insegna che levammo; e la sua universalità non ristretta a veruna forma speciale ci dovea assicurare e ci assicurò di fatti il buon grado delle persone chiaroveggenti ed oneste, benchè di svariato opinare nel fatto della politica. Dall'altra parte noi non parteggiando per veruna speciale autorità in particolare, studiavam di fare segnalato servigio a tutte le legittime, in quanto oggimai è manifesto le quistioni di forma esser pretesti a velare l'impaziente orgoglio che ripulsa riottoso ad ogni giogo benchè legittimo. Ma le simpatie e la fiducia dei ragionevoli e dei temperati ci dovean valere in ricambio la malivolenza di tutti gli esagerati e di tutti gli eccessivi di qualunque condizione essi si fossero. I quali nostri contradittori, benchè svariatissimi, voglionsi assommare in due grandi schiere, che parrebbero pugnanti ed avverse, ma sono legate tra loro di vincolo stretto più assai che altri non crede. Il sostenere che noi facciamo l'idea ed il sentimento dell'autorità ci fa essere avversi tutti coloro che astiano l'autorità in sè medesima, dicono come l'orgoglioso loro protoparente non serviam; e sono per conseguente i demagoghi oi rivoluzionari, come li dicono, di tutte le fatte e di tutti i colori. Dall' altro lato il tendere a ristorare l'autorità col concello cattolico, ed il volerla per que

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sto ravvivata e sostenuta, ci mette in uggia presso quei politici che non conoscono in questo mondo altra autorità che la loro, e guardano come nemico chiunque attribuisce alla Chiesa cattolica qualche autorità e qualche diritto indipendente dal potere civile. I primi, cospiratori perpetui e nemici d'ogni potere, non son paghi a quella nostra disposizione di riverirne qualunque forma legittima; e ci mettono in voce di assolutisti, di dispotici, di fautori della tirannide però solamente che noi, addottrinati dall' apostolo Paolo, stimiamo doversi suggezione ed obbedienza ai preposti dalla Provvidenza al reggimento del mondo. I secondi usi a non riconoscere altro Dio che lo Stato, tanto solo che possan dire lo stato siamo noi, s'inciprignano e s'arrovellano contro qualunque intenda vedere qualche altro Dio distinto e independente da quello; ed o sia il Mazzini che proclama la sovranità pretesa del popolo, o sia la Civiltà cattolica che riconosce e propugna l'autorità divina della Chiesa, tant'è, son tutt' uno; ed eccovi quegli e questa demagoghi e ribelli in un sol fascio!

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Noi non ci fermeremo a discorrere le attinenze di questi due sistemi della demagogia sediziosa da una parte e della politica machiavellesca dall' altra. Se qui ne fosse il luogo mostreremmo agevolmente siccome l'esagerazione pagana dell' autorità conduce dirittamente all' annientamento dell' autorità medesima, almeno nel concetto e nel sentimento dei popoli, i quali dal perderne il concetto ed il sentimento riescono da ultimo a calpestarne la realtà; mostreremmo come il grido forsennato dei popoli: noi non abbiamo più re, fu la logica e terribile conseguenza della parola detta ai re da Lutero: voi non avete più legge; mostreremmo siccome la piaga più cancrenosa della povera nostra Italia non è tanto la plebe democratica, la quale la Dio mercè è tuttavia a creare tra noi; ma è sì veramente quella tanta parte di borghesia addottrinata, la quale guarda come nimica la Chiesa, e sotto specie di tutelarla tende subdolamente a troncarle i nervi, ad impastoiarne ogni passo, ad annullarne ogni influenza nei popoli, apparecchiandoci così, non che la plebe democratica, ma il socialismo francese e la scuola alemanna di sistematica insurrezione: queste cose, dico, mostreremmo se qui ne fosse il luogo. Ma riserbando il discorrerne ad altro tempo, ci

contentiamo ad avere accennato a questa doppia e pugnante specie di contrasti a che ci espone la nostra insegna. I quali contrasti non pensiamo certo che abbiano a dar giù e cessare pel solo esserci tramutati d'un luogo in un altro: non siamo sì semplici! Diciamo si veramente che dalla primiera nostra stanza la demagogia toglieva un pretesto che perde oggi nella seconda; la quale altresì è per avventura il solo paese che ci conviene, in quanto, per le speciali sue condizioni, dee di necessità essere inaccessibile alla politica foggiata sui principî del Machiavelli e del Sarpi.

Nei sei mesi che la Civiltà Cattolica ha vista la luce in Napoli, essa per molte ragioni si dovea mostrare e si mostrò di fatti rispettosa, ossequente ed in parte ancora approvatrice aperta di quel Governo. A prescindere dai motivi di riconoscenza alla pacifica ospitalità ed al favore che ne riceveva, obbligavala a ciò la verità e la coscienza, soprattutto in riguardo delle calunnie, delle menzogne e delle sperticate esagerazioni che, massime sui primi tempi, si scagliavano di quel paese dalla demagogia furiosa dello avervi prevaluto si brevemente e sì poco. Non diremo che la laude di religioso e di pio, tribuita alcuna volta da noi al monarca delle Due Sicilie e da lui per comune giudizio e per autorevole testimonio del Pontefice a tanti titoli meritata, quella laude ci è stata quale abbietta adulazione bene spesso gittata in viso, segnatamente da un anonimo padovano e che si sottoscrive sacerdote. A prescinder dunque da questo, il nostro contegno rispettoso pel Governo napolitano appunto per questo che noi scrivevamo in Napoli, ci mercò l'accusa unanime di parecchi giornali dell' essere la Civiltà Cattolica lancia venduta al Governo napolitano, strumento giuocato sottomano da quella Polizia, ed in sustanza voce stipendiata a bandire tra i popoli il dispotismo. Le quali incredibili esorbitanze, per quanto non dovessero trovare ascolto non che credenza presso qualunque ci voglia giudicare sugli scritti nostri e non sugli altrui, nondimeno non potean fallire dal cagionare una impressione alquanto sinistra sugli animi tuttavia preoccupati da pregiudizi, e non ancora dişingannati sulle cose di quel paese poco conosciu, to e peggio giudicato dai lontani. Quello poi che ci avveniva in Napoli sarebbeci incontrato per tutto, dove l'esser noi identificati cogli interes

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