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fertile regione, ch'oggidì chiamasi Lombardia, venne allora denominata Gallia Cisalpina, nome conservatole dai Romani.

Ci è pure ignota l'etimologia del vocabolo Milano. Alcuni vogliono che derivi da Medo ed Olano, due capitani dei Galli, i quali, dopo Belloveso, avendo ampliata la città, dall'unione di que'due loro nomi la chiamarono Mediolanum; altri credettero ritrovarla nella parola teutonica Mayland, che significa terreno di maggio o paese di primavera; altri da Medium Amnium per essere la città posta in mezzo ai fiumi; e, secondo Polibio, perchè Milano ai tempi de' Galli non era che un piccolo villaggio, ed unicamente il territorio all' intorno abbia avuto il nome di Midland, che in lingua gallica significa paese di mezzo.

Altri infine ammettono un' opinione favolosa, quella cioè che fa derivare il vocabolo Mediolanum dall' essersi trovato, nel porre le fondamenta della detta città, un porco mostruoso mezzo coperto di lana, ovvero una lupa mediolanata, vale a dire vestita di lana soltanto la metà del corpo. Claudiano così credette, ove cantando le nozze dell'imperatore Onorio celebrate in Milano, ci rappresentò Venere, che abbandonando Cipro passa sul mare, e si porta a Genova, d'onde superati di volo i gioghi dell'Appennino discende verso Milano:

ad mania Gallis

Condita lanigera suis ostentantia pellem.

Dello stesso parere si mostrò Sidonio Apollinare, il quale, annoverando le città più illustri, così volle indicarci Milano :

Et quæ lanigero de sue nomen habet.

Il più antico fatto, al dir del nostro concittadino conte Pietro Verri, da cui può cominciare la storia di Milano, ascende all' anno di Roma 530, avanti G. C. 222, cioè appunto 2062 anni fa. I Romani, sotto i consoli Gneo Cornelio Scipione e Marco Marcello, conquistarono l'Insubria, e portarono fino a Milano la dominazione di Roma. Polibio ci assicura che Marco e Cornelio, consoli, guerreggiando contro ai Galli insubri, Mediolanum præcipuam insubrum civitatem petierunt. Cornelius, urbe quæ et frumento et omni genere commeatus refertissima erat potitus, Gallos persequitur. E Plutarco ci attesta, scrivendo però tre secoli appresso i detti consoli, che Milano era una città molto popolata e capitale dei Galli cisalpini: Urbem Galliæ maxi

mam et frequentissimam Mediolanum vocant. Hanc Galli cisalpini pro capite habent. È verisimile assai, secondo Verri, che Marco Marcello, dopo conquistata Milano, abbia fatto erigere la famosa torre di marmi quadrati, la quale, coll'andare dei secoli, si chiamò poscia l'arco romano, collocato, secondo il dotto conte Giorgio Giulini, giù dal ponte del naviglio in Porta Romana, a mano destra, ossia dicontro al luogo ove vedevasi il monastero di San Lazaro.

Poco è quello che sappiamo della città di Milano durante la repubblica di Roma, e poco altresì ne sappiamo durante i primi tre secoli dell'era volgare. I Romani, conquistata ch'ebbero l'Insubria, piantaronvi delle nuove città, quali Piacenza, Cremona e Lodi; le due prime furono colonie, e con esse si resero padroni della navigazione del Po.

All' occasione della seconda guerra punica, avendo gli Insubri favorito le armi di Annibale, furono dichiarati decaduti dalla cittadinanza romana ; ma ai tempi delle guerre tra Mario e Silla (anni di Roma 665, avanti G. C. 87) il senato romano accordò la cittadinanza romana a tutti gli abitatori dell'Insubria, e dilatò i confini d'Italia, che prima terminavano al Rubicone vicino a Rimini, portandoli sino alle Alpi, e così divennero allora italiani per adozione.

Fra i proconsoli che furono da Roma inviati a Milano per reggere questa provincia, si meritò la cittadina riconoscenza Marco Bruto: quell'anima virtuosa, forte e sublime eccitò tale ammirazione presso i nostri antenati, come ne fanno fede Svetonio e Plutarco, che gli fu innalzata in una pubblica piazza di Milano una statua di bronzo. Quando Augusto, dice Verri, reso padrone della terra, passò a Milano, si trattenne ad osservare quel monumento non senza inquietudine dei Milanesi, ai quali non piaceva d'essere creduti nemici di lui per la grata ammirazione che mostravano verso l'uccisore di Cesare e il nemico della tirannia: ma Augusto prese anzi motivo di far loro un encomio, perchè rendevano omaggio alla virtù indipendentemente dalle vicende capricciose dell'avversa fortuna, e ordinò che non si rimovesse dal suo posto la statua. Sotto questo principe, nell'anno di Roma 749, nacque Gesù Cristo.

Dei successori d'Augusto fino a Traiano nulla v'ha di ragguardevole per questa città, se si eccettui avere vissuto ai tempi dell' anzidetto Traiano imperatore il celebre C. Cecilio Plinio, il quale, benchè nativo di Como, ebbe pur amore a Milano, giusta l'asserzione di parccchi scrittori.

Questa capitale oltr'essere stata più volte visitata da Giulio Cesare, scrivesi che fra gli imperatori dei primi secoli Publio Elvio Pertinace fosse nato nell'Insubria e precisamente in Milano; ed Elio Sparziano e vari altri ci assicurano che Giuliano Didio, proclamato imperatore l'anno 193 dell'era volgare, fosse pur Milanese.

Nel terzo secolo i Barbari del settentrione cominciarono a discendere dalle Alpi per invadere questa parte d'Italia; da ciò ne venne la necessità che gli imperatori romani fossero obbligati a risiedere spesso in Milano come città primaria più vicina alle Alpi, onde vegliare meglio alla sicurezza d'Italia. Quindi vediamo dalla romana storia che Galieno soggiornò lungamente in Milano e ne'suoi contorni, ed allorchè Aureolo, altro imperatore, occupata la Gallia Cisalpina, era sul moversi contro Roma, venne dallo stesso Galieno assediato entro le mura di Milano; e poscia presso la stessa Milano, circa l'anno 270, Aureolo vi fu battuto ed ucciso dalle armi di Claudio II; per cui derivonne il nome nella latina lingua di Pons Aureoli a quel villaggio ove ciò avvenne, ch'ora da noi è chiamato Pontirolo.

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Anche la divisione dell' impero romano fatta da Diocleziano condo il conte della Somaglia nel suo Compendio della storia di Milano, fu causata dal bisogno di custodire e difendere l'impero dalle continue incursioni dei popoli barbari ; di più le tante ribellioni dei capitani ch'erano accadute ai tempi addietro, fecero risolvere l' imperatore Diocleziano, verso l'anno 286, ad associarsi un collega per dividere con esso l'onore del comando e l'incarico degli affari. Egli diede il titolo di Cesare al suo amico Massimiano Erculeo, e poco dopo dichiaratolo Augusto e suo compagno, gli assegnò l'Italia, l'Africa, la Spagna, le Gallie e tutta la parte occidentale dell' impero, ritenendo per sè la parte orientale.

Ora mentre le città d'Italia separate dal corpo del vasto impero (anno 292) cominciarono a rimanere prive delle ricchezze che dall' Egitto e dall'Asia solevano venire, ed a perdere perciò il loro antico lustro, la sola Milano, sotto Massimiano Erculeo, crebbe di splendore.

Valerio Massimiano Erculeo è stato fra gli imperatori quello a cui più deve questa città, perchè fu probabilmente il primo che collocò la sua sede in Milano, e la cinse di nuove mura. Ce lo attesta Aurelio Vittore: Novis cultisque manibus romana culmina et cæteræ urbes ornata, maxime Carthago, Mediolanum, Nicomedia. Il giro di queste mura però non era più di due miglia; ed ora ci rimane una sola

torre di esse mura nel monastero Maggiore in Porta Vercellina. Le chiaviche e il condotto delle acque coperto con cui si spurga la città, sono l'acquedotto antico che fiancheggiava esternamente le mura di que' tempi. Quest' imperatore adornò Milano anche del circo e del teatro; abbiamo pur oggidì due luoghi della città chiamati l'uno al circolo l'altro al teatro, ed è probabile che corrispondano agli antichi loro rispettivi edifizi. Massimiano dimise in Milano la porpora nell'anno 305; e Flavio Valerio Severo vi fu contemporaneamente dichiarato Cesare.

L'unico monumento di Milano antica, rimastoci dalle barbariche distruzioni e dalle ingiurie dei secoli, si è quello delle sedici magnifiche colonne scanalate, d'ordine corintio, che ancora veggonsi innalzate dirimpetto la chiesa di San Lorenzo sul corso di Porta Ticinese, le quali per la bellezza loro e le proporzioni credonsi dagli intelligenti archeologi un' opera del secolo d'Augusto o poco dopo, e pretendesi che servissero probabilmente all'atrio del tempio o delle terme in quel luogo medesimo consacrate ad Ercole (a).

(a) Il naturalista Pini crede che il marmo di quelle superbe colonne sia stato tratto dalla antica cava di Oligiasca, terra del lago di Como posta tra Bellano e Piona. Accenneremo in proposito i giudizi di chiari scienziati ed artisti intorno a questo unico antichissimo monumento di Milano.

Nella memoria del signor architetto cav. Carlo Amati Sulle Antichità di Milano esistenti presso San Lorenzo, pubblicate in Milano nel 1821, egli opina che l'edificio cui dovevano appartenere le sedici colonne fosse originariamente destinato a Basilica; conghiettura già da altri emessa.

Ed in vero il signor conte E. Silva nel suo opuscolo pubblicato nell'anno 1811 intorno alle sedici colonne presso San Lorenzo, così si esprime: « Dalla disposizione delle colonne si rileva che queste non potevano servire se non a sostenere la galleria esteriore sul fianco di un tempio, oppure l'interno d'una basilica: ma le colonne in tale ipotesi sarebbero in numero dispari, cioè 15, e gli intercolunnj eguali in tal caso come in qualunque altro ».

Il cav. Ennio Quirino Visconti dice in proposito : "Mi pare probabile che le colonne appartenessero alla Basilica Mediolanense, edifizio pubblico che doveva sorgere presso al Foro, che conteneva i Tribunali, la Curia de' Decurioni, la Borsa, e parparticolarmente l'Augusteo, o tempio de' Cesari, dove le statue degli imperatori anche viventi si veneravano. »

Il consigliere Pinali poi aggiunge: « Mi compiaccio di far eco alla fondatissima congettura del signor E. Silva del Forum Civium di Milano, detto poi Forum o Platea Vetus, e quindi ne' secoli corrotti, corrottissimamente la Vetra. Se però negli spazi della moderna Vetra vi fu a' tempi de' Romani una piazza, nulla più consequente che le colonne, delle quali si ricerca l'origine e l'uso, appartenessero a Basilica, che sempre vicina al Foro si stabiliva, e n'era parte anzi integrante, piutLosto che a tempio ».

L'architetto Amati scrive a pag. 10 che la voce Basilica significa Casa Regia. Le basiliche presso gli antichi erano quegli edifizj ne'quali i giudici stavano al coperto a rendere pubblica ragione, e dove si trattavano grandi ed importanti negozi. Esse

Costantino il grande (anni di Gesù Cristo 313) fu il primo tra gli imperatori romani a professare la religione cristiana, e si crede che in Milano facesse il decreto col quale permise ai cattolici di tutto

non erano mai discoste dal Foro. Vitruvio tratta diffusamente delle loro simmetrie al lib. V.; e siccome nei primitivi secoli dell' era volgare i cristiani si congregavano in queste basiliche, così essi continuarono a denominare i principali templi con questo nome, e le costruirono ancora alla medesima foggia.

Nell'anno 1831 poi essendosi fatti ampi scavi d'intorno al basamento delle sedici colonne, per fabbricare le tombinature stradali che ricevono e conducono via le acque pluviali, fu nominata appositamente dall'I. R. Governo una commissione perche colle opportune indagini emettesse il suo giudizio intorno alla detta antichità patria. La Commissione istituita in tale circostanza per l'esame delle sostruzioni delle colonne presso San Lorenzo, era formata dai signori architetti Besia, Moraglia, Amati, Gianella ingegnere in capo della provincia di Milano, Perego ingegnere municipale, direttore dei lavori in costruzione sul corso di P. Ticinese pel nuovo Acquedotto Longitudinale della strada, onde raccogliere le acque pluviali, Cattaneo direttore del Gabinetto Numismatico di Milano, e Pelagio Palagi celebre pittore. Gli scavi d'intorno alle colonne furono appositamente preparati per l'indagine scientifica d'antiquaria.

Dopo replicate ricognizioni di fatto, mediante anche due breccie istituite nelle parti fondamentali degli intercolonni fra la 5.a e la 6.2, e fra la 14.a e la 15.a colonna, la Commissione dichiarò:

1.o Non esservi dubbio nei membri della Commissione che il muro che regge il colonnato, appartenga alla stessa epoca, e più propriamente che le colonne esistono nella originaria loro situazione.

2.o Essa ammette per istabilito che le colonne appartengono al terzo secolo. 3.o Essa ritrova che le forme di costruzione dei muri tanto nella parte più depressa, quanto nella più elevata, corrispondono pienamente ad altre di quelle che si praticarono dai Romani sino a quell'epoca, e rimarca particolarmente, come l'opera Signina non fu praticata nei bassi tempi. (L'opera Signina è una specie di smalto, composto di cocci o mattoni pesti e di calcina forte, a cui stanno frammisto dei ciottoli o sassolini di fina selce. Vitruvio parla dell' opera Signina nel lib. II, cap. 5, nel lib. V, cap. 11, nel lib. VII, cap. 1, e nel lib. VIII, cap. 7). Quindi la Commissione tiene per fermo non solo che il muro è contemporaneo alle colonne, ma che queste giacciono nell'identico posto in cui furono originariamente innalzate. 4.o La Commissione non era punto arrestata in questo giudizio dalla ipotesi che si sono fatte per l'addietro, o dalle quistioni agitatesi, giacchè niente di preciso fu prima d'ora manifestato agli eruditi sul punto più essenziale, ossia sulla reale struttura dei muri sottoposti al colonnato.

5.o La Commissione non crede pure che presenti alcuna difficoltà il limitato di vario che s'incontra nelle larghezze degli intercolonni, e l'ampiezza di quello di mezzo giacchè quanto alla prima vedonsi ripetute simili anomalie nei più cospicui edifizj, e quanto all'ampiezza dell'intercolonnio di mezzo non mancano analoghi esempj in altre opere che appartengono come questa ai tempi di decadenza.

Tali furono le osservazioni che la Commissione trovò di subordinare in adempimento dell'incarico di cui fu onorata, essendosi limitata alla ricognizione delle cose di fatto, ed alle più immediate conseguenze. Essa lasciò ai dotti artisti il rintracciare, col sussidio di più estesi rilievi, a quale edifizio il colonnato stesso potesse appartenere. Il suddetto Rapporto (in data di Milano 22 agosto 1831, e da me qui ridotto in estratto) è quello stato diretto alla Congregazione Municipale di Milano, ed è sottoscritto da tutti i sullodati membri della commissione incaricata dell'esame delle sostruzioni del colonnato a San Lorenzo. Il rapporto in esteso conservasi nel

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