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terva come erano fuori delle classi. Destinati all'ufficio di raccogliere le armi degli uccisi e supplire ai mancanti, gli era agevole di farlo in un tal' ordine di battaglia; perchè il posto vacante era naturalmente occupato dall' uomo che seguiva il quale a vicenda era supplito da quello che ve niva dietro, di modo che il supplente non entrava nella falange che assai molto indietro dove la massa quasi premendolo in mezzo gl' insegnava il cammino ed i movimenti a cui veramente non convenivano altro che membra robuste. Non occorrevano uomini esercitati che pei primifila, per quelli che le serravano, e per le schiere esterne che potevano ad un'evoluzione diventar teste di colonna ove conveniva che gli altri lo fossero tanto più quanto più si accostavano fra loro.

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Benchè la prima classe non fosse gravata oltre quel servigio che comportava la sua popolazione, e che pure secondo un' apparenza che potrebbe ingannare, la seconda sia stata malmenata per la predilezione ai rapporti di numero non è però men vero che questa prima classe non godeva gratuitamente della sua preponderanza politica ; perchè le centurie della prima schiera sostenevano l'arto della battaglia. I cavalieri pure comperavano a più caro prezzo la lor preminenza giacchè essendo difettosa la lor armatura venivano facilmente disarmati, ed erano principalmente esposti ai giavelotti alle pietre ed al piombo dei frombolieri.

Sono probabilmente queste cento venti centurie, così come si trovavano sotto le armi che davano la loro sanzione ai testamenti che il soldato faceva prima della battaglia. Dapprima non era per nulla una semplice dichiarazione innanzi ai testimoni; ma rispetto ai plebei era una così fatta risoluzione approvata dal comune, come

Niebuhr T. II.

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Pera pei patrizi, la decisione delle curie, decisione che dava forza di legge ad un testamento o ad un cangiamento nei diritti di gentilità. Non dubito punto perciò che in origine i testamenti plebei non siano stati ricevuti nel campo di Marte al cospetto dei comizi delle classi in presenza dell' exercitus vocatus, la di cui vece, quando non si trattò più che di una formalità potè essere fatta dai viri vocati sulla linea di battaglia abbenchè i suffragi fossero diversamente ponderati. Ma la forma non era senz' importanza come non l'era l' inosservanza dei diritti della prima classe, quando una vera legge doveva passare nel campo, il che certamente intervenne più di spesso che non ne abbiamo memoria. Ed è così che si confermò dall'esercito innanzi ad Ardea la risoluzione delle curie contro i Tarquini. Se ci ricordiamo dell' essere delle cose d'allora tutti le centurie dei Seniori mancavano a questa assemblea. Ve ne erano ottantacinque di juniores quando si adunavano i doppi contingenti oltre le cinque centurie fuori delle classi e per conseguenza novanta, Su questo numero la prima classe ed i carpentieri ne aveano 41; le altre quattro centurie addizionali ne facevano 49. Ora la legione contava trecento cavalieri o dieci squadroni ( turmae) rispondendo ciascuno ad una centuria di trenta uomini, e che dava il suo voto senza dubbio come tale. Do❤ po questo i cavalieri della prima classe davano 51, e soverchiavano l'altra metà, essendo cento la somma totale, Il modo che tennero al campo di Sutrio per porre un'imposta del cinque per cento su tutti gli affrancati (308), è una cosa assai enigmatica in grazia della menzione che si fa dell' accettazione per tribù.

I comizi regolari delle centurie delle due età si radupavano al campo di Marte ed ogni centuria era condotta

da un capo. Convocate dal re o dal magistrato che ne faceva le veci, votavano con un' intiera libertà di rifiuto su tutte le proposizioni del senato che il magistrato che presiedeva l'assemblea sottoponeva ai loro suffragi sia che si trattasse di elezioni o di leggi. Tuttavia l'accettazione delle proposizioni non avea il suo compimento che dal piacere delle curie. I soli comizi delle centurie davano contezza degli affari criminali al primo capo quando si doveva proseguire un delitto contro tutta la nazione (309) e non nel caso in cui un ordine avesse a pronunciare sulle dimostranze degli individui della sua giurisdizione; alieno fu così dopo i Decemviri. Non si saprebbe dubitare che in origine i plebei non facessero i loro testamenti nel campo di Marte come i patrizi nel comizio. Così pure si potrebbe tenere come affatto certo che l'adozione dei plebei si facesse d'innanzi le centurie nell' istesso modo che era necessario un decreto delle curie per l'arrogazione dei patrizi. Così si può pure con molta rassomiglianza allargare questa congettura ad ogni affare le di cui formalità esigono cinque testimoni. In quella guisa che le curie erano rappresentate dai littori le classi lo furono da questi testimoni quando già un tempo non fu più supponibile il rifiuto dei comizi; e siccome finchè durarono gli antichi costumi si ricorse senza dubbio agli auspici se non altro in tutte le transazioni che interessavano lo stato delle persone, una siffatta formalità doveva essere più che sufficiente.

Le libertà del comune come parte di un ramo del potere sovrano si riducevano a questo che niuna magistratura universale, niuna legge gli fosse imposta suo malgrado a meno che la frode o la forza non venisse a rompere il corso legale delle cose. Non poteva farsi una mozione nè una parola sulle proposizioni che erano sottoposte al suo

giudizio. Così fu assai lieve il sacrificio fatto dai patrizi in questa circostanza. Nè v'è cosa che indichi che essi non abbiano esclusivamente composto il senato; e se per avventura una proposizione spiacevole al loro ordine era emessa ed accolta dalle centurie, niente poteva impedire che i patrizi congregati non l' annullassero nei loro comizi, All' incontro l'ordine dei patrizi ed il governo mosso dal suo spirito erano assai potenti per trarre le centurie stesse in risoluzioni affatto opposte alla volontà dei plebei, e tutto questo così per la bocca degli aerarii o per sorpresa o stancando la pazienza dell' assemblea.

Però queste lievi restrizioni e ciò che nel resto della legislazione senza nulla levare alle genti, dava al comune libertà dignità e considerazione, non furono concesse dai patrizi secondo le forme ereditarie, di modo che tutte queste novità appaiano come un atto di pieno potere del re. Onde si stima che i patrizi gli togliessero la vita in una sedizione, da cui si sapeva minacciato da lungo tempo.

Tale è la tradizione e la resistenza ostinata delle famiglie forse indovinata con quella stessa certezza che se fosse attestata da memorie contemporanee; perchè ogni oligarchia è invidiosa, oppressiva, e sorda all' equità ed allą saggezza. Non già che questi difetti siano inerenti ad un ordine designato con un nome determinato. Si trova il medesimo spirito oligarchico sotto il traliccio del Contadino d'Uri, che non contento di ricusar dei diritti d'una natura più sublime a quelli che godono dei privilegi come abitatori (qualchessisia il tempo che i loro antichi abitano nel cantone) gli toglie anche dei diritti puramente comunali di cui sono stati lungamente in possesso (310); ed il medesimo spirito si trova sotto l'abito di veluto del nóbile

veneziano. I patrizi per natura e per essenza

accostavano

ben più a quelli che a questi. Ciò che i patrizi volevano eternare contro i plebei era precisamente ciò che i Spartani mantenevano contro i Lacedemoni, ed i Periccati. La storia di Sparta è lo specchio di ciò che sarebbe stata quella di Roma senza la libertà plebea. I Spartani non aumentando giammai, ed essendo prodighi del proprio sangue si ridussero a tali estremità, che dopo la battaglia di Leutra crollo ogni loro dominio in un istante di modo che la vita stessa dello stato non si salvò che per la fedeltà di una parte dei Laconi. Ma ciò non risvegliò la coscienza degli Spartani, come non aprirono gli occhi quando la più gran metà della campagna vicina si congiunse a suoi eterni nemici, o quando in un'immensa città vissero sparsi in mezzo di una popolazione malevola o forestiera, o quando convenne nelle loro guerre assoldar mercenari e mercare sussidi da principi stranieri. Per questo dopo la sua caduta cotesto debole stato orgoglioso e disprezzato trasse ancor per un secolo una languida vita. Per ultimo in un tempo in cui non v'era più un raggio di speranza, dei re ai quali la patria non era così indifferente come agli Oligarchi, cercarono la sua redenzione in una rivoluzione che fece un nuovo popolo Lacedemone di questi plebei sì lungamente calpestati. Gli Spartani che diffatti avevano perduta ogni importanza si fusero nel nuovo popolo e così i Lacedemoni apparvero per qualche tempo con tutto l'antico splendore dell'antica Sparta, ma era troppo tardi; una rivoluzione seguì l'altra, ma non con tanta lunganimità per poter ricevere dall' opinione o dall' abitudine quella salutare legittimità che ogni costituzione può acquistare. Era lontano il tempo in cui gli Spartani dovevano assicurare alla loro posterità l'eredità

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