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blico tutore, il tribuno teneva la sua casa aperta giorno e notte a chiunque implorava aiuto, ed egli nè poteva compartire a chi che fosse, sia contro la violenza e la calunia dei privati, che contro l'autorità dei magistrati.

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Già s'intende che i capi di tribù avevano diritto di fare delle proposte alla tribù che gli spettava. E se fra loro sia per l'elezione, sia perchè fosse la sua volta, un solo per ogni decuria era chiamato a rappresentar l' ordiè di necessità che questi officiali non ancora inviolabili, avessero abilità di fare simili proposte all' universalità del comune. Però quest' attribuzione è ravvisata come appartenente ai progressi dei diritti dei plebei, e come che procedesse da una circostanza speciale, e si dice che soltanto più tardi e dopo la pace fra gli ordini, un plebiscita assicurasse la libertà delle mozioni dei tribuni con delle pene spaventevoli. Colui che impedirebbe o interromperebbe un tribuno che parlasse al comune radunato, sarebbe tenuto di fornire al collegio dei tribuni una cauzione del pagamento dell' ammenda che sarebbe stata conchiusa contro di lui, dinnanzi al comune; chiunque non lo facesse sarebbe scaduto dall' esistenza e d'ogni sua fortuna (568), Questa legge ci è porta da Dionisio come un semplice plebiscito, ma ella avea duopo per la sua essenza d'essere accettata anche dall' altro ordine.

V' ebbero molte controversie presso gli antichi circa il sapere se il tribunato era una magistratura. Quelli che non volevano ravvisar come tali se non le cariche, il di cui potere si estendeva su tutta la nazione, lo negavano, ed aveano ragione di farlo rispetto gli antichi tempi, ma in quanto alle epoche più recenti tenevano dietro ad una vana apparenza. Nel settimo secolo della città il tribunato era nel più eminente grado una magistratura nazionale,

pei due primi secoli della sua vita era di siffatta maniera una magistratura puramente plebea, ma dentro questi limiti una magistratura incontrastabile, abbenchè non avesse nè amministrazione nè governo.

I tribuni erano di loro propria natura i rappresentanti del comune, e come tali protettori delle libertà del loro ordine contro la sovrana potestà a cui non partecipavano. Come tali ancora non potevano condannare ad un' emenda ma solamente conchiuderne il giudizio al cospetto dell'assemblea del comune (569). Così parimenti non erano giudici fra il console e colui ch' egli aveva condannato a delle pene corporali, ma solamente mediatori onde il tribunale plebeo potesse radunarsi senza ostacolo, ed affinchè nell' intervallo colui che aveva appellato potesse dimorare. senza pericolo in possesso della sua libertà. Erano per così dire i sensi del loro ordine, risolvendo e stimando al suo vero valore le cose che pervenivano a loro, e vigilando perciò che non si facesse nulla di revocabile.

Con questo carattere appunto di opposizione intervenin vano da per tutto dove le libertà plebee correano pericolo d'essere offese. Il diritto di decidere della pace e della guerra dopo la preventiva deliberazione del senato spettava alle curie e così fu sin che durò l'antico ordine di cose. Dappoi che il comune fu riconosciuto come una metà libera della nazione, e che forni tutti i fanti alla milizia, non vi aveano leggi per cui il suo consenso si dovea tenere per più indispensabile che non quelle per le quali si dichiarava la guerra. Ed è appunto in questa parte che i patrizi si permisero di maggiormente eludere il con corso delle centurie, come è ben naturale; perchè i plebei erano poco disposti a sacrificare la vita e il sangue esclusi com'erano dai vantaggi della guerr a, non partecipando per nulla alla divisione delle terre conquista❤

ne, e bene spesso quasi neppure al bottino che si vendeva a profitto dell' erario patrizio. Il consense formale o racite dei tribuni suppli dunque in questa parte a quello dell' ardine per la conservazione de' suoi diritti; da un altro canto la loro opposizione dava vigore al rifiuto non potendo alcuno mettere le mani sul plebeo che il tribuno proteggeva senza offendere la sua persona ch' era inviolabile. Quest' opposizione cessò coll' istituzione delle giuste Libertà. Cosicchè era necessario l' intervento per far iscansare la leva ad un individuo che non vi era fatto cadere che per cagione di qualche particolare vendetta contro di Lui, quando avesse trapassato la banlieue oltre la quale I imperium era illimitato.

Il potere preventivo dei tribuni ca bene spesso inefficace per ovviare a tali scandali di tirannia, non che alle aperte violazioni dei trattati giurati. Allora era necessario o che i tribuni si facessero ragione da se o che potessero intercederla dai tribunali. Lo spirito primo dell' istituzione avrebbe voluto che si tenessero all' ultimo partito. Noi stimeremio di veder quivi un tribunal misto sotto la presi denza d' un arbitro; ma il trattato era stato giurato dai due ordini come una pace, e secondo il diritto naturale dei popoli italici, spettava al popolo offeso nella sua integrità o in una sola parte di profferire contro l' estraneo ch' era accusato come colpevole verso di lui, e se vigevano dei trattati i concittadini dello straniero erano tenuti a consegnarlo, Non lo potevano giudicare essi stessi; perchè Pindulgenza sarebbe stata più che perdonabile con dei costumi, che in parecchie occasioni interveniva fra gentiles il patrono ed i clientes; con dei costumi insomma che si potrebbero dire dell' istess' indole dell' obbligazione dei co-secramentales. All' ineoutro si attendeva da giudici che Niebuhr T. II.

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aveano dato giuramento l'assoluzione del nemico giustifi cato. Questa maniera di vedere non riposava per meglio esprimermi sopra un sogno pietoso? Non traeva a delle ingiustizie ? Questa è un' altra questione. Ma è appunto in questo senso che i tribuni ebbero il diritto di citare dei consoli ed altri patrizi al cospetto dell'assemblea dei plebei. Questo diritto presuppone necessariamente che ve ne fosse un simile a favor dei patrizi contro i plebei che si fossero resi colpevoli di simili delitti contro il lor ordine.

Ma sarebbe talmente in contraddizione coi rapporti incontrastabili posti dal tempo, che i consoli dopo il termine della loro magistratura avessero potuto essere accusati dinanzi al comune in ragione di infrazioni che interessavano la repubblica intiera, che se gli esempi di tali imputazioni fatte dai tribuni nel terzo secolo, possono sotto altri rapporti essere tenute come storiche, converrà darvi un' altra spiegazione. Nello spirito della costituzione d'allora le curie e le curie sole erano giudici del governo della repubblica; converrebbe dunque che i tribuni avessero fruito del diritto di comparire dinanzi ad esse come accusatori quando i questori avessero trascurato questo lor dovere.

I tribuni non divennero una parte del potere legisla➡ tivo che per la legge Publilia; prima d'allora non potettero come ogni altro corpo che far dei regolamenti per se stessi che non erano obbligatorj per altri. È incontrastabile che Silla levando dalle mani ai tribuni il diritto di proporre le leggi repristinava la lettera della legge com' era stato già lungo tempo passato, com' egli fu uso di repris stinarla in tutto.

Tutti i dati riescono in sostanza a quest' articolo (570) che in principio non vi fossero che due tribuni. Non s'accordano così sui loro norii, ad ogni modo i nomi di E.

Licinio e di L. Albinio hanno molto del vero (571). Quel Licinio appunto che fu eletto al comando senza però aver il grado di tribuno, non essendovi stato aggiunto che più tardi ci fa parteggiare per la congettura che i due primi fossero già investiti di questo magistrato perance insignificante ai tempi che il popolo si ritrasse nell' aventino; tanto che si può inferire che Licinio in grazia delle sue virtù fosse stato scelto a capo solo nel caso che avesse a prorompere la guerra. Le mutazioni che seguitarono sul numero dei tribuni sono riferite in diversi modi. Quei che non si discostano da Pisone non ne ravvisano che due sino alla legge Publilia (572); dove seguitando Cicerone non si restrinsero a due che nel prim' anno soltanto, poichè nell'anno vegnente il collegio fu recato a dieci (573). Ma T. Livio asserisce che i due primi tennero l'elezione dei loro tre collega, fra i quali si trovava Licinio. Che discordanza! Ad ogni modo in questo luogo pare che s' abbia a tener per errata l'opinione di Cicerone se non per altro perchè è in aperta contraddizione col fatto, giacchè il numero dei tribuni non fu levato sino a dieci che trentasei anni dopo l'instituzione del tribunato; oltre che è più che poco verosimile che la legge Publilia avesse institaito un numero tale che fosse appunto in relazione con quello delle centurie, a cui aveva tolta l'elezione, e che avesse annullato quello che s'accordava alla somma delle tribu, dove ella la trapiantava. Giacchè i cinque tribuni venivano tratti ciascuno da uno delle classi (574), nello stesso mo¬ do che dopo aver doppiato il numero ne trassero due da ciascuna (575); misura che non si potette serbare quando la constituzione delle centurie fu del tutto mutata.

I rappresentanti d'ogni classe dovettero di necessità essere nominati partitamente da ciascuna d'esse ; nè si può

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