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eod. tit. adulterium in nuptam, stuprum in viduam committitur.

(290)

De re publ. II, 20.

(291)

1

È la formola ordinaria in T. Livio: censa sunt civium capita praeter orbos orbasque.

(292)

Plutarco Camillo pag. 129. Non può avere alcun va❤ lore la sua opinione secondo la quale gli orfani sarebbero stati anteriormente esenti d' imposta,

(293)

Dionisio IV, 14. Non conviene sostarsi dove s' inganna non tenendo per tribù locali che le quattro urbane.

Siccome in una guerra poco importante non si tiene allestita che una metà dell' intiera armata, non si prelevavano i soldati che da dieci tribù (ve ne aveano 21 allora), T. Liv. IV, 46. Decem tribus sorte ductae sunt, ex his scriptos juniores tribuni ad bellum duxere

(294)

Nella nota 307 si troveranno le prove di questa asser¬ tiva, qui sarebbero immature.

(295)

Il lettore troverà nella sezione sul comune prima dell'emigrazione qualche passo in proposito. L'esempio citato pel tempo che precedette i Decemviri potrebbe essersi intromesso negli annali per uno sbaglio sopra un altro ordine di cose.

(296)

Il racconto per cui Cassio volle far passare la legge agraria non ci viene da un annalista molto recente che riferiya indietro nell' ordine dei tempi gli avvenimenti

dell' epoca dei Gracchi. Presupponendo che ciò si sia trovato nei libri pontificali, il racconto se non altro mostra di non conoscere che quegli soli potevano avere esercizio di un tal diritto che dimoravano in Roma con tanti beni di fortuna quanti erano necessarii pel diritto di suffragio nella classe a cui miravano.

(297)

Era un' imposta di patente determinata dalla stima.

T. Liv. IV, 24.

(298)

(299)

Il commentatore delle Verrine mal a proposito chiamato Asconio, aveva delle giuste nozioni su questo particolare ad. divin., 3 censores cives sic notabant, ut ... qui plebejus esset in coeritum tabulas referretur et aerarius fieret; ac per hoc non esset in albo. Centuriae (ioè come parte delle tribù) sune; sed ad hoc esset civis, tantum ut pro capite suo tributi nomine aera penderet. Questo testo è mutilato. Il manoscritto Laur. LIV, 27 collazionata da Lago Marsini come una copia autentica di quella del Poggio, porta, sed ad hoc non esset civis : tantummodo ut, p. c. s. aera praeberet.

(300)

Dionisio IV, 43. Pel fondo delle cose disse quasi lo stesso a proposito del governo di Servio. T. Liv. I, 42 dice pure censum instituit... ex quo belli pacisque munia non viritim ut ante sed pro habitu pecuniarum fierent.

(301)

Dionisio I, c.

(302)

Il pagamento di una quota della vendita era presso i

Niebuhr T. II.

21

Romani un segno certo che colui che lo faceva non aveva che l'usufrutto, I Greci vedevano le cose altrimenti: Pisistrato in quel tempo, e tre secoli dopo Gerone vollero esigere dai proprietari la decima della vendita a titolo d'imposta fondiaria.

(303)

L'emissario era un' opera comandata dalla necessità,

(304)

Se i Macedoni non fossero stati dei barbari, corpi robusti senz' anima, se la penuria degli officiali capaci di esser utili per se stessi non fosse stata una necessità inevitabile in una tale nazione; infine se le guerre omicide di Filippo non avessero avuto una continua necessità di cerne inabili di cui si avesse potuto servirsi all' istante, questo gran principe senza dubbio si sarebbe eletta un altro genere di tattica. Ma così fece l'uso il più perfetto degli elementi ch' erano in sua mano, e questo bastò perchè i Greci che teneano lo stesso sistema perseverassero nelle imperfezioni da cui egli in parte si tolse.

Dionisio VII, 59.

(306)

(307)

Al tempo della guerra latina v'erano 27 tribù, per

conseguenza altrettanti soldati in ciascuna Centuria; ma questo numero variabile avrebbe condotto a confusione. Sia per evitare una mala intelligenza, sia che si trovasse in qualche incertezza, T. Livio per designare una parte della legione che nella nostra lingua si chiamerebbe battaglione, si serve delle parole poco precise acies, et agmen invece di usare la parola coorta che sarebbe la vera ma che più tardi passò ad una divisione della nuova legione costituita affatto diversamente. Nella stessa maniera che il numero

primitivo delle tribù forniva delle coorti di 900 uomini, cos quando le tribù furono ridotte a 20 le coorti non potettero contare oltre 600 nomini.

Ciò che ben colse l'annalista che diceva che nel 292 nella guerra dei Volsci quattro coorti, di 600 uomini per ciascuna, furono appostate alle porte di Roma (Dionisio IX, 71). Nel 290, il luogotenente P. Furio usci dal campo a cui gli Equi davano l'assalto con due coorti non facendo più di mille uomini. La traduzione di Gelenio duae cohortes quingenariae volle esser libera, ma ella presta una falsa idea all' autore (Dionisio IX, 63). I principes all'incontro sono di 600, invece di 900 e gli astati di pesante armatura di 400 invece di 600. L. Siccio comanda una coorta di 800 Veterani che non dovevano più fare il servizio, e per conseguenza ne ha venti di ciascuna Centuria di seniores della prima elasse.

Si vede con qual precisione coteste finzioni erano adatte alle forme degli antichi tempi così la spiegazione serve a provare che sia vero come storicamente posto che in origine vi fossero 30 tribù, e che non ve ne fossero che 20 in progresso.

(308)

Vellejo Paterculo II, 5. Plutarco Goriolano. T. Liv. VII, 16. A. Gellio V, 19.

(309)

Così fatto è 'l modo con cui Dionisio spiega il diritto pubblico a proposito del processo di Coriolano VII, 59. Questi Comizi sarebbero stati in tal caso convocati dai giudici criminali come è l'opinione di Dionisio relativamente all' accusa directa contro Sp. Cassio VIII, 67. NonAdimeno, a tempo e luogo farò conoscere le mie obbiezioni.

(310)

Elessi questo esempio perchè nel momento stesso che scrivo ne cadde il discorso a proposito d' una querela del Cantone Grigione.

(311)

Quegli dell' epoca macedonica condottieri per la maggior parte di soldati perversi e mercenari erano bene di una più trista specie di quelli che precedettero la guerra del Peloponeso.

(312)

Ovid. Fast. II, 711. Oppure uscì da una colonna. Quelli che scrissero che era una columna lignea (T. Liv.) sono pure falsatori che cercano il possibile. La causa dell' ambasciata a Delfo è assegnata da Dionisio alla peste,

(313)

Cicer. de re publ. II, 24.

(314)

Zonara II, pag. 17.

(315)

Albino in Macrobio II, 16. In questi tempi ancor semplici non si poteva contrassegnare più vivamente la follia; io non conosco alcuna parola che esprima grossi, si può vedere in Nicola ad Geop. I, 218; la spiegazione che ne dà dietro il Pontedera. Questi fichi in quanto al cattivo gusto sono nel medesimo rapporto coi buoni di quel che lo sono i frutti selvaggi rispetto a quelli che sono coltivati nei nostri giardini.

(316)

Egerio suo padre vi dimorava in qualità di Governa¬ tore; T. Liv. I, 38. Almeno è ciò che raccontava il poema per ispiegare come Collatino e Lucrezio vi aveano le loro case; non può dunque esser dubbio che quivi pure è

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