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in T. Livio che si conservò la vera forma dell'antico rac conto e non negli autori che pongono a Roma la dimora di questi personaggi.

(317)

Dionisio si diparte da questo racconto, e certo non con molta destrezza. Vi è un paragone più importante fra il fino racconto d' Ovidio spoglio di sentimento, fast. II, 685-852, e l'eccellente descrizione che corona il primo libro di T. Livio il lavoro più solenne di tutta la sua storia.

(318)

Ciò che prova che la tradizione li riguardava come tali fra le altre cose si è che nelle narrazioni delle battaglie gli emigrati romani stanno come componessero un corpo d'armata.

Dionisio V. 6.

(319)

(320)

Il publicum redigere, dice abbastanza che la confisca aveva luogo nel populus.

(321)

La penultima è lunga come è la fine ordinatia dei nomi di gentes etrusche come Viberna, Ergenna.

(322)

Plutarco Publicola. I principali tratti di questa tradizione sono pur anche in Festo s. v. Ratumena porta se non che si cangia in racconto. I Vejenti sono astretti nella guerra a restituire la quadriga e quando i cavalli si danno alla fuga ella è diggià deposta perchè si è appunto in cospetto di lei che i cavalli si fermano.

(323)

Siccome nella re publ. III, 20 Cicerone dice del pri

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o Tarquinio aedem in capitolio facendam vovisse II, 24, di Tarquinio il superbo; votum patris capitolii aedificationi persolvit. Davide pure non aveva che sempli cemente promesso, e Salomone eresse il tempio.

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(324)

Adeo nullas mentiendi modus est dice T. Liv. a suo proposito XXVI, 59.

(525)

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(328)

Tale era prima di Nardini il pensiero di tutti i Topografi che più antichi di lui gli vanno anche innanzi di pregio. Hirt è quegli che me lo ha comunicato pel primo.

(329)

Dionisio IV, 61.

(330)

T. Liv. I, 57.

(331)

Passo tutte le citazioni sugli oracoli sibillini. Si trove

ranno facilmente in Fabricio. Bibl. Graeca. I, pag. 248.

(332)

Storia naturale XIII, 27, 1

(333)

Servio ad Æn. III, 444. VI, 74. Potevano essere foglie della più bella specie fra le palme affricane; ma in caso di bisogno avranno usato le basse palme sì frequenti in Sicilia. Il Petalismo fa vedere che a Siracusa si gratta

ano le lettere sulle foglie come ad Atene ed in Egitto si scriveva sui frantumi delle stoviglie; materiali che non erano d' alcuna spesa.

(334)

Non m' è sfuggito ciò che si disse in T. Livio III, ro; ma che possono valere le menzioni di quei tempi? D' altronde un oracolo non s'annunzia mai in un modo così risoluto. L'oracolo che ai tempi di Cicerone, s'oppose ad una spedizione in Egitto è uno di quelli della collezione emendata.

T. Liv. XXXVIII, 45.

(335)

(336)

T. Liv. XXIX, 10. Varrone pure teneva che la Sibilla Eritrea fosse quella di Tarquinio: Servio ad En. VI, 36. (337)

Zonara II, pag. 16. Questi non sono che i due servi pubblici addetti ai Duumviri nel racconto di Dionisio IV, 62.

Marcell. pag. 299.

(338)

(339)

Servio ad Æn. VI, 71. Quelle dei Marcj non v erano ancora state riposte quando si scoperse in questi oracoli la

battaglia di Canne.

(340)

Lattanzio I, 6, 12, e gli interpreti.

(341)

Giustino XII, 2.

(342)

Cicer. de divin. II, 41.

(343)

Ibid. T. Liv. XXI, 62, XXII.

V, 1.

(344)

(445)

Cicer. de re publ. II, 24. Omne latium bello devicita

(346)

Tusc. Quaest. III, 12. Vedi la nota 416.

(347)

Dionisio IV, 58.

(348)

Dionisio idem.

(349)

L'avere al libro I, 55, 55 contro l'autorità dei mas noscritti sostituito quadrigenta a quadraginta è una delle numerose alterazioni delle correnti edizioni. Quand' anche non si avesse saputo più generalmente nel tempo in cui scriveva T. Liv. che il talento italico pesava 100 lire e per conseguenza 400 talenti e 40,000 erano la medesima cosa quest' autore non avrebbe potuto trovare fra le due somme un'enorme differenza come l'additano le sue espres sioni (I, 55, VIII, 9) Pometinae manubiae vix in fundamenta subpeditavere: eo magis Fabio . . . crediderim... quam Pisoni, qui XL millia pondo argenti seposita in eam rem scribit : summam pecuniae neque ex unius tum urbis praeda sperandam, et nullius, ne horum quidem magnificentiae operum, fundamenta non exsuperaturam. T. Liv. non poteva avere in mente talenti più piccioli di quelli dell' Attica, e la differenza fra cotesti, e quelli dell' Italia non era che 2,400, 000 a 4,000, 000 di dramme.

(350)

...

Dionisio IV, 50. T. Liv. I, 55. Il calcolo dà un' armata di 72,000 e la parte d'ogni soldato in denaro soltanto è egnale al valore di 50 bevi.

(351)

Gli annalisti presso i quali Dionigi cercava dei materiali più abbondanti facevano tali transposizioni e ripetevano con sì poco senno per un avvenimento ciò che apparteneva ad un altro ch'essi indicano 40 talenti anche pel bottino fatto sui latini, non con essi alla battaglia del lago regillo, e che fu posto in opera per la celebra zione dei giuochi. Dionisio VI, 17.

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Non conviene lasciarsi ingannare dall' aver detto Cicerone di ambedue suos ad eum quod erat major natu lictores transire jussit (Valerius ). È la priorità del consul major proprietà che L. Cesare già spiegava con qualche incertezza. ( Festo majorem consulem). La denominazione di patres majores et minores trae sempre in inganno, quantunque in diversa maniera i più recenti scrittori che furono non pertanto i predecessori dei nostri storici. Rispetto ai Tiziani, i Ranneti sono così majores come le due tribù insieme rispetto alla terza. Dionisio II, 47, 57. Io dubito forte che non s'insulti alla gioventù quando si fa nascere dalle subitezze della loro età la congiura dei Vitelii e degli Equilii. L' Eponimo dei primi

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