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altro non è che lo stesso Italo, 1 soprannome di Tusco si trova nella gente degli Aquilii; sono dunque ambedue Tirreni e probabilmente Luceri, e fors' anche i minores che non erano sdegnati contro i Tarquinii che, per un momento tanto che gli ambasciatori potettero trovare dei congiurati fra loro, non furono designati per juvenes che per cagione d'un errore.

(358)

Questo è ciò che farò vedere più tardi nella sezione che concerne questo magistrato.

(359)

Vedi più sopra alla pag. 99.

(360)

Noi ne parleremo nella sezione seguente. L'esposizione dei rapporti legali è talmente abbandonata da questa viva narrazione che nella rivoluzione è dimenticato lo stesso Senato però le curie non potevano rattificar nulla senzä una risoluzione preventiva del Senato, e la menzione di Lucrezio secondo la sua doppia dignità appalesa chiaramente che nei libri officiali tutto era rapportato a puntino. Come primo Senatore era prefetto e faceva delle proposte al Senato, non innanzi le eurie; quivi questo diritto apparteneva al tribuno dei celeres. Come interrè non si occupa che di raccogliere i suffragi sui candidati che sono proposti, pur dal Senato. Per giunta si è altresì conser→ vato in Dionisio benchè in un modo assai strano una traccia di veri rapporti. Bruto dice ai cittadini che essi hanno a conoscere ed a decidere dalle deliberazioni del Senato, é non si tratta di nient'altro che di ciò che fu risolto đái quattro nella casa di Collatino. IV, 84, pag. 275. (361)

Polib. III, 22.

(562)

Cicer. de re pub. II, 25. Civitas exulem et regem ipsum et liberos ejus et gentem Tarquiniorum esse jussit. Ibid. 131 nostri majores Collatinum innocentem suspicione cognationis expulerunt, et reliquos Tarquinios offensione nominis. Questo passo fa una chiarissima distinzione fra i parenti ed i membri della gens che non hanno punto vincoli di sangue T. L. II, 2: ut omnis Tarquiniae gentis exules essent. Varr. antiquit. XX in Nonio III, s. d. redditus omnes Tarquinios ejecerunt ne quam redditionis per gentilitatem spem haberet,

(363)

Zonara II, 28. T. Liv. ricorda altresì per questa epoca che Pretore fu 'l primo títolo; e Zonara è copista affatto puntuale.

(364)

La prima di queste spiegazioni piacque a Varrone, la seconda a Dionisio, IV, 76 e L. Attio la diede in Bruto. Varr. de e. 1. IV, 14. Questo componimento era una praetestata, il più nobile dei tre generi di commedie nazionali romane che tutte senza dubbio e non solamente le Atellane potevano essere rappresentate da Romani bennati senza che per ciò compromettessero i loro diritti di cittadini. Le præetestatae porgevano un' analogia colla tragedia rappresentando le gesta dei re e dei generali romani (Diomed. III, 487): da questo si intende agevolmente che difettavano se non altro dell' unità del tempo delle tragedie greche, e che erano piuttosto storie come le tragedie di Shakespear. Ho fatto notare diggià che vi era in Bruto un colloquio del re cogli interpreti dei sogni; la scena si volgeva probabilmente d'avanti Ardea, lo stabilimento del nuovo governo si fa a Roma: qui rate consulat con

sul fiet. Vi avea dunque anche poca unità di luogo. La distruzione di Mileto di Frinnico, ed i Persiani d' Eschile erano drammi proprii all' effusione di diversi sentimenti di cuori esaltati dal dolore o dalla gioja; ma non erano tragedie; prima dell' epoca della letteratura d' Alessandria, i Greci non toglievano i loro argomenti che dalla Storia mitologica. Conveniva che il soggetto fosse essenzialmente noto. Le Storie di Machbeth e d'Amleth non erano noti agli spettatori; ma si potrebbe oggidi da taluna delle loro parti fare delle tragedie greche quando sorgesse un Sofocle.

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Comitiis centuriatis T. Liv.; Dionisio nel campo di

Marte.

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Čicer. Brut. XIV. Non è per altro se non perchè i Giunj rannodavano la loro progenie ad un compagno d' Enea come i Sergii ed i Gluenzi che Dionisio IV, 68 ha potuto creare questa discendenza al fondatore della repubblica. Quando si accettano gli eponimi di gentes per degli antenati, la genealogia non convien meno ad una casa plebea uscita da una città latina, ed albana che ád una gens di Rannėti.

(367)

Dionisio V, 18. si serve di questa circostanza per provare che i moderni Giunii Bruti erano intieramente stranieri al fondatore della repubblica. Forse in questo fu di buona fede come Dione XLIV, 10, 4, 12, quantunque sia impossibile che sia stato mosso dalla medesima buona fede nella sua arrabbiata narrazione dell' emigrazione del comune, quando rappresenta l'oratore L. Bruto, che dice avolo di Marco, come uno scorretto sedizioso, quantunque tutte le inchieste che gli mette in bocca non siano che

giuste ed assennate. Le pubbliche dichiarazioni fatte dopo la battaglia di Filippi, sono certamente di men valore delle opinioni che correvano al tempo di Cicerone per debole fondamento che avessero. In quanto alla rassomiglianza che Posidonio credeva scorgere fra le sembianze di Bruto e l'antica immagine del fondatore della sua razza non prova altro se non che le riguardava con tenerezza. Plutarc. Brut, (368)

In tutta la storia della ritirata del popolo tanto al libro VI, che al VII a proposito della legge che assicura į Tribuni da ogni tumulto nelle loro proposizioni.

(369)

Con pena accorderei dell' importanza all'assertiva di Dio nisio che dice formalmente che 'l re diede questa dignità a Bruto per attraversarne la potenza; ciò che sarebbe intervenuto senza altro se fosse stata affidata ad uno straniero.

(370)

Tacit. annal. XI, 22. Ulpian. 1. un. D. off. quaestoris.

(371)

Public. pag. 103. Plutarco per la storia antica cavò molto da Valerio Antiate e si pensa che la fierezza di cotestui per la gens, a cui apparteneva in qualche maniera, gli facesse riferire a Publicola tutto ciò che poteva.

Annal. XI, 25.

(372)

(373)

T. Liv. II, 1. Festo qui patres qui conscripti.

(354)

In Festo. 1. c. Plutarc. Public.

(575)

Caedibus regis è un'antica ortografia che si mantenne

innosservata invece di regiis.

(376)

Si può chiedere se da ogni tempo, in un simile ma trimonio, il figlio d'una plebea entrava nel comune. È probabile che ella pure in principio si tenesse più ferma; di modo che per la nascita un figlio uscito da quest' unione era relegato fra gli aerarii.

(377)

Qvinia tribunicia sanctum est ut censores ex omni ordine optimum quemque curiatim in senatum legerent. Festus s. v. praeteriti senatores. Ex omni ordine che Festo copiò da Verrio è affatto esatto; cioè in tutto l'or¬ dine, senza rispetto alle genti, e non in tutti gli ordini ; și sa bene che non ve n' erano che due,

(378)

10

Exactis regibus lege tribunicia: cioè per la legge cu ziata di Bruto. Pomponio l. 2. D. de orig. juris.

(379)

T. Liv. V, 12 dice di Publio Licinio Calvo che dopo Jui è il primo Tribuno militare plebea; vir nullis ante honoribus usus, vetus tantum senator.

(380)

Patricii coibant ad prodendum interregem, si può spiegare in due guise. Coire ha rapporto, al comizio,

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Può essere che la legge non parlasse che del campus Tiberinus; in questo caso, sive Martius, sarebbe una spiegazione aggiunta da A. Gellio.

Dionisio V, 11.

(384)

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